Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 settembre 2022| n. 27365.
Desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti
L’esercizio negativo della facoltà del giudice di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, ai sensi dell’art. 116, secondo comma, cod. proc. civ., non è censurabile in sede di legittimità, né per violazione di legge, né per vizio di motivazione, trattandosi di un potere discrezionale attinente alla valutazione di una prova atipica o innominata (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso volto a censurare la sentenza gravata laddove il giudice di prime cure aveva ritenuto giustificata la mancata esibizione, da parte di una curatela fallimentare, delle scritture contabili che, secondo l’originaria prospettazione attorea, avrebbero dovuto evidenziare l’esistenza del debito fatto valere in giudizio dalla ricorrente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 22 novembre 2012, n. 20673).
Ordinanza|19 settembre 2022| n. 27365. Desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti
Data udienza 7 luglio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Procedimento civile – Prova – Esercizio negativo della facoltà del giudice di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti – Art. 116, secondo comma, c.p.c. – Non censurabilità in sede di legittimità – Esclusione di censure per violazione di legge e vizio di motivazione – Potere discrezionale attinente alla valutazione di una prova atipica o innominata
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13037/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SAS, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), per procura in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS)) per procura in atti;
– controricorrente –
e contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SOC. CONSORTILE PER AZIONI, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende per procura in atti;
– controricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 386/2021 depositata il 24/02/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/07/2022 dal Consigliere MAURO DI MARZIO.
Desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. – (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bologna (OMISSIS) s.r.l. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) esponendo che il 13 settembre 2010 l’assemblea della detta societa’ aveva deliberato l’aumento del proprio capitale sociale portandolo a Euro 4.728.000,00; che tale aumento era stato sottoscritto dal socio (OMISSIS) s.p.a. in denaro e dal socio (OMISSIS) societa’ consortile per azioni tramite il conferimento in natura di sei rami d’azienda costituiti dal complesso dei diritti e dei beni organizzati per la costruzione e la gestione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica nei Comuni di (OMISSIS); che per l’impianto sito in Comune di (OMISSIS) (indicato con il n. 2 nell’atto di conferimento), per i due impianti siti nel Comune di (OMISSIS) (indicati coi numeri 3 e 4 del citato atto) e per l’impianto sito nel Comune di (OMISSIS) (indicato con il n. 5) essa attrice, con tre distinte scritture datate 14.12.09, 10.2.10 e 22.3.10, si era obbligata a espletare tutta l’attivita’ amministrativa e commerciale necessaria per ottenere sia la proprieta’ degli immobili ove allocare gli impianti, sia tutte le autorizzazioni necessarie per la realizzazione degli stessi, per il corrispettivo convenuto di Euro 145.000,00 (oltre accessori di legge) per ciascuno dei quattro impianti, e quindi per complessivi Euro 680.000,00; che il PEP, dopo aver sottoscritto, il 13.7.2011, una scrittura privata ricognitiva di debito, si era impegnato a pagare quanto dovuto attraverso una rateizzazione annuale e aveva rilasciato a garanzia degli assegni bancari che non si sarebbero potuti utilizzare prima del 30.11.2011; che tale obbligazione non era stata onorata alla scadenza e gli assegni, portati all’incasso, erano tornati insoluti e protestati; che avendo il PEP ceduto gli impianti, attraverso l’atto di conferimento, alla (OMISSIS) e risultando i debiti ad essi pertinenti evidenziati nelle scritture contabili obbligatorie della cedente/conferente, degli stessi doveva rispondere, ex articolo 2560 c.c., comma 2, anche la cessionaria/conferitaria.
Tutto cio’ premesso la (OMISSIS) s.a.s. chiedeva la condanna della convenuta (OMISSIS), quale coobbligata in solido del PEP, al pagamento della somma di Euro 680.000,00 oltre interessi rivalutazione monetaria e rifusione di spese.
2. – La (OMISSIS) s.r.l., nel costituirsi in giudizio, eccepiva che i debiti del PEP nei confronti di (OMISSIS) non erano da essa conosciuti ne’ conoscibili al momento del conferimento; che i bilanci del PEP relativi agli esercizi 2009, 2010 e 2011 prodotti dalla (OMISSIS) non costituivano scritture contabili obbligatorie ex articolo 2560 c.c., comma 2; che comunque l’unico bilancio che evidenziava un debito di PEP nei confronti di (OMISSIS) risultava essere quello chiuso al 31.12.2011 e quindi in data successiva al conferimento in questione.
Concludeva, quindi, per il rigetto della domanda. In subordine chiedeva di essere tenuta indenne e manlevata dal PEP, previa sua chiamata in causa.
3. – Autorizzata la chiamata si costituiva il (OMISSIS) s.c.p.a. contestando il fondamento della domanda attrice assumendo di nulla dovere per il titolo dedotto stante l’inadempimento della (OMISSIS) i cui progetti e le altre attivita’ espletate erano risultati inadeguati e insufficienti tanto da rendere impossibile la realizzazione degli impianti obbligando esso PEP a rimediarvi a proprie spese. Concludeva, quindi, per il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna dell’attrice (OMISSIS) s.a.s. al risarcimento dei danni causati dal suo inadempimento.
4. – Il giudizio veniva interrotto stante l’intervenuto fallimento del terzo chiamato PEP. Alla riassunzione provvedeva l’attrice. La convenuta IPEH si costituiva insistendo nelle sue difese nei confronti dell’attrice e del “terzo chiamato in causa” e si costituiva anche il Fallimento PEP che, eccepita l’improcedibilita’ della domanda di manleva proposta dalla convenuta, chiedeva la propria estromissione dal giudizio. In subordine ribadiva le difese del PEP in bonis sulla insussistenza del credito vantato da (OMISSIS) tant’e’ che la domanda di ammissione al passivo dalla stessa proposta era stata respinta dal G.D. con provvedimento del 23.2.3015 non impugnato nei termini di legge.
5. – Il Tribunale, per quanto rileva, rigettava la domanda attrice e regolava le spese.
6. – Con sentenza del 24 febbraio 2021 la Corte d’appello di Bologna respingeva l’appello spiegato dall’originaria attrice nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. nonche’ del Fallimento (OMISSIS) societa’ consortile per azioni osservando per quanto rileva:
-) che correttamente il Tribunale aveva ritenuto non assolto l’onere probatorio gravante sull’originaria attrice ai sensi dell’articolo 2560 c.c., in mancanza delle scritture contabili da cui risultasse l’allegato debito della cedente, dal momento che l’ordine di esibizione delle scritture contabili rivolto al curatore del Fallimento era rimasto giustificatamente senza esito, avendo egli dichiarato di non essere in possesso delle medesime;
-) che la scrittura del 3 luglio 2011, da cui risultava l’esistenza del debito, era successiva al conferimento dei rami d’azienda in discorso, come pure la nota integrativa del 31 dicembre 2011;
-) che l’assunto secondo cui il conferimento dei rami d’azienda in questione sarebbe stato effettuato allo scopo, fraudolento e comune alla conferitaria, di sottrarre gli stessi e alla garanzia di cui all’articolo 2740 c.c., non era stato svolto in primo grado e non poteva essere esaminato in appello ponendo una questione di fatto nuova;
-) che l’infondatezza della domanda discendeva dalla stessa delibera del 13 settembre 2010, in cui era specificato che “nella cessione non sono compresi i debiti, ne’ quelli risultanti dalle scritture contabili, ne’ quelli eventuali da esse non risultanti, che restano tutti a carico della parte conferente”;
-) che l’articolo 1 della delibera del 13 settembre 2010, laddove stabiliva che nel conferimento erano compresi “tutti i diritti delle situazioni giuridiche attive e/o passive comunque riferibili alle autorizzazioni, permessi di costruire, titoli abilitativi, domanda nei confronti delle pubbliche amministrazioni competenti”, si riferiva ai rapporti con la pubblica amministrazione
-) che il primo giudice aveva fatto buon governo della disciplina del riparto delle spese di lite, avendo l’originaria attrice preso l’iniziativa di riassumere il giudizio nei confronti del Fallimento.
7. – Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) S.a.s. ricorre per tre mezzi.
(OMISSIS) Srl e Fallimento (OMISSIS) Soc. Consortile per Azioni resistono con controricorso; la prima deposita anche memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
8. – Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2560 c.c., e articolo 116 c.p.c., omesso ricorso alla prova per presunzioni ex articoli 2727 e 2729 c.c., ed omesso rilievo di abuso del diritto.
Il secondo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e specificamente per omessa o comunque errata applicazione dell’articolo 2558 c.c..
Il terzo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell’articolo 303 c.p.c., dell’articolo 91 c.p.c., e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 105 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
Ritenuto che:
9. – Il ricorso e’ inammissibile.
9.1. – E’ inammissibile il primo composito mezzo, con il quale si lamenta anzitutto che il primo giudice abbia ritenuto giustificata la mancata esibizione, da parte del Fallimento, delle scritture contabili, le quali avrebbero dovuto evidenziare l’esistenza del debito fatto valere dall’originaria attrice.
Trova in proposito applicazione il principio secondo cui: “L’esercizio negativo della facolta’ del giudice di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, ai sensi dell’articolo 116 c.p.c., comma 2, non e’ censurabile in sede di legittimita’, ne’ per violazione di legge, ne’ per vizio di motivazione, trattandosi di un potere discrezionale attinente alla valutazione di una prova atipica o innominata” (Cass. 22 novembre 2012, n. 20673).
Per il resto, con riguardo alla pretesa di ritenere dimostrata l’esistenza del debito attraverso il ragionamento presuntivo, sulla base dei documenti gia’ considerati dalla Corte d’appello, il motivo e’ parimenti inammissibile in applicazione del principio secondo cui: “In tema di prova presuntiva sono incensurabili, in sede di legittimita’, l’apprezzamento del giudice del merito circa lo stesso ricorso a tale mezzo di prova e la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravita’ e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di produzione: l’unico sindacato in proposito riservato al giudice di legittimita’ e’ sulla coerenza della relativa motivazione” (Cass. 19 settembre 2000, n. 12422; Cass. 23 gennaio 2006, n. 1216; Cass. 17 gennaio 2019, n. 1234).
Quanto alla abusivita’ della condotta delle parti del negozio di conferimento di rami di azienda il motivo non coglie la ratio decidendi. La ricorrente non richiama a proposito Cass. 19 ottobre 2012, n. 17949, che, secondo la sua lettura, affermerebbe che “il divieto di abuso d’ufficio sia rilevabile d’ufficio” (cosi’ al foglio nove del ricorso, le cui pagine non sono numerate): la decisione, a parte la pertinenza al caso in questione, trattandosi di decisione resa in materia tributaria, ha difatti cassato una pronuncia di merito che aveva officiosamente fatto applicazione del principio di divieto di abuso del diritto, e la cassazione e’ stata disposta proprio perche’ il giudice di appello aveva applicato il principio nonostante la questione non potesse “considerarsi di puro diritto, implicando, come emerge espressamente dalla sentenza impugnata, anche profili fattuali”. E cioe’, un conto e’ che il giudice possa fare d’ufficio applicazione del principio di divieto di abuso del diritto, altro conto e’ che possa impiegare a tal fine dati fattuali non sottoposti al dibattito processuale; di guisa che, in definitiva, la sentenza richiamata dal ricorrente dimostra l’esattezza dell’affermazione del giudice di merito, il quale ha ritenuto che l’assunto del carattere abusivo del conferimento non potesse essere esaminato “ponendo una questione di fatto nuova”.
9.2. – E’ inammissibile il secondo mezzo.
Esso, in effetti, non ha nulla a che vedere con una censura di violazione dell’articolo 2558 c.c., dal momento che non pone affatto in discussione il significato e la portata applicativa che il giudice ne ha fatto, ma censura l’interpretazione data dal giudice di merito dell’atto di conferimento, assumendo che “da tale clausola contrattuale emerge chiaramente come l’acquirente dell’azienda abbia espressamente voluto subentrare nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa”. Siamo dunque dinanzi ad una critica rivolta all’interpretazione contrattuale non per il tramite della specifica individuazione dei criteri di ermeneutica che il giudice avrebbe violato (ex multis Cass. 9 aprile 2021, n. 9461).
9.3. – Il terzo mezzo e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1, in applicazione del principio: “In tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalita’, e cio’ anche se l’attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo” (Cass. 2492/ 2016; Cass. 23552/ 2011).
Nel caso di specie e’ indubbio che il giudice di merito abbia ritenuto, dal resto del tutto correttamente, che la chiamata in causa della societa’ poi fallita fosse stata determinata dalla iniziativa giudiziale dell’originaria attrice, tanto piu’ che questa, una volta interrotto il giudizio, aveva preso l’iniziativa della riassunzione anche nei confronti del Fallimento. Di guisa che la statuizione sul punto del tutto conforme al principio di causalita’.
10. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate, quanto ad ognuno di essi, in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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