Suprema Corte di Cassazione

Sezione VI

sentenza del 25 maggio 2012, n. 20212

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cremona, ha proposto appello (convertito in ricorso per cassazione) avverso la sentenza ex art. 425 cod. proc. pen. dell’11 novembre 2010, del G.U.P. presso il Tribunale di Cremona, pronunciata nei confronti di L.G., prosciolto perchè il fatto non costituisce reato dall’imputazione ex art. 624 bis cod. pen., per aver sottratto, dall’abitazione della guardia giurata, addetta al servizio di vigilanza e sicurezza della locale Procura, la rubrica telefonica, contenente l’elenco completo dei numeri telefonici riservati dei magistrati del P.M., rubrica restituita dallo stesso imputato con la giustificazione che la stessa era “rimasta attaccata ai documenti che egli aveva con sè in occasione di un suo accesso alla Procura”.
L’episodio, che il G.U.P. definisce “banale”, viene dalla gravata sentenza inquadrato in tre possibili ipotesi: 1) “inavvertito” impossessamento ad opera del ricorrente, come da lui sostenuto; 2) “consapevole” sottrazione, seguita da immediata restituzione, qualificabile come furto d’uso, a seguito della “celere restituzione”, condotta di reato per la quale è mancata la querela;
3) condotta realizzata in quanto sorretta dalla “scriminante putativa” costituita dal “diritto che egli – nella sua complessiva situazione psicologica- sentiva di poter parlare con coloro che disponevano di procedimenti tanto importanti per la sua persona”. Da ciò la conclusione del difetto dell’elemento soggettivo del reato o della non punibilità della condotta.
Il Procuratore della Repubblica nella sua impugnazione nata come appello, evidenzia che nella specie era inibito al L., per disposizione scritta del Procuratore della Repubblica, l’accesso al corridoio che consentiva di entrare nelle stanze dei magistrati e che l’episodio, del l’impossessamento della rubrica telefonica, contenente “l’elenco completo dei numeri telefonici riservati dei magistrati”, andava inquadrato nella sistematica attività illecita, assunta dall’imputato nei confronti dei componenti la Procura della Repubblica considerata “organo colluso” con un locale Istituto di Credito, con conseguente insostenibilità logica del difetto di intenzionalità prospettato dal G.U.P..
Il motivo, pur nei limiti del mezzo erroneamente utilizzato (appello e non ricorso), è fondato e la gravata sentenza va annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Cremona.
Premesso che la sentenza di non luogo a procedere ha un carattere prevalentemente processuale e non di merito, il giudice dell’udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p., in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa approdare ad una soluzione conforme alla prospettazione accusatoria.
In tale quadro occorre peraltro precisare:
a) che la sentenza di non luogo a procedere esprime una valutazione prognostica negativa circa l’eventuale condanna in giudizio e non un convincimento intorno ad un accertamento svolto ai fini di una possibile condanna (Cass. pen. sez. 2, 28743/2010 Rv. 247860);
b) che soltanto una prognosi di inutilità del dibattimento relativa alla evoluzione, in senso favorevole all’accusa, del materiale probatorio raccolto – e non un giudizio prognostico in esito al quale il giudice pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato – può condurre ad una sentenza di non luogo a procedere(Cass. pen. sez. 5, 22864/2009 Rv. 244202);
c) che pertanto non rientra nel potere del giudice effettuare un giudizio prognostico in esito al quale si formuli una valutazione di innocenza dell’imputato, in quanto il parametro di riferimento non è “l’innocenza” ma “l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio” (Cass. Pen. sez. 4, 26410/2007, Rv. 236800).
Orbene, nella specie, a tali regole non si è attenuto il G.U.P. del provvedimento impugnato il quale, pur non trovandosi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, ha ritenuto di prosciogliere l’imputato, omettendo di considerare, come dianzi precisato, che soltanto una prognosi di inutilità del dibattimento (relativa alla evoluzione, in senso favorevole all’accusa, del materiale probatorio raccolto) e non invece un giudizio prognostico, in esito al quale il giudice pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato, può condurre ad una sentenza di non luogo a procedere (cfr. ex plurimis:
cass. pen. sez. 5, 22864/2009 Rv. 244202).

La gravata sentenza va quindi annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Cremona.

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Cremona.

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