Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 25680.
Domanda nuova in appello al fine di escludere il “prospicere e l’inspicere in alienum”
Non costituisce domanda nuova della parte condannata in primo grado alla demolizione del balcone realizzato in violazione dell’art. 905 c.c., quella formulata in appello con la quale, al fine di rispettare tale disposizione, si richieda di adottare accorgimenti che escludano il “prospicere e l’inspicere in alienum” (cioè, l’affacciarsi e il guardare sul fondo altrui) senza imporre demolizioni, in quanto si tratta di una mera richiesta a scopo difensivo, diretta a limitare l’entità della soccombenza e che, costituente applicazione del principio di proporzionalità al contenuto del provvedimento di tutela giurisdizionale, ben essere accolta nel caso in cui essa non risulti frustrare l’integrale protezione dell’interesse meritevole sotteso alla domanda dell’attore.
Ordinanza|| n. 25680. Domanda nuova in appello al fine di escludere il “prospicere e l’inspicere in alienum”
Data udienza 22 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: EDILIZIA ED URBANISTICA – DISTANZE LEGALI
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. CHIECA Danilo – Consigliere
Dott. CAPONI Remo – rel. Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23934/2020 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), difesi dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), difesi dall’avvocato (OMISSIS), domiciliati a Roma presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 855/2020 depositata il 24/02/2020.
Ascoltata la relazione dal consigliere Remo Caponi nella camera di consiglio del 22/06/2023.
Domanda nuova in appello al fine di escludere il “prospicere e l’inspicere in alienum”
FATTI DI CAUSA
Nel 1997 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano dinanzi al Tribunale di Napoli (OMISSIS) per la rimozione di un edificio con balcone in aggetto e veduta illegittima, costruito in aderenza al fabbricato degli attori e per il risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede. La convenuta contestava e proponeva domanda riconvenzionale, previa determinazione della linea di confine, per la restituzione di una striscia di terreno sottratta dagli attori e il risarcimento dei danni (compresi quelli cagionati dalle infiltrazioni dall’edificio degli attori). In primo grado veniva accolta parzialmente la domanda degli attori, con ordini di demolizione del balcone e di eliminazione del canale di scarico delle acque pluviali. In appello e’ stata confermata la pronuncia di primo grado.
Ricorre in cassazione la convenuta con un unico motivo, illustrato da memoria. Resistono gli attori con controricorso, illustrato da memoria.
Domanda nuova in appello al fine di escludere il “prospicere e l’inspicere in alienum”
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo si denuncia che i giudici di merito abbiano confuso la veduta obliqua con la veduta diretta, abbiano erroneamente condannato all’eliminazione dell’intero balcone in luogo dell’eliminazione della sola porzione sufficiente ad eliminare la veduta obliqua e abbiano omesso di disporre possibili accorgimenti alternativi per osservare il divieto di veduta obliqua. Si deduce violazione degli articoli 99 e 345 c.p.c., degli articoli 905 e 906 c.c., nonche’ dell’articolo 112 c.p.c..
Il motivo e’ fondato.
In particolare, il brano censurato e’ quello ove si esclude ex articolo 345 c.p.c., comma 1 la proponibilita’ per la prima volta in appello della domanda di arretramento del balcone. La parte condannata in primo grado alla demolizione del balcone realizzato in violazione dell’articolo 905 c.c., ben puo’ chiedere per la prima volta in appello che, al fine di rispettare tale disposizione, le sia consentito di adottare accorgimenti che escludano il prospicere e l’inspicere in alienum (cioe’, l’affacciarsi e il guardare sul fondo altrui) senza imporre demolizioni. Si pensi al semplice arretramento del parapetto di un balcone o all’apposizione di pannelli idonei a tale scopo. Dal punto di vista giuridico processuale non si scorge alcuna violazione del divieto di proporre domande nuove in appello, poiche’ si tratta di una mera richiesta a scopo difensivo, diretta a limitare l’entita’ della soccombenza. Ove ne ricorrano i presupposti, puo’ ben essere accolta senza frustrare l’integrale protezione dell’interesse meritevole sotteso alla domanda dell’attore. In definitiva, e’ un’applicazione del principio di proporzionalita’ al contenuto del provvedimento di tutela giurisdizionale. Siffatto principio non solo richiede che il provvedimento sia necessario per realizzare l’interesse protetto e idoneo allo scopo, ma anche impone che lo scopo di tutela sia conseguito con il minimo mezzo (cioe’, con la minima compressione degli interessi antagonisti). In questo senso e’ la giurisprudenza di legittimita’: cfr. Cass. 23184/2020.
Ad abundantiam, si puo’ aggiungere che la stessa Cass. 9640/2006 – invocata dalla Corte di appello a sostegno della propria posizione – se letta correttamente, ammette (v. pag. 10 motivazione) che in appello si possa chiedere l’adozione di accorgimenti idonei ad eliminare la veduta (nel caso ad essa sottoposto, una siffatta richiesta non fu presa in considerazione perche’ sebbene proposta in appello, non risultava riproposta in sede di conclusioni).
2. – Il ricorso e’ accolto e la sentenza e’ cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che riesaminera’ anche la natura della veduta aperta dai convenuti, tenendo conto della situazione dei luoghi e dei principi di diritto affermati da questa Corte in tema di distinzione tra vedute dirette, laterali e oblique.
Il giudice di rinvio regolera’ anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda altresi’ di liquidare le spese del giudizio di legittimita’.
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