Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 maggio 2022| n. 14970.
Danno per il promissario acquirente per la mancata stipulazione del definitivo.
Il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di un bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste nella differenza, tra il valore commerciale del bene, da determinarsi con riferimento al momento della proposizione della domanda, ed il prezzo pattuito, anch’esso rivalutato alla stessa data; oltre al riconoscimento, sulla differenza così determinata degli effetti della svalutazione monetaria intervenuta nelle more del giudizio
Ordinanza|11 maggio 2022| n. 14970. Danno per il promissario acquirente per la mancata stipulazione del definitivo
Data udienza 14 dicembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Compravendita immobiliare – Contratto preliminare – Risarcimento danni – Onere della prova – Art. 2697 cc – Calcolo dei del danno – CTU
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. MASSAFRA Annachiara – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14644/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS), residente a (OMISSIS), rappresentata e difesa in forza di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), del foro di (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso il suo studio;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato Alfonso Teramo presso il cui studio e’ elettivamente domiciliato in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 323/2017, emessa e depositata il 29.3.2017 non notificata, dalla Corte d’appello di Messina;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 14 dicembre 2021 dal Consigliere Dott.ssa Annachiara Massafra.
Danno per il promissario acquirente per la mancata stipulazione del definitivo
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 21.03.1984 (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS) (coniuge defunto e dante causa della ricorrente) per ottenere sentenza di condanna ex articolo 2932 c.c., al trasferimento di un garage da realizzare in un complesso sito nel vill. (OMISSIS) per il cui acquisto aveva versato un acconto di Lire 1.000.000.
2. Nel corso del giudizio emerse l’impossibilita’ del trasferimento sicche’ (OMISSIS) insistette nella domanda, subordinata di risarcimento danni per inadempimento del promittente venditore.
3. Vennero disposte due consulenze tecniche. La prima, in particolare, fu diretta a descrivere la situazione dei luoghi relativi ai piani cantinati del corpo di fabbrica” con riferimento alla loro consistenza ed alla loro attuale destinazione previo raffronto con quanto risultante in merito al progetto approvato e da sue eventuali varianti ad oggi…”.
4. All’esito della predetta consulenza si appuro’ che tutti i piani cantinati erano stati destinati a deposito commerciale e che conseguentemente non era stato realizzato nessun vano garage.
5. Il giudizio venne quindi interrotto per morte di (OMISSIS) e proseguito nei confronti dell’erede (OMISSIS).
Nel corso del giudizio venne effettuata, come innanzi anticipato, un’ulteriore consulenza tecnica al fine di accertare il danno subito per l’inadempimento che venne poi quantificato in Euro 62.010,56.
6. Successivamente il G.O.A. di Messina condanno’ (OMISSIS) alla sola restituzione di Lire 1.000,000, oltre interessi e compenso’ le spese di lite.
Il giudice di prime cure, per quel che rileva in questa sede, escluse qualsivoglia responsabilita’ in capo all’odierna ricorrente, dovendosi configurare l’inadempimento come dipendente da ragioni non imputabili al costruttore e rigetto’ la domanda di (OMISSIS) di condanna al risarcimento del danno nei suoi confronti.
7. La sentenza venne impugnata e l’odierna ricorrente resistette in giudizio ribadendo che l’inadempimento fosse dipeso da impossibilita’ della prestazione in quanto non era stato possibile realizzare il garage, cosi’ come emerso dalle CTU espletate in primo grado, dalle quali risulto’ detta impossibilita’ in quanto le competenti autorita’ amministrative non rilasciarono “concessione edilizia a garage nel complesso (OMISSIS) sia nel corpo di fabbrica A ne’ nel corpo B”.
8. Nel corso del giudizio di secondo grado venne disposta nuova CTU al fine di accertare se “la realizzazione del parcheggio in area esterna al fabbricato fosse stata prevista nel progetto originario ovvero se la diversa ubicazione rispetto a quella prevista nel preliminare del 2 luglio 1982 del quale si invocava l’esecuzione in forma specifica sia stata determinata dal mancato rilascio della concessione edilizia”.
9. La Corte d’appello di Messina con sentenza n. 323 del 2017 riformo’, alla luce degli esiti della prefata consulenza, la decisione di prime cure e dichiaro’ (OMISSIS) responsabile dell’inadempimento contrattuale nei confronti di (OMISSIS), con conseguente condanna al pagamento di Euro 12.661,73 oltre rivalutazione nonche’ al pagamento delle spese processuali.
10. (OMISSIS) ricorre avverso la indicata sentenza con 4 motivi, (OMISSIS) si costituisce con controricorso e propone ricorso incidentale con un motivo.
In prossimita’ dell’udienza il controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale e quello incidentale sono infondati e, pertanto, non meritano accoglimento.
2. In relazione al ricorso principale con il primo motivo si deduce la violazione degli articoli 115 e 210 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2697 c.c., e dell’articolo 111 Cost..
La ricorrente nella sostanza denuncia l’insussistenza dei presupposti per disporre la richiesta consulenza tecnica atteso che gravava sull’attore (OMISSIS) l’onere di fornire la prova della responsabilita’ del (OMISSIS), del mancato adempimento e quindi di dimostrare che questi non si era attivato per richiedere la concessione edilizia.
L’ammissione della CTU avrebbe sortito, in questottica, l’effetto di esonerare il ricorrente dal provare i fatti posti a fondamento del proprio diritto.
Sicche’ sarebbe stato violato altresi’ l’articolo 115 c.p.c., posto che la decisione della Corte territoriale, di ritenere il promissario venditore responsabile dell’omesso adempimento, non era fondata su prove ritualmente proposte dalle parti bensi’ su prove inutilizzabili in quanto acquisite al processo in forza di un uso non consentito dei poteri d’ufficio.
1.2. Il motivo e’ infondato e deve essere rigettato.
Il giudizio sulla necessita’ ed utilita’ di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione e’, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimita’ (ex multis Cass. Sez. 1, n. 7472/2017).
Nessuna violazione delle norme richiamate e’ stata effettuata dalla Corte d’appello di Messina, la quale e’ pervenuta alle proprie conclusioni applicando i principi vigenti in tema di riparto dell’onere della prova.
(OMISSIS) (promissario acquirente, attore ex articolo 2932 c.c. e in subordine, in risoluzione) doveva provare la sola sussistenza del titolo, nella specie peraltro costituente fatto pacifico tra le parti.
1.3. Il (OMISSIS), invece, avrebbe dovuto provare, non affermare, la sussistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi dell’obbligazione su di lui gravante (ex multis Cass. 3, n. 6387/2018, in tema di risarcimento del danno per l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligo del conduttore – previsto dall’articolo 1590 c.c. – di restituire la cosa locata nel medesimo stato in cui l’aveva ricevuta, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della stessa in conformita’ del contratto; Cass. Sez. 6-2, n. 35213/2021 in tema di condominio negli edifici; Cass. Sez. 6-3, n. 1636/2020 in tema di azione per risarcimento del danno).
1.4. La disposta CTU costituisce, nella specie, consulenza percipiente necessaria non per stravolgere il riparto dell’onere della prova ma per indagare su fatti accessori o secondari, di rilievo squisitamente tecnico, il cui accertamento e’ necessario per una esauriente risposta al quesito o per dare riscontro e verifica rispetto a quanto affermato e documentato dalle parti (Cass. Sez. 1, n. 15774/2018), posta la sussistenza della mancata conclusione del contratto di compravendita stante la mancata concessione di autorizzazione da parte del Comune.
Com’e’ noto infatti la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perche’ volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, e’ sottratta alla disponibilita’ delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito. Questi puo’ affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso e’ necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche. (Cass. Sez. n. 6155/2009; Cass. Sez. 3, n. 3717/2019).
1.5. La ricorrente si e’ limitata ad evidenziare che l’impossibilita’ dell’adempimento del promittente venditore per l’assenza delle necessarie autorizzazioni amministrative.
L’espressione “Tutti i cantinati sono stati destinati a deposito commerciale…le competenti autorita’ amministrative non hanno rilasciato concessione edilizia a garage”, cui ha fatto riferimento (OMISSIS), si appalesa, ed appalesava, come “neutro” in assenza di prove circa la condotta concretamente posta in essere dal (OMISSIS).
Anche indipendentemente dal contenuto della consulenza tecnica la sentenza non avrebbe potuto che pervenire al medesimo risultato, stante il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del (OMISSIS).
2. Il motivo, peraltro, presenta altresi’ profili di inammissibilita’ atteso che la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimita’, entro i ristretti limiti del “nuovo” articolo 360 c.p.c., n. 5 (Cass. Sez. 3, n. 13395/2018).
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione degli articoli 115, 116 c.p.c., articolo 2697 c.c. e articolo 111 Cost., in relazione al capo della sentenza che riguarda la quantificazione del danno.
In particolare la ricorrente si duole della circostanza secondo cui la Corte d’appello, dopo aver affermato che la consulenza tecnica disposta in primo grado non potesse essere ammessa in quanto esplorativa, ha poi comunque dalla stessa tratto degli elementi per quantificare il danno subito. In quest’ottica la sentenza sarebbe inoltre viziata poiche’ la Corte, fondando la propria decisione su una ctu manifestamente inattendibile avrebbe oltrepassato i limiti della discrezionalita’ insita nel prudente apprezzamento adottando una decisione illogica ed incoerente.
2.2. Anche questo motivo e’ infondato.
La Corte non ha posto a fondamento della propria decisione la consulenza tecnica disposta in primo grado, disattendendo le risultanze in punto di quantificazione del danno (spiegando le ragioni della propria statuizione) ma ha tratto dalle stesse, esclusivamente, un dato oggettivo ossia il valore dell’immobile all’epoca della domanda e ne ha quantificato il valore nell’attualita’ secondo il criterio matematico in forza del quale il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di un bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste nella differenza, tra il valore commerciale del bene, da determinarsi con riferimento al momento della proposizione della domanda, ed il prezzo pattuito, tenendo conto della rivalutazione dell’importo previsto in contratto solo nell’ipotesi in cui il prezzo sia stato pagato (Cass. Sez. 2, n. 28375/2017; in questo senso altresi’ Cass. Sez. 3, n. 22979/2015).
Sul punto, peraltro, e’ opportuno ulteriormente precisare che il danno da mancato godimento del bene lamentato e’ stato valutato dal giudice in conformita’ ai principi giurisprudenziali innanzi indicati, atteso che l’eventuale ulteriore danno avrebbe dovuto essere provato dalla parte interessata.
3. La ricorrente impugna, inoltre, la sentenza per violazione ed errata applicazione dell’articolo 1223 c.c. avendo riconosciuto, violando detta disposizione, un danno mai provato.
In particolare al (OMISSIS) avrebbero potuto essere risarciti solo i danni che fossero stati conseguenza diretta ed immediata dell’inadempimento e che, nella fattispecie avendo versato solo un acconto di Lire 1.000,000 sul prezzo di vendita, il danno avrebbe dovuto essere valutato sulla base dell’importo effettivamente versato.
3.1. Il motivo e’ infondato atteso che non coglie la ratio della decisione. La Corte d’appello, in merito ha ritenuto sussistente il danno alla luce della documentazione acquisita ed in considerazione della stessa ha, quindi, effettuato la quantificazione dello stesso in aderenza agli approdi della giurisprudenza di legittimita’.
In particolare la Corte d’appello di Messina si e’ conformata al principio secondo il quale “il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di un bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste nella differenza, tra il valore commerciale del bene, da determinarsi con riferimento al momento della proposizione della domanda, ed il prezzo pattuito, anch’esso rivalutato alla stessa data; oltre al riconoscimento, sulla differenza cosi’ determinata degli effetti della svalutazione monetaria intervenuta nelle more del giudizio” (Cass. Sez. 2, n. 17688/2010; conf. Cass. Sez. 2, n. 28375/2017).
4. Con il quarto motivo si impugna la sentenza per non aver, in violazione degli articoli 91, 92 c.p.c. e articolo 345 c.p.c., per aver condannato l’appellante alle spese di lite del secondo grado e per non aver, quanto meno, compensato le spese di lite. Il motivo e’ inammissibile atteso il rigetto dei precedenti motivi cui logicamente consegue.
5. (OMISSIS) ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo. L’istante di duole della violazione/errata applicazione degli articoli 1223 c.c., articoli 112, 115, 116 c.p.c. – omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, riguardo al capo di una sentenza che ha calcolato il danno relativo al mancato conseguimento della proprieta’ dell’immobile in misura inferiore al dovuto, in quanto avrebbe dovuto risarcire i danni derivanti dalla mancata disponibilita’ del bene dalla di promessa dell’adempimento al soddisfo nonche’ ha omesso la valutazione degli interessi legali dovuti sulle somme spettanti a titolo di danno.
Il motivo, che consta di tre distinti profili di doglianza, e’ infondato.
5.1. Il controricorrente si lamenta, in primo luogo, del calcolo effettuato dalla Corte per quantificare il danno subito relativo al mancato conseguimento della proprieta’ dell’immobile, avendo il giudice di seconde cure rivalutato il prezzo pattuito alla data della domanda, in secondo luogo della omessa pronuncia sulla domanda di condanna dell’appellata (OMISSIS) al risarcimento del danno per lucro cessante, relativo al mancato conseguimento della proprieta’ dell’immobile. Al contempo (OMISSIS) si duole dell’errore di calcolo in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello.
5.2. La Corte d’appello ha, motivando sul punto, quantificato il danno subito dal controricorrente in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte, sopra richiamata, la quale, in caso di danno subito dal promissario acquirente lo individua nella differenza, tra il valore commerciale del bene, da determinarsi con riferimento al momento della proposizione della domanda, ed il prezzo pattuito.
La stessa giurisprudenza specifica, in particolare, che ai fini della determinazione del danno “la suddetta differenza si calcola con riferimento al momento in cui, per effetto della domanda di risoluzione, l’inadempimento e’ divenuto definitivo e si rivaluta, al fine di compensare gli effetti della svalutazione monetaria verificatasi nelle more del giudizio. Non deve invece essere rivalutato il prezzo pagato dal promittente acquirente e tempestivamente beneficiato dal promittente venditore. Al contrario il prezzo non pagato deve essere rivalutato alla stessa data di determinazione del valore dell’immobile” (Cass. Sez. 2, n. 17688/2010).
5.3. Il ricorrente incidentale come innanzi evidenziato, in relazione al primo profilo di doglianza, ha inoltre paventato la sussistenza di un errore materiale di calcolo da parte della Corte d’appello. Sotto questo profilo il motivo si appalesa come inammissibile atteso che “vanno corretti con la procedura di cui agli articoli 287 c.p.c. e segg., e non sono denunciabili davanti alla Corte di Cassazione, il cui compito istituzionale si esaurisce nel controllo di mera legittimita’ delle decisioni di merito: l’errore materiale, che non incide sul contenuto concettuale e sostanziale della decisione, ma si concreta in un difetto di corrispondenza tra la ideazione e la sua materiale rappresentazione grafica; l’errore di calcolo aritmetico, determinato da erronea applicazione delle regole matematiche ma sulla base di presupposti numerici non contestati ed esatti; gli errori di conteggio, atteso il loro carattere materiale”(Cass. Sez. 3, n. 11333/2009).
Il vizio e’ diversamente deducibile ex articolo 395 c.p.c., n. 4, ove consista in una falsa percezione della realta’, in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti stessi e documenti risulti positivamente accertato. Trattasi, quindi, di errore meramente percettivo, che in nessun modo coinvolga l’attivita’ valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettivita’, il quale va escluso nel caso in cui – come nella specie – esso non emerga con immediatezza dalla lettura della sentenza, ne’ tanto meno, dalla lettura degli atti di causa, trattandosi, in concreto, di un paventato errore nella determinazione della rivalutazione del prezzo non pagato (sul punto ex multis Cass. Sez. 6-2, n. 16439/2021).
5.4. In relazione al secondo profilo di doglianza, anch’esso infondato, deve evidenziarsi che la liquidazione di danni ulteriori rispetto a quelli quantificati dalla Corte d’appello di Messina, invocata dal (OMISSIS), presuppone l’avvenuto assolvimento in merito dell’onere probatorio da parte dell’istante, circostanza questa non avvenuta come emerge dal contenuto della sentenza.
Al riguardo e’ stato, infatti, affermato che “Nel caso di cui ci occupa, pertanto, la domanda risarcitoria di parte attrice deve (rectius: doveva) essere provata. E’ certamente vero che la difesa del (OMISSIS) si e’ limitata ad una mera enunciazione di principio in ordine al nesso di causalita’ tra inadempimento e danno, e che non puo’ di certo accogliersi la prospettazione difensiva secondo cui il danno e’ in re ipsa: sul punto, il principio dell’onere della prova enunciato nell’articolo 2697 c.c., non puo’ tollerare deroghe”.
5.5. Con il medesimo motivo il controricorrente incidentale denuncia l’omessa pronuncia sulla domanda volta a conseguite gli interessi legali sulle somme allo stesso dovute dalla parte appellata a titolo di risarcimento del danno quantomeno dalla data del 5 novembre 2008, epoca della valutazione da parte del CTU sia del danno da mancato godimento del bene non trasferito in vendita sia da mancato incremento patrimoniale, ossia fino al soddisfo.
Anche sotto questo profilo il motivo non merita accoglimento.
5.6. Deve in merito preliminarmente osservarsi che gli interessi de quibus, in assenza di specifica determinazione da parte dello stesso ricorrente, devono ritenersi corrispettivi, ed in quanto tali avrebbero dovuto essere oggetto di specifica domanda.
Al riguardo emerge, tuttavia, dal contenuto della sentenza, dell’atto di citazione nonche’ dell’appello, che nessuna domanda in tal senso sia stata formulata da parte del (OMISSIS) e che, anzi, la stessa sia stata formulata per la prima volta nel presente giudizio sicche’, pertanto, il motivo, sotto questo aspetto si profila come inammissibile.
6. In conclusione il ricorso principale e quello incidentale devono essere rigettati e, per l’effetto, le spese compensate.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply