Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza n. 20310 del 4 settembre 2013
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Calabria, con sentenza n. 106/10/2006, depositata il 5.10.2006, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza che dichiarava la legittimità del fermo amministrativo dell’autovettura del contribuente, disposto a seguito del mancato pagamento della cartella ICIAP, relativa all’anno 1990.
Proponeva ricorso per cassazione il contribuente deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione degli articoli 17, 7, 6 l. 27/7/2000, numero 212 ( statuto dei diritti del contribuente) in relazione all’art. 360, numero tre, c.p.c., non avendola la CTR rilevato il vizio di motivazione del provvedimento amministrativo impugnato;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 50, comma due, del d.p.r. 602/1973, in relazione all’art. 360, numero tre, c.p.c. non essendo iniziata l` espropriazione forzata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento e non essendo stato notificata l’ intimazione ad adempiere;
c) omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, numero cinque, c.p.c., con riferimento alla mancata produzione degli atti prodromici al provvedimento impugnato (cartelle di pagamento).
d) violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2948 c.c., in relazione all’art. 360, numero tre, c.p.c., non essendosi la sentenza impugnata pronunciata sull’eccezione di prescrizione sollevata nel ricorso introduttivo.
Il comune di Rende si costituiva con controricorso. Il contribuente depositava memoria.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 17.7.2013, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi dell decisione
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo di ricorso è stato disatteso dalla Ctr che ha evidenziato come la cartella esattoriale fosse stata emanata a seguito della regolare notifica al contribuente dell’avviso di accertamento non impugnato,ritenendo, implicitamente, sufficiente la motivazione della cartella contenente i requisiti previsti dalla legge al ñne di consentire al contribuente la comprensione della pretesa tributaria.
Anche il secondo motivo è infondato.
Le SS.UU. di questa Corte hanno puntualizzato che il fermo amministrativo, pur essendo atto funzionale alfespropriazione forzata (Cass. 2053706), è, tuttavia, riferibile a procedura diversa ed estranea ad essa (v. 10672/09, 14831/08), trattandosi di atto funzionale a portare a conoscenza del debitore la pretesa de1l’Amministrazione finanziaria, non essendo inserito, come tale, nella sequenza procedimentale dellesproprìazione forzata; pertanto, il concessionario non deve provvedere alla preventiva notifica dell’avviso contenente 1’intimazione ad adempiere Pobbligazione risultante dal ruolo ex art. 50, comma secondo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, disposizione, questa, applicabile solo nel circoscritto ambito de1l’esecuzione forzata (Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. 26052 dei 05/12/2011).
Il terzo motivo è inammissibile, posto che si deduce un vizio della motivazione in diritto della sentenza impugnata, laddove il difetto di motivazione denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ai sensi de11’art. 360 c.p.c., n. 5, può concemere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione delle norme giuridiche, atteso che, ove il giudice di merito abbia correttamente deciso le questioni di diritto sottoposte al suo esame, ancorché fornendo una motivazione insufñciente, illogica o contraddittoria, il giudice di legittimità può, nell’esercizio del potere correttivo attrìbuitogli dall’art. 384 c.p.c., sostituire, integrare o emendare la sentenza impugnata, con la conseguenza che il vizio di motivazione su di tma questione di diritto deve ritenersi irrilevante (ai fini della cassazione della sentenza), qualora il giudice di merito sia comunque pervenuto ad una esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame, dovendo peraltro in ogni caso aggiungersi che, anche ove il giudice di merito non sia pervenuto ad una corretta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame, è configurabile il vizio di violazione o falsa applicazione di nomia di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (e dalla sua correttezza eto completezza), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata (v. tra numerose altre Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14786 del 05/07/2011; Cass. n. 22348 del 2007; n. 22010 del 2007; n. l5764 del 2004; n. 14630 del 2000 e n. 12753 del 1999).
ll quarto motivo è inammissibile per la non corretta formulazione del quesito di diritto che deve essere redatto, ai sensi dcl1’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, cosi da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.
Nella specie, il quesito è stato cosi formulato: “se è da ritenersi prescritta ogni pretesa dell’ente creditore per ta causate di cui ai provvedimento impugnato (ICIAP hanno 1990) e/o detta stessa deve considerarsi decaduta da ogni potere impositivo in relazione alla medesima causate (Iciap anno 1990)”.
Non vengono, in particolare, specificate le date di notifica dei provvedimenti da cui avrebbe avuto inizio la decorrenza del termine di prescrizione o decadenza ed è, quindi, insufficiente a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (cfr. Corte cass. SU 30.10.2008 n. 26020; id. SU 2.12.2008 n. 28536; id. sez. lav. 25.3.2009 n. 7197 id. III sez. 25.5.2010 n. 12712) il motivo difetta anche di autosufficienza non essendo stati prodotti tutti i documenti da cui poter desumere la correttezza della censura.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in 6.600 per compensi professionali, € 200 per spese, oltre iva e CPA
Così deciso in Roma, il 17.7.2013
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