Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 settembre 2021| n. 25319.
Delibera di esclusione dell’associato da un’associazione.
Ai fini della validità della delibera di esclusione dell’associato da un’associazione non riconosciuta, come per quella di esclusione da un’associazione riconosciuta, non è necessaria la preventiva contestazione dell’addebito, atteso che tale contestazione non è richiesta da alcuna disposizione di legge, salvo che non vi sia una previsione di statuto in tal senso.
Ordinanza|20 settembre 2021| n. 25319. Delibera di esclusione dell’associato da un’associazione
Data udienza 2 marzo 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Associazione – Associazione non riconosciuta – Associato – Esclusione – “Radiazione ” – Art. 24 c.c. – Esclusione deliberata solo per gravi motivi – Preventiva contestazione dell’addebito – Non necessaria ai fini della validità della delibera
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27220-2019 proposto da:
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 871/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 13/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 02/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che e’ proposto ricorso, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova del 13 giugno 2019, la quale ha, in riforma della decisione del Tribunale di Savona che aveva respinto la domanda, accolto l’opposizione dell’associato ai sensi dell’articolo 24 c.c., annullando la Delib. assunta dal consiglio di amministrazione della ” (OMISSIS)” di (OMISSIS) 28 maggio 2014, e la Delib. del collegio dei probiviri 8 ottobre 2014;
– che resiste l’intimato con controricorso;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex articolo 380-bis c.p.c..
Delibera di esclusione dell’associato da un’associazione
CONSIDERATO
– che i motivi del ricorso possono essere come segue riassunti:
1) violazione e falsa applicazione dell’articolo 24 c.c., il quale non richiede affatto la previa contestazione all’associato dei fatti che ne abbiano comportato l’esclusione, ne’ tale adempimento e’ previsto dallo statuto, articolo 13, che si limita a richiedere, per la pronuncia di “radiazione”, la deliberazione del c.d.a., senza che possa ravvisarsi un procedimento disciplinare, trattandosi del diritto di associazione; nella specie, inoltre, l’associato aveva potuto innanzi ai probiviri espletare tutte le sue difese, prima di adire l’autorita’ giudiziaria, dopo avere cioe’ ricevuto la delibera consiliare, in cui venivano elencati tutti i gravi fatti che avevano indotto l’ente all’esclusione;
2) violazione o falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 132 c.p.c., perche’ la corte del merito ha affermato, pur dopo avere ritenuto il motivo assorbito, che l’associato non era stato posto in grado di operare la contestazione dei fatti allegati dall’associazione a fondamento dell’esclusione, in quanto a lui ignoti: tuttavia, in tal modo la sentenza impugnata e’ incorsa in ultrapetizione, in quanto controparte aveva lamentato soltanto la mancanza della previa convocazione, non chiedendo alcunche’ circa le ragioni sottese alla cd. radiazione; in ogni caso, sul punto la corte territoriale espone una motivazione apparente o contraddittoria, avendo, dapprima, essa stessa riconosciuto che le condotte imputate erano state in dettaglio menzionate nel verbale del c.d.a. del (OMISSIS), e, poi, sostenuto che egli sarebbe stato all’oscuro degli addebiti mossigli;
– che la corte del merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che: a) l’associato e’ stato escluso (“radiato”) dall’ente senza la previa contestazione degli addebiti, peraltro enunciati nella deliberazione consiliare di esclusione; b) il collegio dei probiviri, dal medesimo adito secondo le norme statutarie lamentando tale vizio, lo aveva ascoltato, confermando l’esclusione dall’ente; c) lo statuto associativo non e’ stato prodotto dal ricorrente, se non tardivamente in sede di appello, ma, comunque, il medesimo, articolo 13, riprodotto negli atti di parte, prevede come causa di esclusione l’aver “compiuto atti disonorevoli o mancato ai doveri sociali” o “arrecato danno materiale o morale ai beni e al prestigio dell’associazione”: tuttavia, l’appellante non era stato sentito prima del provvedimento, mentre la previa contestazione e’ necessaria, in ragione della natura disciplinare dell’esclusione; d) ne risulta assorbito il motivo concernente la mancata confutazione, da parte dell’escluso, dei fatti integranti gli addebiti, ritenuta dal primo giudice; al riguardo, peraltro, l’associato non avrebbe potuto difendersi nel merito, in quanto non gli sono state mai inviate le testimonianze contro di lui raccolte;
– che il primo motivo e’ manifestamente fondato;
– che l’esclusione degli associati e’ regolata dall’articolo 24 c.c., dettato per le assicurazioni riconosciute, ma applicabile anche a quelle prive di tale requisito formale (Cass. n. 22986/2019; Cass. n. 18186/2004), secondo cui l’esclusione d’un associato puo’ essere deliberata solo per gravi motivi, con facolta’ per il medesimo di ricorrere all’autorita’ giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli e’ stata notificata la deliberazione;
– che i “gravi motivi” devono consistere in inadempimenti rilevanti all’accordo associativo e devono essere previsti, in modo sufficientemente specifico, nello statuto;
– che nessun’altra particolare prescrizione pone la norma, con riguardo al procedimento di esclusione: in particolare, essendo i rapporti tra gli associati retti dal principio dell’autonomia (cfr. articolo 36 c.c.), in ogni aspetto che non sia diversamente regolato per superiori ragioni di ordine sovraindividuale dal legislatore, gli associati sono liberi di regolamentare come ritengano i reciproci rapporti;
– che cio’ risponde all’esigenza che nelle associazioni trovi tutela la piena autonomia normativa nella predisposizione del loro ordinamento interno;
– che questa Corte ha gia’ chiarito come l’adesione ad un’associazione non riconosciuta, presupponendo l’accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell’associazione stessa ed alle regole del suo ordinamento interno, comporta l’assoggettamento dell’aderente a siffatte regole nel loro complesso (Cass. 11 novembre 2015, n. 23098);
– che, dunque, e’ ben possibile che particolari modalita’ procedimentali siano prescritte dallo statuto – quale lex specialis, applicabile al consesso collettivo, sulla base dell’accordo inizialmente concluso tra i soggetti fondatori, e suscettibile di estensione ai successivi aderenti, nel prosieguo della vita associativa, in virtu’ della loro domanda di adesione accolta dagli organi sociali – il quale e’, del pari, libero di prescrivere anche la necessita’ della audizione dell’associato, nonche’ le particolari ed ancor piu’ dettagliate modalita’ della sua difesa; ma, in mancanza, l’esigenza di una previa convocazione o contestazione degli addebiti non puo’ ritenersi imposta ne’ da una regola di specie, come visto assente, ne’ da un principio generale dell’ordinamento giuridico: a tacer d’altro, vige in materia piuttosto il principio della libera associazione e regolamentazione degli associati (cfr. il gia’ richiamato articolo 36 c.c.), mentre la materia generale lavoristica e’ affatto estranea, essendo essa caratterizzata da un rapporto di soggezione, che non sussiste nell’ambito di una associazione paritaria di soggetti, onde non si da’ analogia legis o iuris ex articolo 12 preleggi;
– che va dunque confermato il principio, enunciato da alcuni precedenti di questa Corte con riguardo a situazioni di esclusione del socio (Cass. n. 6394/1996, sulla societa’ di persone; Cass. n. 7308/1994, in tema di societa’ cooperative), secondo cui ai fini della validita’ della delibera di esclusione non e’ necessaria la preventiva contestazione dell’addebito, dato che tale contestazione non e’ prevista da alcuna disposizione di legge e salvo che sia lo statuto a prevederlo;
– che il secondo motivo e’ inammissibile, in quanto esso non censura la decisione di cd. assorbimento, costituente il vero decisum della sentenza impugnata, ma una motivazione dalla stessa resa solo ad abundantiam;
– che la sentenza impugnata va dunque cassata, onde la causa va rimessa alla corte territoriale, perche’ esamini il motivo ritenuto assorbito (terzo motivo dell’atto di appello);
– che le spese vanno demandate al giudice del merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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