Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 22 ottobre 2018, n. 48026.

La massima estrapolata:

I reati di detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di un’arma clandestina – in virtu’ dell’operativita’ del principio di specialita’ – non possono concorrere, rispettivamente, con i reati di detenzione e porto illegale, in luogo pubblico o aperto al pubblico, della medesima arma comune da sparo. L’operativita’ del principio di specialita’ presuppone l’unita’ naturalistica del fatto e che, pertanto, resta impregiudicata la possibilita’ del concorso tra i suddetti reati qualora l’agente ponga in essere una pluralita’ di condotte nell’ambito di una progressione criminosa, nella quale, alla detenzione o al porto illegale di un’arma comune da sparo, segua, in un secondo momento, la fisica alterazione dell’arma medesima.

Sentenza 22 ottobre 2018, n. 48026

Data udienza 5 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROCCHI Giacomo – Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 09/06/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANTONIO CAIRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. IACOVIELLO FRANCESCO MAURO che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per il capo a) assorbito nel capo b), inammissibile nel resto.
udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza in data 9/6/2017, in parziale riforma della decisione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, emessa il 20/12/2016, dichiarava (OMISSIS) colpevole:
– del reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7 perche’ deteneva illegalmente all’interno della propria abitazione una pistola beretta cal. 7.65 munita di caricatore contenente n. 7 proiettili (capo A); le – del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23 per la clandestinita’ dell’arma di cui al capo precedente (capo B);
– del reato di cui articolo 497 bis c.p. perche’ formava o concorreva a formare una falsa carta di identita’ valida per l’espatrio (capo C);
– della ricettazione relativa alla ricezione dell’arma anzidetta (capo D). Infine, ne affermava la penale responsabilita’ per il reato di cui all’articolo 697 c.p. per aver detenuto all’interno dell’abitazione ulteriori n. 4 proiettili cal. 7.65 senza averne fatto denuncia alla competente autorita’ di P.S (capo E).
I fatti contestati risultavano commessi in (OMISSIS) e la Corte territoriale, applicata la recidiva ex articolo 99 c.p., comma 4, unificati i reati ex articolo 81 c.p., previa concessione della diminuente del rito abbreviato, lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 4000 di multa, con pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), per mezzo dei difensori di fiducia e deduce quanto segue.
2.1 Con il primo motivo di ricorso lamenta il ricorrente l’incompetenza per territorio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, essendo competente il Tribunale di Latina. L’eccezione, si annota, e’ legata al fatto che l’arma contestata era gia’ stata utilizzata dal ricorrente in altra vicenda precedente, consumatasi in Aprilia, come documentato in atti.
2.2 Con il secondo e terzo motivo di ricorso il ricorrente si duole per la violazione e il vizio di motivazione circa il mancato assorbimento rispettivamente dei reati di cui ai capi a) ed e) nell’imputazione di cui al capo b). Si annota nel ricorso che i reati contestati ai capi a) e b) sono legati da un rapporto di specialita’, non potendosi ravvisare l’ipotesi del concorso formale come sostenuto dalla Corte territoriale. Il munizionamento dell’arma clandestina di cui al capo e), invece, non determinerebbe autonoma condotta criminosa, ma rientrerebbe nella condotta descritta dalla L. n. 110 del 1975, articolo 23.
2.3 Con il quarto motivo si lamenta mancanza di motivazione ed illogicita’ della stessa in ordine all’eccessivita’ della pena. In particolare il ricorrente si duole per l’eccessivo aumento di pena dovuto alla recidiva e per la carenza di motivazione in riferimento al mancato bilanciamento con le circostanze attenuanti generiche, giustificate, si assume, soprattutto in considerazione del fatto che il ricorrente stesso non annoverasse sentenze di condanna da molti anni e avesse reso ampia confessione dei fatti.
2.4 Con l’ultimo motivo di ricorso si evidenzia mancanza e la manifesta illogicita’ della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio applicato per non aver indicato in alcun modo l’aumento di pena operato per il reato di cui al capo b).

OSSERVA IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato. La Corte territoriale ha, infatti, richiamato la motivazione che aveva dato il primo Giudice sul tema di competenza ratione luci e ha spiegato che non vi fosse alcuna prova che l’indagine e la pendenza del procedimento innanzi all’autorita’ giudiziaria di Latina potesse essere collegata all’arma di cui era stato trovato in possesso il (OMISSIS).
Nessun riscontro processuale era stato invero acquisito, ne’ la disposta perizia aveva confermato che l’arma in questione fosse quella che era stata utilizzata per provocare le lesioni al (OMISSIS). Si intende allora come la questione sulla dedotta preliminare di rito non sia fondata e come non ricorressero le affermate condizioni per ritenere che la competenza per territorio spettasse, ex articolo 16 c.p.p., comma 1, al Tribunale di Latina.
2. Il quarto e il quinto motivo sono inammissibili. Deve, in generale, rilevarsi che la graduazione della pena, anche in relazione alle circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita, cosi’ come per fissare la pena base, in conformita’ dei principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.. Ne consegue che e’ inammissibile ogni censura che, nel giudizio di legittimita’, miri a una nuova valutazione della congruita’ della pena, salvo che la sua determinazione non risulti arbitraria o illogica. Sul punto, le Sezioni unite hanno precisato che il giudizio sulle circostanze ai fini dell’irrogazione della pena, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfugge al sindacato di legittimita’ qualora non sia espressione di palese illogicita’ e sia sorretto da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi anche quella che si limiti a indicare la soluzione piu’ idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (cfr. Sez. un., n. 1073 del 25/02/2010, dep. 18/03/2010, Contaldo, n. 245929).
Tenuto conto di questo parametro ermeneutico, nel caso di specie, la Corte ha svolto un giudizio senza dubbio adeguato alle argomentazioni della difesa sulla determinazione del trattamento sanzionatorio (cfr. fl. 6). Si e’ richiamata, infatti, la personalita’ dell’imputato, la gravita’ della condotta e il carattere, in definitiva, neutro della scelta di collaborare, scelta ritenuta opportunistica e collegata alla sorpresa e alla evidenza dei fatti, giacche’ non si era poi rivelato il luogo di provenienza dell’arma.
3. Fondati sono i motivi residui sull’erroneo ritenuto concorso tra la fattispecie di detenzione dell’arma comune da sparo e quella di detenzione dell’arma clandestina. Questa Corte ha avuto modo di affermare che (Sez. U, n. 41588 del 22/06/2017 Ud. (dep. 12/09/2017) La Marca, Rv. 270902) che i reati di detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di un’arma clandestina – in virtu’ dell’operativita’ del principio di specialita’ – non possono concorrere, rispettivamente, con i reati di detenzione e porto illegale, in luogo pubblico o aperto al pubblico, della medesima arma comune da sparo. (La Suprema Corte, in motivazione, ha precisato che l’operativita’ del principio di specialita’ presuppone l’unita’ naturalistica del fatto e che, pertanto, resta impregiudicata la possibilita’ del concorso tra i suddetti reati qualora l’agente ponga in essere una pluralita’ di condotte nell’ambito di una progressione criminosa, nella quale, alla detenzione o al porto illegale di un’arma comune da sparo, segua, in un secondo momento, la fisica alterazione dell’arma medesima).
Cio’ posto va espunto l’aumento di pena eseguito per il concorso del delitto di detenzione dell’arma comune da sparo trovando applicazione nel caso di specie la sola fattispecie di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23. Si puo’, d’altro canto, procedere in questa sede alla rideterminazione della pena finale, inizialmente determinata in anni quattro di reclusione ed Euro 4000 di multa, seguendo i criteri e gli aumenti specificati dal giudice di merito. Sulla pena base di anni tre di reclusione ed Euro 3000 di multa si tiene fermo l’aumento per la recidiva nella misura legale, per una pena di anni cinque di reclusione ed Euro 5000 di multa e dall’aumento di anni uno di reclusione ed Euro 1000 di multa, per continuazione, si detrae quello di mesi sei di reclusione ed Euro 800 di multa inerente al delitto di cui al capo a) e relativo alla detenzione dell’arma comune da sparo, per una pena complessiva di anni cinque mesi sei di reclusione ed Euro 5200 di multa, su cui si opera la riduzione del rito abbreviato, per una pena finale di anni tre mesi otto di reclusione ed Euro 3467 di multa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui al capo A che dichiara assorbito in quello di cui al capo B e per l’effetto ridetermina la pena complessiva in quella di anni tre mesi otto di reclusione ed Euro 3467 di multa.
Rigetta nel resto il ricorso.

Avv. Renato D’Isa

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *