Differire la dazione della caparra ad un momento successivo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 luglio 2021| n. 21506.

Differire la dazione della caparra ad un momento successivo.

Il patto con cui si stabilisca la corresponsione di quantità determinata di cose fungibili, per il caso dell’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad esso collegato (cd. contratto principale), allo scopo di rafforzarne il vincolo, ha natura reale e, come tale, è improduttivo di effetti giuridici, ove non si perfezioni con la consegna di tali cose; ciò, tuttavia, non esclude che le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, possano differire la dazione della caparra, in tutto o in parte, ad un momento successivo alla conclusione del contratto, come previsto dall’art. 1385, comma 1 c.c., purché anteriore alla scadenza delle obbligazioni pattuite, mentre non è consentito escludere la natura reale del patto accessorio, attribuendo all’obbligazione della prestazione della caparra gli effetti che l’art. 1385, comma 2 c.c. ricollega, al contrario, alla sua consegna.

Ordinanza|27 luglio 2021| n. 21506. Differire la dazione della caparra ad un momento successivo

Data udienza 13 gennaio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: VENDITA – RISOLUZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21871-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 11/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI MILENA.

Differire la dazione della caparra ad un momento successivo

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 21 settembre 2009, (OMISSIS) evocava, dinanzi al Tribunale di Napoli, la (OMISSIS) s.r.l. per sentire dichiarare risolto il contratto di fornitura e posa in opera di una veranda in pvc intercorso fra le parti per inadempimento della societa’ convenuta, oltre alla condanna della stessa al risarcimento dei danni, domanda che – nel contraddittorio della (OMISSIS), la quale spiegava domanda riconvenzionale chiedendo la risoluzione per inadempimento dell’attore, oltre ai danni – che rigettata la domanda attorea, dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento del (OMISSIS) e quantificava i danni in favore della societa’ in Euro 15.000,00 pari alla caparra confirmatoria non versata dall’attore.
Adita dall’originario attore, la Corte d’appello di Napoli, nella resistenza dell’appellata societa’ Placidi, dichiarava inammissibile l’impugnazione per non avere l’appellante colto il senso della pronuncia di primo grado.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il (OMISSIS), sulla base di due motivi.
E’ rimasta intimata la (OMISSIS) s.r.l.
Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore della parte ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Atteso che:
– con il primo motivo il (OMISSIS) lamenta la violazione degli articoli 2697, 1226, 1218, 1223, 1366, 1375 e 2056 c.c., nonche’ dell’articolo 115 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte distrettuale ritenuto legittima la condanna inferta al ricorrente per il risarcimento del danno per l’ingiustificato recesso parametrandola all’importo concordato nell’articolo 1 del contratto di vendita, che prevedeva il versamento della somma di Euro 15.000,00 a titolo di caparra confirmatoria. Diversamente, ad avviso del (OMISSIS), i giudici del merito avrebbero dovuto esercitare il potere di liquidare il danno in via equitativa nel rispetto dell’accertamento della responsabilita’ del debitore e della individuazione della prova del danno nella sua esistenza, senza surrogare il mancato assolvimento dell’onere probatorio e non gia’ a titolo di caparra confirmatoria non corrisposta. Precisa il ricorrente, inoltre, che resto l’assegno bancario era stato da lui consegnato al venditore non con finalita’ solutoria ma di garanzia.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza o del procedimento ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per non essere percepibile dalla motivazione il fondamento della decisione, dal momento che da un lato viene affermato che la dazione dell’importo di Euro 15.000, 00 prevista dall’articolo 1 del contratto di vendita costituisse un acconto del prezzo “con funzione di caparra confirmatoria” da versarsi a mezzo di bonifico bancario, dall’altro, che la mancata effettuazione del bonifico aveva avuto “il duplice effetto di non perfezionare la caparra”, ma di concretizzare un recesso ingiustificato del compratore con conseguente maturazione in capo al venditore del diritto al risarcimento del danno.
Le due censure – da trattare unitariamente per la evidente connessione argomentativa che le avvince – sono inammissibili prima che infondate.
Va precisato che il giudizio di Cassazione ha per sua natura la funzione di controllare la difformita’ della decisione del giudice di merito alle norme e ai principi di diritto, sicche’ sono precluse doglianze che postulino rivalutazioni delle indagini e degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimita’ (ex plurimis, Cass. n. 15196 del 2018).
Cio’ posto, viene in rilievo come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare – con risalente orientamento ma piu’ volte ribadito – che allorche’ venga pattuita la corresponsione di quantita’ determinata di cose fungibili per il caso dell’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale), con lo scopo di rafforzare il vincolo contrattuale, il relativo patto contrattuale ha natura reale, e, come tale, e’ improduttivo di effetti giuridici ove non si perfezioni con la consegna della relativa somma (Cass. 7 giugno 1978 n. 2870), ma cio’ tuttavia non esclude che le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, possano differire la dazione della caparra in tutto o in parte ad un momento successivo alla conclusione del contratto, come previsto dall’articolo 1385 c.c., comma 1, purche’ anteriore alla scadenza delle obbligazioni pattuite (Cass. 14 aprile 2002 n. 5424; Cass. 13 febbraio 2006 n. 3071; Cass. 9 agosto 2011 n. 17127); tale possibilita’ non comporta tuttavia anche quella di escludere la natura reale del patto accessorio e ad attribuire all’obbligazione della sua prestazione gli effetti che l’articolo 1385 c.c., comma 2 ricollega alla sua consegna.
Cosi’ nel caso di specie avendo l’acquirente consegnato un assegno bancario, anche se a titolo di garanzia, l’effetto proprio della caparra si sarebbe perfezionato al momento della riscossione della somma recata dall’assegno, e quindi salvo buon fine, che pero’ non vi e’ stato per effetto della condotta inadempiente dell’acquirente/ricorrente che ne aveva denunciato lo smarrimento del titolo onde impedirne l’incasso.
Ne consegue che il comportamento del traente del titolo che, dopo averne accettato di consegnarlo, ometta poi di porre il prenditore in condizione di incassarlo, e’ contrario a correttezza e buona fede e comporta a carico del traente l’insorgenza degli obblighi propri della caparra, nel senso che ove risulti inadempiente all’obbligazione cui si riferisce la caparra, egli sara’ tenuto al pagamento di una somma pari a quella indicata nell’assegno (v. in termini anche se contrapposti Cass. n. 17127/2011 cit.: in questo caso, il comportamento ingiustificatamente omissivo del promittente venditore, che aveva omesso di provvedere all’incasso dell’assegno bancario ricevuto dal promissario acquirente, non impedisce all’assegno stesso, proprio in ragione della sua natura di strumento di pagamento, di assicurare comunque l’effettivo spostamento patrimoniale connesso al meccanismo della caparra, con conseguente produzione, in caso di inadempimento del prenditore promittente venditore, dell’obbligazione di restituzione nel duplum).
Tale ragionamento seguito dalla Corte territoriale e’ in iure corretto e resiste alla critica del ricorrente.
in presenza di reciproche domande di risoluzione, fondate da ciascuna parte su determinati inadempimenti dell’altra, il giudice che accerta l’inesistenza dei singoli, specifici addebiti, non potendo pronunziare la risoluzione per colpa di taluna di esse, deve dare atto dell’impossibilita’ di esecuzione del contratto per effetto della scelta (ex articolo 1453 c.c., comma 2) di entrambi i contraenti e decidere di conseguenza quanto agli effetti risolutori di cui all’articolo 1458 c.c. (v. Cass. 18 maggio 2005 n. 10389; Cass. 16 febbraio 2001 n. 2304; Cass. 24 novembre 2000 n. 15167; Cass. 4 aprile 2000 n. 4089; Cass. 29 novembre 1994 n. 10217; Cass. 29 aprile 1993 n. 5065; Cass. 25 maggio 1992 n. 6230).
Il giudice deve in tale ipotesi far comunque luogo a declaratoria di risoluzione del contratto, in quanto le contrapposte manifestazioni di volonta’, pur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, attese le contrastanti premesse, sono tuttavia dirette all’identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale (v. Cass. 19 dicembre 2014 n. 26907, e, conformemente, Cass. 19 gennaio 2016 n. 767; cfr. con riferimento a contrapposte dichiarazioni di recesso, Cass. 26 luglio 2011 n. 16317 e Cass. 14 marzo 1988 n. 2435).
Quanto poi al vizio di motivazione, l’interpretazione di questa Corte ha chiarito come l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. Un. 8053 del 2014). Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. n. 7983 del 2014; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017).
E d’altro canto, il principio desumibile dalle norme di cui agli articoli 132 c.p.c., n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 1, pur nelle formulazioni qui applicabili ratione temporis, secondo cui la motivazione della sentenza deve riassumere concisamente il contenuto sostanziale della controversia e gli elementi atti a giustificare le ragioni del decidere, induce ad escludere la nullita’ della pronuncia che rigetti le domande ritenendole non provate, facendo richiamo alle prove complessivamente acquisite, in quanto espressione del giudizio cui il giudice e’ pervenuto.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nessuna pronuncia sulle spese processuali in difetto di difese da parte della intimata.
Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1 comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

Differire la dazione della caparra ad un momento successivo

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