Suprema Corte di Cassazione
sezioni unite
sentenza 27 settembre 2013, n. 40109
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 28 dicembre 2010, il Tribunale di Palermo, sez. dist. di Bagheria, dichiarava C..S. colpevole dei reati di cui agli artt. 635 cod. pen. in danno del fratello S.N. (capo A), 582 cod. pen. in danno del medesimo N..S. (capo B), 582 cod. pen. in danno di G.G. (capo C), accertati come commessi in (omissis) , condannandolo, in applicazione dell’art. 81, comma secondo, cod. pen., alla pena di Euro 3.500 di multa, dichiarata interamente condonata, nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti civili N..S. e G.G. , da liquidare in separata sede.
2. A seguito di impugnazione dell’imputato, la Corte di appello di Palermo, con sentenza in data 4 aprile 2012, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai predetti reati perché estinti per prescrizione, con condanna del medesimo alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, senza esplicita statuizione di conferma della condanna al risarcimento dei danni.
Osservava la Corte di appello che, anche tenendo conto di complessivi undici mesi di sospensione del corso della prescrizione per evenienze verificatesi nel corso del giudizio di primo grado, doveva ritenersi maturata tale causa di estinzione dei reati, e che, tenuto conto delle prove acquisite, non era configurabile alcun elemento per ritenere che i fatti contestati non sussistessero o che l’imputato non li avesse commessi.
3. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore avv. Roberto Ferrara, che, con un unico motivo, deduce la violazione degli artt. 578 e 125, comma 3, cod. proc. pen., impugnando la sentenza della Corte di appello “nei capi e nei punti in cui è stata affermata, sia pure a fini risarcitori, la responsabilità dell’imputato per i fatti di reato contestati”.
Osserva che la Corte di appello aveva applicato la regola di cui all’art. 129 cod. proc. pen. circa la immediata declaratoria di una causa di estinzione del reato, senza prendere in esame le specifiche deduzioni versate nell’atto di appello con le quali si offrivano plurime indicazioni con riguardo alla inattendibilità delle fonti testimoniali, rappresentate, da un lato, dalle parti civili che erano state coinvolte quali indagati in fatti commessi in danno dell’imputato, dall’altro, da parenti strettamente legati ad esse; il tutto non considerando che, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, l’art. 578 cod. proc. pen. impone un positivo e pieno accertamento della responsabilità dell’imputato, mentre la Corte di appello si era limitata a confermare le statuizioni civili meramente affermando che non era delineabile una evidente estraneità dell’appellante ai fatti di reato contestatigli né una insussistenza dei medesimi, senza ulteriori approfondimenti.
4. La Quinta Sezione penale, assegnataria del ricorso, con ordinanza in data 30 aprile 2013, l’ha rimesso alle Sezioni Unite a norma dell’art. 618 cod. proc. pen..
L’ordinanza pone in luce, con riferimento all’individuazione del giudice cui rimettere gli atti in caso di annullamento con rinvio di una sentenza dichiarativa della prescrizione del reato, in accoglimento del ricorso dell’imputato che abbia dedotto la mancata motivazione in punto di conferma delle statuizioni civili, l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità.
Secondo un primo orientamento, infatti, quando il giudice di appello abbia rilevato la sopravvenuta prescrizione del reato senza motivare in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato in relazione alle confermate statuizioni civili, la Corte di cassazione dovrebbe annullare la sentenza con rinvio allo stesso giudice penale che ha emesso il provvedimento impugnato e non a quello civile competente per valore in grado di appello, come stabilito dall’art. 622 cod. proc. pen., presupponendo infatti tale disposizione o il già definitivo accertamento della responsabilità penale o l’accoglimento dell’impugnazione proposta dalla sola parte civile avverso sentenza di proscioglimento.
Altro orientamento, sostiene per contro che, in presenza di una declaratoria di estinzione del reato, all’annullamento della decisione sulle statuizioni civili da parte della Corte di cassazione, per ritenuti vizi di motivazione, dovrebbe seguire in ogni caso il rinvio al giudice civile. Tale ultimo indirizzo, osserva la sezione rimettente, riguarda tanto l’ipotesi in cui il termine di prescrizione sia maturato in epoca antecedente alla sentenza d’appello, quanto quella in cui la causa estintiva si sia perfezionata in data successiva alla medesima pronunzia. In entrambi i casi il giudice di legittimità, in presenza di un vizio di motivazione sulla responsabilità civile, sarebbe tenuto a rinviare per la pronuncia su tale capo al giudice civile, la cui cognizione comprenderebbe sia Vari che il quantum della domanda della parte civile.
5. Con decreto del 24 maggio 2013, il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali, fissandone la trattazione per la odierna udienza pubblica.
Considerato in diritto
1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite, può così essere enunciata: “se, nel caso in cui il giudice di appello abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, senza motivare in ordine alla responsabilità dell’imputato ai fini delle statuizioni civili, a seguito di ricorso per cassazione proposto dall’imputato, ritenuto fondato, debba essere disposto l’annullamento della sentenza con rinvio allo stesso giudice penale che ha emesso il provvedimento impugnato ovvero al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 cod. proc. pen.”.
2. Il tema proposto involge scelte di sistema attinenti ai rapporti tra azione civile ed azione penale nell’attuale assetto codicistico, ispirato al favor separationis; al contempo, comporta ricadute immediate sull’ampiezza della tutela riconosciuta alla parte civile, attese le diverse forme del giudizio di rinvio, a seconda che esso sia disposto verso il giudice civile ovvero verso il giudice penale, con le consequenziali diverse regole procedimentali e probatorie.
Sulla questione si registra un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, pronunciatasi, nella ipotesi in esame, ora a favore dell’annullamento con rinvio al giudice penale ora per l’applicabilità dell’art. 622 cod. proc. pen., implicante un rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
3. Va peraltro dato subito conto di una decisione isolata (Sez. 5, n. 26061 del 09/06/2005, Palau Giovannetti, Rv. 231914), che, su ricorso dell’imputato, ha annullato senza rinvio le statuizioni civili della sentenza d’appello, la quale, in riforma della sentenza impugnata, aveva dichiarato non doversi procedere per prescrizione del reato e, al contempo, aveva confermato la condanna risarcitoria in favore della parte civile. La Corte di cassazione nella specie ha escluso l’operatività dell’art. 622 cod. proc. pen., perché la sentenza di proscioglimento pronunciata in grado di appello era stata impugnata non dalla parte civile, ma dall’imputato, il cui ricorso era stato accolto proprio per non aver il giudice di secondo grado esaminato i motivi d’appello, affermando che “mancando […] certezza in termini di responsabilità (atteso che non si è consolidata decisione alcuna sull’an), non può farsi rinvio al giudice civile perché si pronunzi sul quantum”.
4. Prescindendo per il momento da tale isolato precedente, e mantenendo l’esame della giurisprudenza nell’ambito della specifica questione oggetto del presente esame – relativa al caso di un ricorso da parte dell’imputato avverso una sentenza di appello che abbia immotivatamente confermato la sua responsabilità civile contestualmente dichiarando la estinzione del reato per prescrizione (o amnistia), ex art. 578 cod. proc. pen. – un primo orientamento segue la linea per la quale, in caso di accoglimento del ricorso, l’annullamento dovrebbe essere disposto con rinvio al giudice (penale) che ha emesso la sentenza impugnata).
Fra le decisioni più recenti, vale segnalare Sez. 1, n. 14522 del 24/03/2009, Petrilli, Rv. 243343, la quale, lasciando ferma la statuizione della sentenza della corte di appello di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione del reato, ha, invece, annullato quella di conferma della condanna al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile, per carenza di puntuale motivazione, che avrebbe dovuto essere resa a fronte delle numerose e specifiche doglianze sollevate dall’imputato. Con tale pronuncia, la Corte di cassazione ha rinviato ad altra sezione della medesima corte territoriale, avendo riguardo al fatto che, ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., sarebbe spettato alla stessa corte di appello, in sede penale, all’atto stesso in cui pronunciava declaratoria di estinzione del reato, fornire al riguardo un’adeguata la motivazione, di cui si è riscontrata la mancanza in sede di scrutinio di legittimità.
Sez. 5, n. 42135 del 15/07/2011, Roccheggiani, Rv. 251707, nell’accogliere parzialmente il ricorso proposto dagli imputati avverso la sentenza d’appello che aveva dichiarato la prescrizione dei reati loro ascritti e al contempo confermato immotivatamente le statuizioni civili assunte dal giudice di primo grado, ha annullato la decisione impugnata limitatamente al capo relativo alla condanna risarcitoria in favore della parte civile, rinviando al giudice di appello in sede penale; escludendo l’applicabilità dell’art. 622 cod. proc. pen., che postulerebbe il già definitivo accertamento della responsabilità penale oppure l’accoglimento dell’impugnazione proposta dalla sola parte civile avverso sentenza di proscioglimento.
Afferma la necessità del rinvio al giudice penale anche Sez. 3, n. 26863 del 06/06/2012, Lovaglio, Rv. 254054. Nella specie la corte di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per estinzione del reato ed aveva confermato le statuizioni civili. L’imputato ricorrente in cassazione si doleva della mancata assoluzione nel merito, deducendo la violazione degli artt. 129 e 530 cod. proc. pen., e contestava, con un secondo ordine di motivi, la declaratoria di estinzione con riferimento ad uno degli episodi contestati in imputazione. La Corte ha ritenuto fondata tale censura ed ha annullato la gravata sentenza ai fini civilistici, con rinvio al giudice penale.
All’indirizzo in esame è riconducibile anche Sez. 5, n. 5764 del 07/12/2012, dep. 2013, Sarti, Rv. 254955, che, su ricorso dell’imputato, nell’annullare la sentenza della corte di appello limitatamente alle statuizioni civili, ha rinviato al giudice penale per nuovo giudizio sulle stesse, osservando che il “rinvio al giudice civile, ex art. 622 cod. proc. pen., postula il definitivo accertamento della responsabilità penale”; ipotesi non sussistente nel caso di specie, in ragione dell’intervenuta declaratoria di estinzione per prescrizione pronunciata dalla corte territoriale.
5. Espressione del secondo e numericamente maggioritario orientamento è Sez. 4, n. 14863 del 03/02/2004, Micucci, Rv. 228597, con cui, accogliendosi il ricorso proposto dall’imputato avverso la sentenza con la quale la corte di appello aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione del reato nonché confermato le statuizioni civili assunte dal giudice di primo grado, è stata annullata la decisione impugnata limitatamente alle disposizioni civili ed è stato disposto il rinvio ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen. innanzi al giudice civile, “operando appieno il principio di economia, che vieta il permanere [della res judicanda] in sede penale in mancanza di un interesse penalistico della vicenda”.
Ha disposto il rinvio al giudice civile, in applicazione dell’art. 622 cod. proc. pen., anche Sez. 6, n. 21102 del 09/03/2004, Zaccheo, Rv. 229023, che, in parziale accoglimento del ricorso dell’imputato avverso la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione pronuncia dalla corte di appello, ha annullato soltanto le statuizioni civili della decisione impugnata, senza, tuttavia, specificare le ragioni dell’individuazione del giudice del rinvio, limitandosi a richiamare la citata previsione codicistica.
Alle medesime conclusioni giungono, tra le altre, Sez. 5, n. 38228 del 24/06/2008, Maurizi, Rv. 241314 e Sez. 2, n. 17100 del 22/03/2001, Curtopelle, Rv. 250020, le quali, in analoghi casi, hanno rinviato al giudice civile competente in grado di appello ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen..
Occorre poi segnalare che su questa stessa linea si colloca la sentenza della Sezioni Unite n. 155 del 29 settembre 2011, dep. 2012, che, in una fattispecie del tutto simile alla presente, pur non enunciando uno specifico principio di diritto al riguardo, ha per l’appunto statuito l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice civile, a norma dell’art. 622 cod. proc. pen. (v. in particolare il punto 21 del Considerato in diritto).
6. Ai fini della risoluzione della questione implicata dal presente ricorso, è il caso di considerare quanto espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, in tema di prevalenza del proscioglimento nel merito rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, atteso, per un verso, che nel ricorso in esame è lamentata la mancata applicazione dei principi affermati in detta sentenza e, per altro verso, che proprio le affermazioni in essa formulate hanno verosimilmente contribuito, almeno nelle pronunce più recenti, all’insorgenza del contrasto giurisprudenziale in esame.
Come si è sopra rilevato, le decisioni che concludono in favore del rinvio al giudice civile individuano la ratio della scelta operata in tal senso dall’art. 622 cod. proc. pen. nel principio di economia, che vieta il permanere del giudizio in sede penale in mancanza di un interesse penalistico della vicenda.
Di conseguenza, la necessità dell’intervento del giudice civile ovvero del giudice penale postula la preliminare verifica dell’ambito di valutazione affidato in concreto al giudice del rinvio.
Le Sezioni Unite, con la sentenza suddetta, osservano che la finalità della previsione di cui all’art. 129 cod. proc. pen. è collocata nella prospettiva del principio di economia processuale (exitus processus) e della tutela dell’innocenza dell’imputato (favor rei) ed escludono che, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, in presenza di una causa estintiva, debba essere applicato il comma 2 dell’art. 530 cod. proc. pen.; con la conseguenza che in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva.
Il successivo sviluppo dell’iter motivazionale della sentenza in esame si indirizza verso l’analisi dei rapporti tra la disciplina recata dall’art. 578 del codice di rito e quella ex art. 129 dello stesso codice, osservandosi che non vi è ragione per la quale, in sede di appello, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 578 cod. proc. pen., non debba prevalere – non solo nel caso di acclarata piena prova di innocenza, ma anche in presenza di prove ambivalenti – la formula assolutoria nel merito rispetto alla causa di estinzione del reato, posto che nessun ostacolo procedurale, né le esigenze di economia processuale possono impedire la piena attuazione del principio del favor rei con l’applicazione della regola probatoria di cui al comma 2 dell’art. 530 del codice di rito. In presenza di amnistia o prescrizione, dunque, la valutazione approfondita a fini civilistici, che porti all’esclusione della responsabilità penale – anche per l’insufficienza o contraddittorietà delle prove – esplica i suoi effetti sulla decisione penale, con la conseguenza che deve essere pronunciata, in tal caso, la formula assolutoria nel merito.
La sentenza Tettamanti non ha affrontato però la questione che qui interessa, relativa all’individuazione del giudice di rinvio in caso di vizi di motivazione sulla responsabilità civile in presenza di una declaratoria di estinzione del reato.
7. Giova, ancora, evidenziare che strettamente connessa al tema in esame è la questione relativa al sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza impugnata in presenza di una causa di estinzione del reato, atteso che il venir meno della competenza promiscua (penale e civile) attribuita al giudice penale in conseguenza della costituzione di parte civile determina – secondo l’orientamento in favore del rinvio al giudice civile ex art. 622 cod. proc. pen. -la piena operatività del principio di economia, che vieta il permanere del giudizio in sede penale in mancanza di un interesse penalistico della vicenda.
A proposito di tale questione si registra una prima decisione delle Sezioni Unite relativa alla disciplina di cui all’art. 152 del previgente codice di rito: secondo Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992, dep. 1993, Marino, Rv. 192471, in presenza di una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza in quanto l’inevitabile rinvio della causa all’esame del giudice di merito dopo la pronunzia di annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato, stabilito dal primo comma del citato art. 152.
Sull’impostazione accolta dalle Sezioni Unite Marino si è consolidato un indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità di cui sono espressione Sez. U, n. 25412 del 03/02/1995, Proietti, non massimata sul punto; Sez. U, n. 43055 del 30/09/2010, Dalla Serra, non massimata sul punto; nonché, come si è già notato, Sez. U, n. 35490 del 2009, Tettamanti.
8. L’annullamento della sentenza impugnata da parte della Corte di cassazione con rinvio al giudice civile relativamente ai capi della sentenza che concernono l’azione civile ha precedenti risalenti nel tempo.
8.1. Assente nel codice del 1865 (che all’art. 675 prevedeva nel suddetto caso un rinvio al giudice penale), la previsione compare già nel codice Finocchiaro Aprile del 1913, che, all’art. 525, così recita: “Se la corte di cassazione annulla solamente le disposizioni o i capi della sentenza che concernono l’azione civile, proposta a norma dell’art. 7 [relativo appunto all’azione civile esercitata nel processo penale], rinvia la causa al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l’annullamento abbia per oggetto una sentenza della corte di assise”.
8.2. Nel codice Rocco del 1930, la previsione, che non ha formato oggetto di specifica considerazione nella relazione, è stata mantenuta nell’art. 541, che così recita: “(Annullamento delle sole disposizioni civili della sentenza).- La corte di cassazione, se annulla solamente le disposizioni o i capi della sentenza che riguardano l’azione civile proposta a norma dell’art. 23 [relativo all’esercizio dell’azione civile nel processo penale], rinvia la causa quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello anche se l’annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile”.
Come si vede, rispetto al testo del codice Finocchiaro Aprile, la disposizione differisce solo per l’inciso “quando occorre” (che evidentemente allude ai casi in cui dall’accoglimento del ricorso possa conseguire un annullamento senza rinvio) e per la precisazione, di mera natura formale, che l’annullamento al giudice civile di appello va disposto anche se si tratta di sentenza inappellabile, in luogo della precedente che si riferiva al caso di annullamento di sentenza della corte di assise, che nel sistema del codice del 1913 era inappellabile.
8.3. Nel codice vigente, l’art. 622 così recita: “(Annullamento della sentenza ai soli effetti civili). – 1. Fermi gli effetti penali della sentenza, la corte di cassazione, se annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l’azione civile ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato, rinvia quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello anche se l’annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile”.
A parte irrilevanti elementi espressivi, la norma vigente differisce da quella corrispondente del codice di 1930 per l’inciso iniziale “Fermi gli effetti penali della sentenza” e per l’inserimento aggiuntivo della locuzione “ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro il proscioglimento dell’imputato”.
Questa norma è del tutto corrispondente, anche formalmente, a quella che figurava nel Progetto preliminare del 1978 (sotto l’art. 586), e nella Relazione al Progetto preliminare del 1988 si osserva (ripetendo quanto già contenuto della relazione al precedente progetto del 1978) che l’art. 622 “detta disposizioni analoghe a quelle dell’attuale art. 541, aggiungendo il caso di accoglimento del ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato: quando la corte di cassazione annulla la sentenza per i soli effetti civili, l’eventuale giudizio di rinvio – fermi restando gli effetti penali – si svolgerà davanti al giudice civile competente in grado di appello, anche se l’annullamento riguarda una sentenza inappellabile”.
8.4. Ai fini di una corretta interpretazione dell’art. 622, deve peraltro tenersi conto della previsione dell’art. 578, che non trovava corrispondenza né nel codice Rocco né nel Progetto preliminare del 1978 e che venne per la prima volta introdotta, nella vigenza del precedente codice, dall’art. 12 della legge 3 agosto 1978, n. 405.
In base a questa norma, qualora nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna al risarcimento dei danni a favore della parte civile, “il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili”; ed è proprio sul difetto di motivazione in ordine alla conferma delle statuizioni civili che verte il presente ricorso per cassazione.
È da notare che nel Progetto preliminare del 1988, sotto l’articolo corrispondente all’attuale art. 578, compariva un ulteriore comma, del seguente tenore: “2. La sentenza con la quale il giudice di appello o il giudice di rinvio, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o prescrizione, decide sull’azione civile, può essere impugnata mediante ricorso per cassazione. In ogni caso, la corte di cassazione, quando pronuncia l’annullamento con rinvio, provvede a norma dell’art. 622”.
Tale comma venne soppresso in sede di Progetto definitivo sulla base dei rilievi espressi dalla Corte di cassazione, secondo cui: “Nella formulazione della seconda parte del comma non si è considerato che la sentenza prevista nella prima parte dello stesso comma può essere impugnata anche sul punto concernente la dichiarazione di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione. In caso di annullamento su tale punto la Corte di cassazione non potrà evidentemente disporre il rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, come invece prescrive l’art. 622, richiamato nella norma. Poiché il problema trova la sua completa soluzione nelle disposizioni contenute negli artt. 622 e 623, la norma, oltre ad essere impropriamente formulata, appare del tutto superflua”.
9. Venendo ora alla risoluzione della questione controversa, occorre partire dalla considerazione che, come si è visto, secondo la costante giurisprudenza, in presenza di una causa di estinzione del reato, anche se il giudice di merito non compie alcuna valutazione sulla esistenza di cause di proscioglimento nel merito, la sentenza non può essere annullata con rinvio (agli effetti penali), perché lo vieta l’art. 129, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992, Marino; Sez. U, n. 1827 del 03/02/1995, Proietti; Sez. U n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti; Sez. U, n. 43055 del 30/09/2010, Dalla Serra).
Questa ipotesi comunque non ricorre nel caso in esame, perché la Corte di appello, dopo avere rilevato che i reati contestati erano prescritti, ha escluso, motivatamente, che potesse delinearsi “una evidente estraneità dell’appellante al fatto-reato contestatogli o una insussistenza del medesimo”; con ciò rispettando formalmente quanto previsto dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen..
D’altro canto l’imputato ricorrente non si duole della statuizione sui capi penali (declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione), limitandosi a censurare la sentenza di appello limitatamente all’omesso esame di motivi di impugnazione che avrebbero in tesi dovuto condurre alla esclusione della responsabilità civile.
La sentenza Sez. U, Tettamanti, seguita da costante giurisprudenza (tra le ultime, Sez. 3, n. 6261 del 12/01/2010, Campolongo, Rv. 246187; Sez. 6, n. 4855 del 07/01/2010, Damiani, Rv. 246138; Sez. 6, n. 3284 del 25/11/2009, dep. 2010, Mosca, Rv. 245876), afferma però che, pur in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice della impugnazione, nel decidere su questa agli effetti della responsabilità civile a norma dell’art. 578 cod. proc. pen., ne deve conseguentemente trarre le relative conclusioni con riguardo al capo relativo alla responsabilità penale. Tuttavia questa giurisprudenza non si estende ad affermare che sia inficiata la declaratoria di estinzione del reato per il fatto che il giudice di appello abbia omesso di considerare approfonditamente il profilo relativo alla responsabilità civile.
Le stesse decisioni che sostengono la tesi dell’annullamento con rinvio davanti al giudice penale, affermano ciò con esclusivo riferimento al capo relativo all’affermazione della responsabilità civile, ferma restando la declaratoria di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione.
Potrebbe semmai trarsi da questi principi giurisprudenziali, ed anzi direttamente dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., l’assunto per cui, in presenza di un positivo accertamento da parte del giudice di appello di un’assenza di responsabilità civile che riverberi necessariamente i suoi effetti sul capo relativo alla responsabilità penale, la Corte di cassazione, investita del ricorso dell’imputato che attenga anche al capo penale, dovrebbe annullare senza rinvio la declaratoria di estinzione del reato, assolvendo l’imputato con la formula implicata dall’accertamento operato dal giudice di appello.
10. Il mancato approfondito esame del capo relativo alla responsabilità civile, pur integrando un vizio di motivazione potenzialmente idoneo a incidere indirettamente sul capo della responsabilità penale, è però distinto da questo, e la fattispecie trova completa disciplina nell’art. 622 cod. proc. pen., che si riferisce senza eccezione ai casi di annullamento di capi (o disposizioni) riguardanti la responsabilità civile.
È il caso di precisare che per “capo” si intende quello relativo all’affermazione della responsabilità civile e per “disposizione” quella che si riferisce alle statuizioni accessorie, come quella della liquidazione del danno. Sono statuizioni accessorie anche quelle relative alla liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile, con riferimento alle quali Sez. U, n. 40228 del 14/07/2011, Tizzi, Rv. 250680 ha avuto modo di precisare che se “l’imputato non ha formulato censure in ordine alla omessa compensazione delle spese né alla sussistenza di giusti motivi per provvedere in tale senso (art. 541 cod. proc. pen.) […], l’annullamento va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 cod. proc. pen., dovendosi in tale sede discutere solo del quantum”.
Nella specie proprio il capo relativo alla responsabilità civile è implicato, perché il giudice a quo, nel confermare la statuizione dell’affermazione di responsabilità civile (sia pure non facendone espressa menzione – come invece sarebbe stato doveroso – in dispositivo), si è erroneamente limitato ad applicare la regola di giudizio dell’art. 129 cod. proc. pen., non considerando che i motivi di appello avrebbero dovuto essere esaminati compiutamente ai fini civilistici.
Deve dunque concludersi che il presente ricorso non è idoneo a incidere sul capo penale della sentenza; quello appunto relativo alla declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione.
11. Non pare avere fondamento l’affermazione ricorrente nelle pronunce che sostengono la tesi secondo cui nella fattispecie qui considerata dovrebbe essere disposto l’annullamento con rinvio davanti al giudice penale per la ragione che l’art. 622 cod. proc. pen. presuppone un definitivo accertamento della responsabilità penale: invero tale disposizione si limita nel suo incipit a contenere l’inciso “Fermi gli effetti penali della sentenza”, senza che ciò implichi un riferimento a un “accertamento” della responsabilità penale. E tra gli “effetti penali della sentenza” rientrano certamente quelli scaturenti da una declaratoria di estinzione del reato.
Sembra che la giurisprudenza che subordina l’operatività dell’art. 622 cod. proc. pen. al definitivo accertamento della responsabilità penale sia influenzata dal retro-pensiero per cui se, nel caso qui considerato, il giudice di appello avesse correttamente osservato la disposizione dell’art. 578 cod. proc. pen., attraverso il pieno accertamento nel merito dei fatti, sia pure ai fini della responsabilità civile, si sarebbe potuto in ipotesi pervenire ad escludere, oltre alla responsabilità civile, anche la responsabilità penale (in linea con quanto affermato da Sez. U Tettamanti, cit.), e questo sarebbe un accertamento di esclusiva spettanza del giudice penale.
L’annullamento con rinvio al giudice penale terrebbe dunque aperta questa strada.
In realtà questa via non può essere considerata percorribile in presenza di un ricorso dell’imputato che, come nel caso oggetto del presente ricorso, investa solo il capo relativo all’affermazione della responsabilità civile, restando così preclusa, in virtù del principio devolutivo, ogni incidenza sul capo penale, su cui è stata espressa una decisione irrevocabile.
Ma pure quando l’imputato nel suo ricorso ritenga di investire formalmente, di riflesso, anche il capo penale, le conseguenze non sarebbero diverse, posto che il ricorso, su questo aspetto, dovrebbe essere ritenuto inammissibile, in virtù del principio, in particolare affermato, come visto, dalla sentenza Tettamanti, secondo cui in presenza dell’accertamento di una causa di estinzione del reato non sono deducibili in sede di legittimità vizi di motivazione che investano il merito della responsabilità penale. Ammettere una riapertura del tema penale solo per effetto della incidenza che su esso potrebbe in via di mera ipotesi determinare la rivisitazione dell’accertamento sulla responsabilità civile equivarrebbe a stravolgere finalità e meccanismi decisori della giustizia penale in dipendenza da interessi civilistici ancora sub judice, che devono essere invece isolati e portati all’esame del giudice naturalmente competente ad esaminarli.
È certamente vero che in situazioni come queste non vi sarebbe rimedio, in sede penale, alla inosservanza da parte del giudice a quo di precisi doveri impostigli dalla legge. Ma non diversa considerazione dovrebbe trarsi anche qualora il giudice non abbia adeguatamente motivato sulla sussistenza dei presupposti di proscioglimento nel merito a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen..
Si tratta di evenienze certamente censurabili sotto il profilo deontologico, ma che non possono condurre a una ricostruzione della disciplina in termini che si porrebbero in netto contrasto con il chiaro dettato dell’art. 622 cod. proc. pen., ispirato alla esigenza, come avvertivano incisivamente autorevoli commentatori all’art. 525 cod. proc. pen. del 1913, archetipo della norma qui in esame, secondo cui “annullando il capo di sentenza oggetto per sua natura alla giurisdizione civile, in circostanza nella quale non ha luogo alcun proseguimento dell’azione penale, la corte di cassazione non può [fare] a meno di restituire la cognizione in sede di rinvio […] all’organo giudiziario cui appartiene naturalmente”.
A diversa conclusione non può condurre neppure la considerazione che la disciplina che rinvia al giudice civile ogni questione superstite sulla responsabilità civile nascente dal reato rende inevitabile l’applicazione delle regole e delle forme della procedura civile, che potrebbero ritenersi meno favorevoli agli interessi del danneggiato dal reato rispetto a quelle del processo penale, dominato dall’azione pubblica di cui può ben beneficiare indirettamente il danneggiato dal reato. Si tratta però di evenienza che il danneggiato può ben prospettarsi al momento dell’esercizio dell’azione civile nel processo penale, di cui conosce preventivamente procedure e possibili esiti, comprese le eventualità che in presenza di cause di estinzione del reato o di improcedibilità dell’azione penale venga a mancare un accertamento della responsabilità penale dell’imputato e che in caso di translatio judici l’azione per il risarcimento del danno debba essere riassunta davanti al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Resta naturalmente fermo che, in presenza di un danno da reato, il danneggiato, in sede di rinvio, può sollecitare davanti al giudice civile anche il riconoscimento del danno non patrimoniale, negli ampi termini definiti dalla giurisprudenza civile (per tutte, da ultimo, Sez. U civ., n. 26972 del 11/11/2008, Rv. 605490 e 605491).
Sul versante delle aspettative dell’imputato, poi, il perseguimento dell’interesse a un pieno accertamento della sua innocenza, anche ai fini della responsabilità civile, può ben essere assicurato dall’opzione di rinuncia alla prescrizione (art. 157, comma settimo, cod. pen.) o all’amnistia (ex Corte cost., sent. n. 175 del 1971).
Va infine osservato, per completezza, che l’ampia dizione dell’art. 622 cod. proc. pen. non ammette distinzioni di sorta in relazione alla natura del vizio che inficia le statuizioni civili assunte dal giudice penale; che potranno riguardare sia vizi di motivazione in relazione ai capi o ai punti oggetto del ricorso sia violazioni di legge, comprese quelle afferenti a norme di natura procedurale, relative al rapporto processuale scaturente dall’azione civile nel processo penale.
12. Va conseguentemente enunciato il seguente principio di diritto:
“In ogni caso in cui il giudice di appello abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato (o per intervenuta amnistia), senza motivare in ordine alla responsabilità dell’imputato ai fini delle statuizioni civili, a seguito di ricorso per cassazione proposto dall’imputato, ritenuto fondato dalla corte di cassazione, deve essere disposto l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 cod. proc. pen.”.
È appena il caso di precisare che un problema di applicabilità dell’art. 622 cod. proc. pen. non si pone nei casi di pronuncia da parte del giudice di appello di sentenza di non luogo a procedere per mancanza di una condizione di procedibilità; e ciò in quanto in simile ipotesi non viene in questione né il disposto dell’art. 129, comma 2, né quello dell’art. 578 cod. proc. pen..
13. Ciò posto, venendo all’esame del merito del ricorso, va osservato che, come già sommariamente anticipato, la Corte di appello, dopo avere precisato che “la rappresentazione dei fatti resa dalle due vittime non soltanto si profila concorde sui presupposti di fatto e sulla dinamica sviluppatasi in conseguenza, ma appare anche indicativamente suffragata dalle parziali ammissioni dello stesso imputato, nonché dall’esaustiva escussione della teste di riferimento Sorci Rosaria, segnatamente sulla successione cronologica dei fatti e sul reale atteggiamento assunto dai contendenti”, ha osservato conclusivamente che “dagli elementi di convincimento esaminati e valutati dal primo giudice, come sopra richiamati, non si delinea una evidente estraneità dell’appellante al fatto-reato contestatogli o una insussistenza del medesimo”.
Una simile motivazione, significativamente incentrata sul giudizio di non “evidente estraneità” dell’imputato ai fatti, non ha tenuto conto in alcun modo degli articolati e puntuali rilievi svolti nell’atto di appello, con cui si contestava l’attendibilità delle fonti testimoniali e si criticava l’esatto inquadramento giuridico dei fatti nelle fattispecie contestate; con ciò delineandosi un difetto di argomentazione sulla responsabilità dell’imputato, sia pure ai fini civilistici, in violazione dell’art. 578 cod. proc. pen..
14. Per le considerazioni sopra svolte, la sentenza impugnata va dunque annullata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello a norma dell’art. 622 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.
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