Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 11107.
Danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli e animali selvatici
Nel caso di danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli e animali selvatici, ai fini dell’integrazione della fattispecie di responsabilità di cui all’art. 2052 c.c. è necessario provare che la condotta dell’animale sia stata la causa del danno, sicché non è sufficiente, per il danneggiato, dimostrare la presenza dell’animale sulla carreggiata e l’impatto tra quest’ultimo e il veicolo, essendo egli tenuto – anche ai fini di assolvere all’onere della prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ex art. 2054, comma 1, c.c. – ad allegare e dimostrare l’esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida (cautela da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possi bile presenza di animali selvatici) e che il contegno dell’animale selvatico abbia avuto effettivamente un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui – nonostante ogni cautela – non sarebbe stato comunque possibile evitare l’impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno.
Ordinanza|| n. 11107. Danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli e animali selvatici
Data udienza 28 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Danni da fauna selvatica – Strada provinciale – Regione Marche – Collisione con cinghiale – Risarcibilità dei danni da parte della PA a norma dell’art. 2052 c.c. – Legitttimazione passiva – Nesso eziologico – Grava sul danneggiato l’onere della prova – Fondamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 27858 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso, dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
REGIONE MARCHE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Macerata n. 430/2021, pubblicata in data 27 aprile 2021;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 28 febbraio 2023 dal consigliere Augusto Tatangelo.
Danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli e animali selvatici
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) ha agito in giudizio nei confronti della Regione Marche per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla sua autovettura a seguito della collisione con un animale selvatico (cinghiale), avvenuta sulla S.P. (OMISSIS).
La domanda e’ stata accolta dal Giudice di Pace di Macerata.
Il Tribunale di Macerata, in riforma della decisione di primo grado, l’ha invece rigettata.
Ricorre il (OMISSIS), sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso la Regione Marche.
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c..
Danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli e animali selvatici
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va disattesa l’istanza avanzata dal ricorrente, di riunione del presente ricorso ad altri ricorsi pendenti davanti a questa stessa Corte e aventi ad oggetto analoghe questioni.
Si tratta, infatti, all’evidenza, di fattispecie autonome e distinte, derivanti da diversi incidenti occorsi a diversi soggetti in diverse circostanze di tempo e di spazio, che hanno dato luogo ad autonomi giudizi di merito.
Il fatto che si tratti comunque di danni che si assumono causati da animali selvatici e che le sentenze che hanno definito i giudizi di merito in secondo grado (a dire del ricorrente) abbiano identica motivazione, non puo’ certamente ritenersi sufficiente per disporre la richiesta riunione in relazione ai procedimenti indicati nell’istanza del ricorrente.
2. Il quinto motivo del ricorso ha carattere pregiudiziale e, quindi, va esaminato per primo.
Con esso si denunzia “difetto di valida rappresentanza processuale ad appellare – nullita’ della procura ad impugnare”.
Il ricorrente sostiene di avere eccepito nel corso del giudizio di appello, gia’ con la comparsa di costituzione e risposta, l’irregolarita’ della costituzione in giudizio della Regione appellante, per la mancanza della delibera amministrativa di autorizzazione alla proposizione dell’appello stesso. Lamenta che il tribunale non avrebbe neanche preso in esame la sua eccezione e, comunque, che sussisterebbe il dedotto difetto di rappresentanza.
Il motivo e’ inammissibile, ancor prima che infondato.
In violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, infatti, non e’ richiamato nel ricorso lo specifico contenuto degli atti difensivi in cui sarebbe stata sollevata la predetta eccezione nel corso del giudizio di secondo grado e gli esatti termini della stessa, ne’ direttamente, mediante la trascrizione del contenuto rilevante di quegli atti, ne’ indirettamente, mediante la precisa indicazione della loro allocazione nel fascicolo processuale e l’individuazione della parte rilevante degli stessi.
In ogni caso, l’ente controricorrente ha, in primo luogo, prodotto copia della comparsa di costituzione in appello del ricorrente, dalla quale non emerge affatto che fosse stata proposta l’eccezione in questione, contrariamente a quanto egli assume nel ricorso.
Ha, altresi’, prodotto copia degli atti amministrativi di autorizzazione alla proposizione del gravame, dei quali il ricorrente assume la mancanza, con la prova dell’avvenuta produzione di essi nel corso del giudizio di appello (si veda il “fascicolo di parte dell’appello” prodotto dalla Regione in modalita’ telematica in allegato al controricorso, che contiene: la deliberazione autorizzativa alla proposizione dell’appello, D.P. Giunta Regionale n. 71 in data 11 marzo 2020, integrato con la precedente Delib. Giunta Regionale n. 1531 in data 2 dicembre 2019; la relativa nota di deposito nel fascicolo del giudizio di secondo grado, in data 30 aprile 2020; la conformita’ di tali documenti a quelli presenti nel fascicolo del giudizio di appello non risulta oggetto di specifica contestazione da parte del ricorrente, il quale, nella stessa memoria che pure ha depositato ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c., in realta’, non solo non contesta ulteriormente e specificamente, di fronte alla indicata produzione documentale, che le delibere autorizzative alla lite erano state depositate dalla Regione nel giudizio di appello, ma neanche torna specificamente sulla questione della regolare costituzione di quest’ultima, limitandosi ad un generico richiamo di tutti i motivi del ricorso).
Dunque, la costituzione della Regione Marche in appello deve ritenersi regolare, sussistendo le necessarie delibere di autorizzazione alla lite.
3. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2052 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Con il secondo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2052 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Con il terzo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.
Con il quarto motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
I primi quattro motivi sono connessi e possono, quindi, essere esaminati congiuntamente.
Essi sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
3.1 E’ opportuno premettere che, in materia di danni causati dalla fauna selvatica, e’ stato di recente puntualizzato l’indirizzo di questa Corte con alcune pronunzie della Terza Sezione Civile (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7969 del 20/04/2020, Rv. 657572 – 01-02-03; Sez. 3, Sentenza n. 8384 del 29/04/2020; Sez. 3, Sentenza n. 8385 del 29/04/2020; conf., successivamente: Sez. 3, Sentenza n. 12113 del 22/06/2020, Rv. 658165 – 01-02-03; Sez. 3, Ordinanza n. 13848 del 6/07/2020, Rv. 658298 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20997 del 2/10/2020, Rv. 659153 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16550 del 23/05/2022, Rv. 665057 – 01; nonche’, non massimate: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18085 del 31/08/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18087 del 31/08/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19101 del 15/09/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25466 del 12/11/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3023 del 9/02/2021; cfr. anche Sez. 3, Ordinanza n. 25280 dell’11/11/2020), in cui sono stati affermati i seguenti principi di diritto:
“i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’articolo 2052 c.c., giacche’, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilita’ previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprieta’ o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema”;
“nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’articolo 2052 c.c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonche’ delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attivita’ di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti; la Regione puo’ rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”;
“in materia di danni da fauna selvatica a norma dell’articolo 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si e’ posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle piu’ adeguate e diligenti misure – concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi”.
Il collegio intende dare continuita’ a tali principi di diritto.
Nella specie, peraltro, il tribunale, con la decisione impugnata, pur dando conto dell’indirizzo appena esposto e pur rilevando che, al contrario, la decisione di primo grado di accoglimento della domanda si era fondata su quello contrario (secondo il quale i danni provocati dalla fauna selvatica sono risarcibili esclusivamente sulla base delle disposizioni generali in tema di condotta colposa lesiva, cioe’ ai sensi dell’articolo 2043 c.c., non quindi ai sensi dell’articolo 2052 c.c.), ha ritenuto la domanda infondata sotto entrambi i profili.
Con riguardo al primo ha, infatti, ritenuto non sufficientemente provata la condotta colposa dell’ente pubblico convenuto.
Con riguardo al secondo, ha ritenuto non provata la condotta di guida prudente dell’attore e l’imputabilita’ dell’incidente stradale, sotto il profilo causale, ad un comportamento imprevedibile dell’animale selvatico.
3.2 Tanto premesso, si osserva, in primo luogo, che e’ inammissibile la censura (di cui al primo motivo del ricorso) con la quale il ricorrente sostiene che il tribunale avrebbe escluso – a suo dire erroneamente – la possibilita’ di una riqualificazione della sua domanda nell’ambito della disciplina di cui all’articolo 2052 c.c. in quanto cio’ avrebbe comportato un vizio di extra-petizione.
Tale censura non coglie la effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.
In verita’, nella motivazione di quest’ultima non pare affatto ravvisabile l’argomentazione indicata dal ricorrente a fondamento della decisione di rigetto della domanda.
In ogni caso, come appena chiarito, la domanda risulta in realta’ espressamente esaminata dal giudice di appello (anche) sotto il profilo del regime di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c. e, proprio sotto tale profilo, e’ stata ritenuta infondata.
3.3 Per quanto riguarda le ulteriori censure, con le quali, nella sostanza, il ricorrente sostiene che egli aveva ampiamente fornito la prova necessaria ai fini dell’affermazione della responsabilita’ della Regione ai sensi dell’articolo 2052 c.c., mentre quest’ultima non avrebbe fornito la prova liberatoria del caso fortuito, si osserva quanto segue.
La decisione impugnata risulta del tutto conforme, in diritto, ai principi che si sono esposti in premessa, in tema di responsabilita’ per gli incidenti stradali causati da animali selvatici, ai sensi dell’articolo 2052 c.c..
Come espressamente precisato nei precedenti gia’ richiamati di questa Corte (ed invocati dallo stesso ricorrente a sostegno della presente impugnazione), con i quali si e’ affermata l’appli-cabilita’ dell’articolo 2052 c.c. alle ipotesi di danni causati dalla fauna selvatica, “nel caso di danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli ed animali selvatici (ipotesi invero statisticamente molto frequente, nel tipo di contenzioso in esame), non puo’ ritenersi sufficiente – ai fini dell’applicabilita’ del criterio di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c. – la sola dimostrazione della presenza dell’animale sulla carreggiata e neanche che si sia verificato l’impatto tra l’animale ed il veicolo, in quanto, poiche’ al danneggiato spetta di provare che la condotta dell’animale sia stata la “causa” del danno e poiche’, ai sensi dell’articolo 2054 c.c., comma 1, in caso di incidenti stradali il conducente del veicolo e’ comunque onerato della prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, quest’ultimo – per ottenere l’integrale risarcimento del danno che allega di aver subito – dovra’ anche allegare e dimostrare l’esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida (cautela da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possibile presenza di animali selvatici) e che la condotta dell’animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilita’ ed irrazionalita’ per cui – nonostante ogni cautela – non sarebbe stato comunque possibile evitare l’im-patto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno” (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7969 del 20/04/2020, in motivazione, al paragrafo 6.1; conf., piu’ di recente: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 30294 del 14/10/2022).
Il tribunale, nel rilevare la mancanza di adeguata prova della condotta di guida connotata da speciale prudenza da parte dell’attore nel tratto di strada in cui e’ avvenuto l’incidente, ove era nota e segnalata la possibile presenza di animali selvatici, nonche’ del comportamento in concreto imprevedibile dell’ani-male, tale da rendere inevitabile l’impatto, cioe’, in altri termini, nel negare che fosse stata fornita sufficiente prova del nesso di causa tra la condotta dell’animale selvatico e l’evento dannoso lamentato dall’attore, ha correttamente applicato i suddetti principi di diritto, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente.
Per ogni altro aspetto, le censure di quest’ultimo si risolvono nella contestazione degli accertamenti di fatto operati dal giudice del merito – che sono sostenuti da adeguata e esaustiva, benche’ sintetica, motivazione (la si trova espressa a pag. 5 della sentenza impugnata), non apparente ne’ insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede – nonche’ nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non e’ consentito in sede di legittimita’.
4. Il ricorso e’ rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimita’ in favore dell’ente controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 1.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonche’ spese generali ed accessori di legge.
Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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