Il testo integrale
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 9 luglio 2013 n. 29338[1]
La concessione – legittima – avrebbe dovuto essere rilasciata e consegnata nei contesti formali consueti e fisiologici, mentre la subordinazione di tale rilascio/consegna alla stipula (e con caparra) di un contratto di appalto per l’esecuzione del lavori oggetto della concessione con un soggetto non scelto dal committente ma imposto dal pubblico ufficiale (ed alle condizioni economiche poste dall’appaltatore) ha costituito all’evidenza la prospettazione di un oggettivo danno ingiusto, idoneo a condizionare la vittima, come effettivamente giudicato da entrambi i Giudici dei merito.
La mera diversa intensità della pressione psicologica sul soggetto passivo non può assurgere ad elemento discriminante, proprio perché ‘strutturalmente’, intrinsecamente inidonea: ciò che rileva non è il modo, ma li contenuto intrinseco di quanto si prospetta al soggetto passivo che non assecondi la volontà del pubblico agente.
Assume … sufficiente e chiara efficacia discriminante il ‘tipo’ di male prospettato dal pubblico ufficiale al cittadino. Tale male può essere caratterizzato da una ingiustizia oggettiva: è il caso del male comunque non dovuto, del danno ingiustificato; ovvero può essere caratterizzato da una ingiustizia solo percepita soggettivamente è il caso delle conseguenze negative tuttavia conformi a previsioni di legge, che vengano prospettate strumentalmente e con abuso della posizione dominante.
Mentre nel primo caso la prospettazione (che è minaccia la cui ‘intensità’ diviene irrilevante) del danno oggettivo e ingiusto/lngiustificato ‘mette sostanzialmente la vittima con le spalle ai muro’, integrando pertanto un abuso costrittivo, nel secondo la non oggettiva ingiustizia del danno e, conseguentemente, la partecipazione del destinatario della sollecitazione pure particolarmente invasiva ad un vantaggio personale, lascia al destinatario spazi di autonoma possibilità di determinazione orientati anche da una valutazione del rapporto costo/beneficio personale. Rapporto che, per l’assoluta ingiustizia del danno, è insussistente nel primo caso, nel quale il concusso non ha alcuna ragione di dare o promettere alcunché al pubblico ufficiale, o ad altri da lui indicato, che non sia la costrizione di quello nei suoi confronti
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