Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 15 settembre 2020, n. 5464.
Deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia offerto un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico richiesti per la partecipazione alla gara.
Sentenza 15 settembre 2020, n. 5464
Data udienza 10 settembre 2020
Tag – parola chiave: Contratti della PA – Forniture – Affidamento – Gara – Offerta – Requisiti minimi – Mancanza – Esclusione – Necessità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 6520 del 2020, proposto da
Vi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pa. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fi. Fu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
In. Er, Agenzia per Lo Sviluppo dei Mercati Telematici non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. 08724/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2020 il Cons. Raffaello Sestini e uditi per le parti gli avvocati Pa. Bo. e Fi. Fu.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1 – La società Vi. S.r.l. appella, chiedendo la sospensione dell’efficacia, la sentenza n. 8724 del Tar Lazio, Sezione Terza quater, del 24 luglio 2020 chiedendo altresì “la declaratoria del diritto dell’appellante ad essere ammessa alle successive fasi di gara nonché di subentro nell’aggiudicazione nelle more eventualmente intervenuta e nell’esecuzione della fornitura nonché di inefficacia del contratto di affidamento, se stipulato nelle more, e per l’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 121, 122 e 123 c.p.a.” nonché la condanna “al risarcimento dei danni ingiusti patiti”.
2 – La Regione Lazio si è costituita in giudizio e chiede di respingere l’appello, previo rigetto dell’istanza di sospensiva, esaminata nella camera di consiglio del 10 settembre 2020.
3 – In particolare, l’appellante ha partecipato alla “Gara comunitaria centralizzata a procedura aperta per la fornitura di stent coronarici occorrenti alle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Regione Lazio”, suddivisa in dieci lotti, per i Lotti n. 2, 3, 6, 8, 9 e 10, ma è stata esclusa dalla Commissione giudicatrice, limitatamente ad un lotto, per la non conformità della propria offerta ai requisiti tecnici minimi previsti del capitolato. Conseguentemente, con determinazione G05038 del 29 aprile 2020 la Regione Lazio ha approvato l’operato della Commissione giudicatrice ed escluso dalla gara per lo stesso lotto, tra gli altri concorrenti, l’odierna appellante.
4 – L’impresa esclusa ha quindi adito il Tar per il Lazio chiedendo l’annullamento, previa sospensiva, del Verbale di seduta riservata del 10 gennaio 2020 con il quale la Commissione Giudicatrice ha proposto la sua esclusione, della determinazione Regione Lazio n. G055038 del 29 aprile 2020 di approvazione dei verbali di gara e di esclusione dalla gara relativa al lotto in esame nonché, ove necessario, dei verbali delle sedute riservate della commissione giudicatrice, del disciplinare di gara, nella parte in cui prevede le caratteristiche tecniche dell’oggetto di fornitura indicando per gli stent coronarici precisi limiti dimensionali (diametri e lunghezze minime), statuendo che “Le caratteristiche tecniche, così come definite nel presente Capitolato Tecnico, devono essere possedute dai prodotti offerti a pena di esclusione dalla gara”.
5 – Con l’appellata sentenza breve n. 8724/2020 il Tar de Lazio, sez. III quater, ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto. L’appellante contesta la decisione del Tar di dichiarare l’irricevibilità del ricorso e ripropone i motivi di ricorso assorbiti da tale decisione, ed inoltre censura la sentenza, indicando quali errorores in iudicando e in procedendo del Giudice di prime cure la mancata analisi dei motivi di ricorso.
6 – In primo luogo, con il primo motivo di appello si deduce che sarebbe del tutto erronea la decisione del Giudice di primo grado di ritenere irricevibile il ricorso per la tardività dell’impugnazione di clausole dotate di autonoma lesività in quanto contenenti prescrizioni inequivoche circa la presentazione dell’offerta. Al riguardo, l’appellante lamenta la violazione dell’art. 68 del codice degli appalti, laddove il giudice di primo grado, dopo aver rilevato che la lunghezza costituiva caratteristica tecnica essenziale, pacificamente non posseduta dal prodotto offerto in gara dalla società ricorrente, considera che la ritenuta “sostanziale equivalenza” tra prodotti di lunghezza diversa non doveva necessariamente formare oggetto di specifica valutazione ad opera della commissione di gara, ostandovi in tal senso le citate ed inequivoche prescrizioni della complessiva disciplina di gara.
7 – Il descritto motivo di appello appare dirimente, in quanto con esso l’appellante mira a far accertare l’illegittimità della propria esclusione in riforma dell’appellata sentenza, condizione sine qua non per poter valutare gli ulteriori profili di ricorso e di appello concernenti l’aggiudicazione, ma risulta non fondato. A giudizio del Collegio il ricorso può essere pertanto deciso, essendone stato dato avviso alle parti, mediante sentenza succintamente motivata.
8 – In particolare, l’appellante è stata non illegittimamente esclusa dal lotto in gara in quanto la prescrizione di un preciso limite minimo di lunghezza per i prodotti oggetto di fornitura non poteva essere superata attraverso una valutazione di “sostanziale equivalenza” di prodotti diversi.
9 – Infatti, secondo quanto riferito dalla medesima appellante, almeno nel 6% dei casi occorrono prodotti diversi da quelli dalla stessa offerti, confermandosi in tal modo una non equivalenza almeno potenzialmente pregiudizievole per la tutela della salute di alcune delle persone assistite dal servizio pubblico sanitario di riferimento. Ciò premesso, l’ulteriore argomentazione dell’appellante secondo cui la stessa è l’attuale fornitore, avendo vinto la gara precedente con il medesimo prodotto, non può avere alcun rilievo ai fini del presente giudizio, anche alla luce dell’evoluzione tecnologica intercorsa dal 2014 e richiamata dalla Regione resistente, salvo la eventuale diversa valutazione di diverso giudice ove la circostanza indicata dovesse aver comportato effetti pregiudizievoli per l’inviolabile diritto alla salute di ogni persona, certamente non sacrificabile sull’altare del risparmio finanziario o della pretesa “equivalenza”.
10 – In altri termini, così come dedotto dalla Regione, non può essere ammessa una procedura regionale centralizzata che aggiudichi prodotti che non coprano l’intera gamma di misure, con il rischio di non poter erogare prestazioni sanitarie che, nel caso di specie, sono tutte “salvavita”.
11 – Inconferente poi appare anche il richiamo all’art. 83, comma 8, del codice degli appalti per sostenere la presunta nullità del requisito in questione, posto che tale articolo si riferisce alle “prescrizioni” a pena di esclusione, che le stazioni appaltanti possono inserire nei bandi di gara ma che non possono essere ulteriori a quelle previste dal codice e dalle altre leggi a pena di nullità, ma che sono ben diverse dai sopraindicati “requisiti” della fornitura, dei quali l’appellante, alla stregua delle pregresse considerazioni, non riesce a dimostrare l’irragionevolezza in relazione allo svolgimento del servizio pubblico sanitario che ne ha giustificato l’acquisto. Pertanto, “deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia offerto un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico richiesti per la partecipazione alla gara” (così fra le altre C.d.S., Sez. III, 1° luglio 2015, n. 3275; 11 dicembre 2019, n. 8429, 7 agosto 2020, n. 4977).
12 – Alla luce della predetta giurisprudenza, occorre convenire circa la legittimità della decisione di escludere l’odierna appellante per il mancato rispetto dei requisiti tecnici espressamente richiesti dagli atti di gara, risultando in tal modo del tutto corretta la decisione del Giudice di prime cure di ritenere tardivo il ricorso, atteso che controparte non ha tempestivamente impugnato la richiesta di un requisito da essa non posseduto.
13 – La legittimità della disposta esclusione sotto il predetto profilo esime dall’esame degli ulteriori motivi d’appello, il cui accoglimento non potrebbe comunque far conseguire il bene sostanziale della vita (ovvero la possibilità di partecipare al predetto lotto di gara) reclamato dall’appellante.
14 – Le spese, alla stregua delle pregresse considerazioni, seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente decidendo sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’appellata sentenza di primo grado.
Condanna l’appellante a infondere alla Regione Lazio le spese processuali, che liquida in complessivi euro 6.000 (seimila).
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere, Estensore
Umberto Maiello – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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