Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 25 agosto 2014, n. 36125
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGINIO Adolfo – Presidente
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere
Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1105/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del 14/03/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi per le parti civili l’avv.to (OMISSIS) (P.C. in sostituzione avv. (OMISSIS) e (OMISSIS);
Uditi i difensori (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS) e avv. (OMISSIS) per (OMISSIS).
2. (OMISSIS) deduce violazione dell’articolo 323 cod. pen., e vizio di motivazione, poiche’ l’intenzione di arrecare un ingiusto danno alla dottoressa (OMISSIS), che sarebbe, secondo la Corte, il filo conduttore che lega tutte le condotte, non e’ contestata come oggetto del dolo intenzionale ma come conseguenza indiretta della condotta degli imputati, contestata invece come intenzionalmente finalizzata ad arrecare un ingiusto vantaggio patrimoniale all’ing. (OMISSIS). Il (OMISSIS) non era comunque consapevole di tale asserita intenzione, poiche’ egli intervenne nella gestione del Consorzio, quale Presidente, per un periodo di tempo assai limitato (dal (OMISSIS)) e si preoccupo’ di inserire all’ordine del giorno di tutte le riunioni del Consiglio direttivo dell’Ente la questione della nomina del dirigente generale. Non e’ certo responsabilita’ del (OMISSIS) se il Consiglio direttivo rinvio’ sempre ogni determinazione. Anche la persona offesa ha escluso la sussistenza di un accordo tra l’On. (OMISSIS) e il Consiglio direttivo. Peraltro,la motivazione a conforto del ritenuto sviamento di potere si basa su un richiamo a tutta una serie di provvedimenti e di condotte cui (OMISSIS) non partecipo’ affatto perche’ o erano anteriori al suo insediamento, come la mancata ottemperanza all’ordinanza del Tar, che imponeva l’approvazione della graduatoria che vedeva vincitrice la (OMISSIS), ed addirittura la revoca in autotutela della medesima (fatti ascrivibili al (OMISSIS)); o erano successivi alle sue dimissioni, trattandosi della mancata ottemperanza alla Delib. del Tar n. 271/9, depositata il 20 febbraio 2008. La Corte territoriale non spiega poi per quale motivo non debba essere considerato legittimo e comprensibile che il (OMISSIS) si sia rivolto a un avvocato di sua fiducia, che potesse aiutarlo ad orientarsi nella complessa questione concernente la (OMISSIS), tanto piu’ che la pubblica amministrazione conserva piena discrezionalita’, sull’an e sul quando, in ordine all’assunzione di chi ha vinto una graduatoria, non essendo configurabile un diritto soggettivo del vincitore. Ragion per cui non e’ ravvisabile il requisito dell’ingiustizia del danno e del vantaggio poiche’ entrambi sono conseguenti ad un atto legittimo e comunque deriverebbero, in tesi, il carattere di ingiustizia soltanto dalla pretesa illegittimita’ dell’atto amministrativo da cui scaturiscono.
D’altronde, l’avvocato (OMISSIS) prospetto’ la possibilita’ di nominare un esperto esterno al consorzio come una soluzione di buon senso, tendente ad affrontare, in breve tempo e con l’urgenza che la situazione di stallo richiedevate questioni piu’ importanti e impellenti. L’obbligo di assunzione venne imposto solo con l’ordinanza del Tar n. 271/08, depositata il 20 febbraio 2008 e quindi successivamente alle dimissioni del (OMISSIS), mentre l’obbligo imposto con l’ordinanza del Tar n. 501/06 concerneva esclusivamente l’approvazione della graduatoria e in relazione a cio’ il (OMISSIS) e’ stato assolto.
2.1. Con ulteriore censura, si deduce violazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 7, comma 6, e articolo 7, in quanto le funzioni attribuite al (OMISSIS) erano del tutto diverse da quelle di competenza del direttore generale perche’ inerivano a singole e specifiche operazioni, di natura tecnica, e non al coordinamento generale dell’attivita’ dell’ Ente. Sussistevano anche i requisiti sulla base dei quali ritenere legittima una deroga alla normativa di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 7, comma 6 bis, attesa la situazione di urgenza nella quale versava il Consorzio, all’epoca in cui il (OMISSIS) vi si insedio’.
2.2.Con l’ultimo motivo, si lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di prendere in esame lo specifico motivo di appello con il quale era stata evidenziata la limitatissima attivita’ svolta dal (OMISSIS), irrogando una pena identica a quella comminata al (OMISSIS), che ha esplicato, nella vicenda, un ruolo certamente piu’ complesso e ampio.
3. (OMISSIS) deduce mancanza della qualita’ di pubblico ufficiale, al momento dell’approvazione della Delib. 20 settembre 2007, n. 14/CD che costituisce oggetto della contestazione e mediante la quale e’ stato deliberato l’incarico all’ing. (OMISSIS), giacche’, nella medesima seduta, era stato revocato l’incarico di dirigente generale f.f. al (OMISSIS), che mantenne la propria presenza in Consiglio solo in veste di segretario ed espresse un parere facoltativo e non vincolante, senza avere alcun diritto di voto. Comunque la Delib. perseguiva un interesse pubblico, conferendo incarico ad un professionista scelto tra le massime autorita’ nazionali nel campo delle infrastrutture e dei trasporti. Manca comunque un danno ingiusto sia nei confronti dell’Ente che dell’avv. (OMISSIS), cosi’ come un ingiusto vantaggio per il (OMISSIS). Ingiustificatamente poi la Corte d’appello non ha preso in considerazione la documentazione acquisita, che dimostrava come, all’epoca della nomina dell’ing. (OMISSIS), i posti riservati alle professionalita’ di natura tecnica risultassero in massima parte vacanti, onde non sarebbe stato possibile fronteggiare le esigenze di gestione tecnica dell’Ente affidandosi in via esclusiva al personale in organico. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Le doglianze e le argomentazioni formulate dal (OMISSIS) sono state ribadite e ulteriormente illustrate con memoria presentata il 6 maggio 2014, corredata da copia della sentenza di assoluzione, emessa dal Tribunale di Messina, il 10 dicembre 2013, per gli stessi fatti oggetto della presente regiudicanda, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Le parti civili, (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), e (OMISSIS), hanno chiesto il rigetto del ricorso e la conferma delle statuizioni civili emesse in loro favore.
2. Anche la seconda e la terza censura sono infondate. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che, anche alla luce della novella del 2006, il controllo del giudice di legittimita’ sui vizi della motivazione attenga pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia l’oggettiva “tenuta” sotto il profilo logico-argomentativo e quindi l’accettabilita’ razionale del provvedimento, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. Sez. 3, 27-9-2006 n. 37006, Piras, Rv. 235508; Cass. Sez. 6, 6-6-2006 n. 23528, Bonifazi, Rv. 234155). Ne deriva che il giudice di legittimita’, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento, atteso che l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non consente alla Corte di cassazione una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimita’, che e’ giudice della motivazione e dell’osservanza della legge, non puo’ divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo e’ riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della logicita’ della motivazione (cfr, ex plurimis, Cass. Sez. 3 n. 8570 del 14-1-2003, rv. 223469; Cass. Sez. fer., 3/9/04 n. 36227, Rinaldi, Guida al dir., 2004 n. 39, 86; Cass. sez. 5 5/7/04 n. 32688, Scarcella, ivi, 2004, n. 36, 64; Cass. Sez. 5, 15/4/2004 n. 22771, Antonelli, ivi, 2004 n. 26, 75).
2.1. Nel caso in disamina, la Corte d’appello ha evidenziato che, sebbene fosse stata emessa l’ordinanza n. 4309/2007, con la quale il TAR di Catania aveva rigettato il ricorso del (OMISSIS), sancendo ancora una volta la legittimita’ della graduatoria concorsuale, il neo-eletto Presidente, (OMISSIS), accortosi della vacanza del posto di dirigente generale, anziche’ porre fine alla infinita sequela di illegalita’ commesse fino a quel momento, aveva richiesto, come se le pronunce giudiziali – da ultimo, con la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica – e le indicazioni del Commissario ad acta non fossero state sufficientemente chiare, un parere motivato all’avv. (OMISSIS). Per di piu’, di questo parere veniva del tutto ignorata la parte in cui il legale segnalava la necessita’, onde procedere alla nomina del dirigente generale, di avvalersi della graduatoria approvata dal Commissario ad acta, con salvezza comunque delle determinazioni da assumere all’esito del contenzioso in atto. Veniva invece valorizzato solo l’inciso conclusivo del parere, nel quale il legale, completando il ventaglio delle possibilita’, prospettava anche l’opzione di avvalersi, per la soluzione di pratiche di particolare complessita’ e importanza, di consulenti esterni di comprovata professionalita’. Tuttavia, veniva rappresentata, in relazione a tale soluzione, l’opportunita’ di investire della questione l’Assessorato regionale competente, sottolineando la delicatezza e la rilevanza della vicenda. Peraltro, gli accordi tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), sebbene formalizzati dopo la presentazione del predetto parere, che pervenne al CAS il 5 settembre 2007, intercorsero in epoca precedente ad essa, ove si consideri che il (OMISSIS) trasmise al (OMISSIS) il fax, con il proprio curriculum, gia’ l’11 luglio 2007.
2.2. In merito alla questione inerente alla natura della situazione giuridica soggettiva da ravvisarsi in capo al vincitore del concorso, la Corte d’appello ha evidenziato come essa sia inconferente poiche’ gia’ dal parere formulato dall’avvocato (OMISSIS) emergeva, correttamente, che l’obbligo giuridico di nominare la dr.ssa (OMISSIS) dirigente generale del Consorzio non discendeva piu’ dalla classificazione di quest’ultima al primo posto della graduatoria concorsuale ma piuttosto dall’esplicito ordine impartito, in tal senso, al Consorzio dal giudice amministrativo e, di seguito, dai provvedimenti del Commissario ad acta. A cio’ va aggiunto, in questa sede, che, quand’anche volesse riconoscersi al riguardo, in capo alla pubblica amministrazione, un ambito di discrezionalita’, l’esercizio distorto di quest’ultima, al fine di recare a taluno ingiusto danno, integra pur sempre il reato di cui all’articolo 323 cod. pen., Sez. U. 29-9-2011 n. 155, Rossi (Rv. 251498), ha infatti affermato che sussiste il requisito della violazione di legge non solo allorche’ la condotta del pubblico ufficiale si esplichi in contrasto con le norme che regolano l’esercizio del potere ma anche quando essa risulti orientata esclusivamente alla realizzazione di un interesse collidente con quello per il quale il potere e’ attribuito, realizzandosi, in tale ipotesi, il vizio dello sviamento di potere, che integra la violazione di legge poiche’ il potere non viene esercitato secondo lo schema normativo che ne legittima l’attribuzione. Il reato di abuso di ufficio e’ pertanto configurabile anche laddove la condotta dell’agente, pur formalmente aderente alla norma che disciplina l’esercizio delle sue attribuzioni, si estrinsechi in assenza delle ragioni legittimanti e produca intenzionalmente un danno al soggetto passivo (Sez. 6, 11/3/2005, n. 12196, Rv. 231194; Sez. 6, 18-10-2012 n. 43789, in Cass. pen. 2013, 3516; conf. Sez. 6 8-7-1996 n. 8649, in Cass. pen. 1997, 2691). E,nella piu’ recente giurisprudenza, si e’ affermato che il legislatore non ha inteso limitare la portata applicativa dell’articolo 323 cod. pen., ai casi di violazione di legge in senso stretto, avendo voluto includervi anche le altre patologie dell’atto amministrativo, tra le quali l’eccesso di potere, configurabile laddove vi sia stata oggettiva distorsione dell’atto dalla finalita’ tipica (Cass. Sez. 6, 12-6-2012, Demma).
In quest’ottica, la giurisprudenza ha altresi’ sottolineato il rilievo dell’articolo 97 Cost., nel suo nucleo precettivo, diretto ad evitare favoritismi o, come nel caso in disamina, discriminazioni (in tema di abuso di ufficio in damnosis, v. Cass. Sez. 6, 14/6/2012, Arbitani).
2.3. In ordine alla problematica relativa all’alterita’ delle funzioni del consulente esterno rispetto a quelle del direttore generale, la Corte d’appello ha evidenziato come l’ampiezza dell’incarico conferito e la tipologia dello stesso finissero con l’attribuire al (OMISSIS) le prerogative proprie del dirigente generale, che, caparbiamente, si era omesso di nominare. E cio’ era gia’ stato posto in rilievo dall’Avvocatura Generale, chiamata dall’Assessorato regionale ad esprimere il parere che, cautamente, l’avv. (OMISSIS) aveva suggerito di chiedere, prima di procedere alla nomina di un consulente esterno. L’avvocatura Generale aveva infatti stigmatizzato i gravi profili di illegittimita’ della condotta tenuta dagli imputati, rimarcando l’illegittimita’ della nomina del consulente esterno proprio perche’ volta ad affidare le funzioni attribuite al dirigente generale a un soggetto diverso dalla vincitrice del concorso. Anche il Tar di Catania aveva sottolineato, nell’ordinanza n. 271/08, emessa il 7-2-2008, che non sussistevano ragioni che potessero giustificare il ricorso a un incarico esterno di collaborazione coordinata e continuativa, per lo svolgimento di compiti che rientravano fra le funzioni del dirigente generale dell’Ente. Appare dunque chiaro come il richiamo, da parte della Corte d’appello, a tali ultimi provvedimenti non sia volto,contrariamente a quanto assume il ricorrente, a sostenere l’asserto che il (OMISSIS) abbia partecipato a questa fase o, comunque, abbia avuto conoscenza di tali atti durante il suo mandato, essendo cio’ impossibile poiche’ essi sono successivi alla dismissione dell’incarico da parte dell’imputato, ma sia funzionale ad una corretta disamina e confutazione, da parte del giudice di secondo grado, delle obiezioni difensive in punto di fatto. Del pari – sottolinea il giudice a quo – non puo’ fondatamente sostenersi che la nomina del (OMISSIS) sia stata imposta dall’urgenza di risolvere le problematiche oggetto dell’incarico, attesa la condotta di ostruzionistica inerzia sino ad allora tenuta dal Consorzio, che era rimasto reiteratamente ed ostinatamente inottemperante alle statuizioni imperative, immediatamente esecutive, del giudice amministrativo, tanto da indurre quest’ultimo, piu’ volte, a disporre la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica. Il danno arrecato alla (OMISSIS) e’ dunque effettivamente da qualificarsi ingiusto, sia sotto il profilo economico, in termini di mancata corresponsione degli emolumenti corrispondenti alla funzione di dirigente generale; sia sotto il profilo morale, quale aggressione alla sfera della personalita’ nonche’ quale perdita ingiustificata di prestigio e decoro.
2.4. L’impianto argomentativo a sostegno del decisum si sostanzia dunque in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e percio’ a superare lo scrutinio di legittimita’. A cio’ puo’ aggiungersi, in merito alla problematica relativa alla ravvisabilita’ dell’ingiusto vantaggio patrimoniale e del danno ingiusto, che,secondo l’orientamento giurisprudenziale nettamente prevalente, al quale questo Collegio aderisce, per la sussistenza del reato di cui all’articolo 323 cod. pen., e’ necessario verificare se l’evento di vantaggio o di danno sia ingiusto in se’ e non soltanto come riflesso della violazione di norme da parte del pubblico ufficiale. Gli elementi della illegittimita’ della condotta e dell’ingiustizia del danno sono dunque distinti e il giudice penale deve verificare, volta per volta, la sussistenza di entrambi (Cass. Sez. 6, 14-12-1998, Rossomandi, Rv. 212719), compiendo una valutazione di ingiustizia distinta e autonoma rispetto a quella che, attraverso l’abusivita’, coinvolge il mezzo impiegato. Ne deriva che vanno espunti dall’area dell’illecito penale i comportamenti abusivi finalizzati a procurare un vantaggio o un danno conforme al diritto (Sez. 6, 5-4-1994, Presutto, Cass. pen. 1995, 3336; Sez. 6, 14-12-1995, Marini, Cass. pen. 1996, 3303; Sez. 6, 6/6/1996, Scaduto, Cass. pen. 1997, 2693). Il vantaggio e il danno sono infatti ingiusti allorche’ non spettino in base al diritto oggettivo. Ad escludere l’ingiustizia non e’ dunque sufficiente che il destinatario della condotta abusiva sia titolare di una posizione giuridica astrattamente tutelabile ma occorre che questa sia tale in concreto, avuto cioe’ riguardo alle condizioni normativamente previste, anche per l’ipotesi di concorso con la posizione di altri titolari di diritti analoghi (Cass. Sez. 6, 7-3-1995, Bussolati, Cass. pen. 1996, 800). Ne deriva che il vantaggio patrimoniale o il danno puo’ ritenersi ingiusto allorche’ esso non sia dovuto, sia stato cioe’ iniuste datum (Cass. Sez. 6 9-7-1993, Marcello, Riv. Pen. econ. 1994, 371). Nel caso in disamina, e’ da escludersi che, alla stregua del diritto oggettivo, fosse configurabile sia una situazione giuridica soggettiva in base alla quale al (OMISSIS) spettasse il conferimento dell’incarico; sia una situazione giuridica soggettiva in base alla quale le voci di danno patrimoniale e morale individuate dalla Corte d’appello fossero legittimamente ascrivibili alla sfera giuridica della (OMISSIS). Correttamente pertanto e’ stato ritenuto il requisito della c.d. “doppia ingiustizia”.
2.5. In ordine all’ultima doglianza, occorre osservare come le determinazioni del giudice di merito in ordine alla dosimetria della pena siano insindacabili in cassazione ove sorrette da motivazione congrua, esente da vizi logico-giuridici ed idonea a dar conto delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la motivazione del giudice d’appello e’ senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento alla gravita’ delle condotte ascritte e all’intensita’ del dolo.
3. Passiamo alla trattazione del ricorso presentato dal (OMISSIS). Il primo motivo di ricorso e’ infondato. La Corte d’appello ha infatti evidenziato, al riguardo, che la qualifica di dirigente generale facente funzioni, con la quale il (OMISSIS) intervenne alla seduta del Consiglio direttivo, che adotto’ la delibera di nomina dell’ing. (OMISSIS), e’ attestata dal relativo verbale. A cio’ e’ da aggiungersi, in questa sede,che,quand’anche si escludesse, in capo al (OMISSIS), la qualita’ di pubblico ufficiale, cio’ non varrebbe a esonerarlo da responsabilita’ perche’ e’ possibile concorrere nel reato di cui all’articolo 323 cod. pen., anche come extraneus.
3.1. La seconda doglianza e’, del pari, infondata. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che il ruolo concorsuale di un soggetto possa esplicarsi attraverso le condotte piu’ varie. L’attivita’ costitutiva del concorso puo’ infatti essere rappresentata da qualsiasi comportamento che fornisca un apprezzabile contributo alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso o che agevoli l’opera dei concorrenti, in tutte o in alcune delle fasi di ideazione organizzazione ed esecuzione della condotta criminosa (istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto; agevolazione alla sua preparazione o consumazione; mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso (Sez. U.30-10-2003,n 45276, Cass. pen. 2004, 811; Cass. Sez. 1, 17-1-2008, n. 5631, Rv. 238648; Sez. 1, 18/2/2009 n. 10730, Rv. 242849). Ne deriva che la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato risiede nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare un contributo alla realizzazione del reato mentre, nel concorso, e’ richiesto un contributo partecipativo, morale o materiale, alla condotta criminosa altrui, caratterizzato, sotto il profilo psicologico,dalla coscienza e volonta’ di arrecare un apporto concorsuale alla realizzazione dell’evento illecito (Cass., Sez. 6, 18-2-2010 n. 14606, Rv. 247127). Dunque il concorso si realizza non soltanto con la partecipazione all’esecuzione materiale ma anche con qualsiasi condotta cosciente e volontaria, diretta a rafforzare l’altrui proposito criminoso (Cass. Sez. 2, 28-2-2007, n. 16625, Giust. pen. 2007, 2, 622), anche solo assicurando al concorrente un maggiore senso di sicurezza e uno stimolo all’agire (Cass. Sez. 1, 14/2/2006 n. 15023, Rv. 234128). Sulla base di questi principi, e’ indubbio che il contributo concorsuale possa essere rappresentato da un parere reso ai componenti dell’organo competente a decidere, soprattutto se tale parere proviene da un soggetto che ha svolto, in seno all’Ente, funzioni particolarmente qualificate, come quelle espletate dal (OMISSIS). Ed, al riguardo, la Corte territoriale ha precisato che il (OMISSIS) non soltanto ha partecipato alla seduta ma ha espresso proprie, autorevoli valutazioni. Ne’ ha pregio l’obiezione formulata dal ricorrente, secondo cui il parere espresso dal (OMISSIS) aveva carattere facoltativo e non vincolante poiche’ il contributo concorsuale assume rilevanza non solo allorche’ si ponga come condicio sine qua non dell’evento lesivo ma anche quando assuma la forma di un contributo di agevolazione (Cass. Sez. 6, 20/1/2003, n. 11878, Foro it., 2004, 2, 625; Sez. 5, 13-4-2004 n. 21082, Rv. 229200; Sez. 4, 22-5-2007, n. 24895, Rv. 236953) e di rafforzamento di un proposito criminoso gia’ esistente nei concorrenti, secondo quanto appena precisato.
3.2. Non merita accoglimento neanche la censura afferente alle finalita’ perseguite dalla delibera di affidamento dell’incarico all’ing. (OMISSIS), adottata dall’Ente, avendo la Corte di merito chiarito, con motivazione esente da vizi logico-giuridici, che la condotta in esame, lungi dal soddisfare preminenti esigenze del CAS, che anzi, quantomeno sotto il profilo economico, rimanevano pregiudicate, era specificamente diretta a svuotare le funzioni di direttore generale del Consorzio, affidandole ad un consulente esterno, si’ da pregiudicare la legittima aspettativa dell’avv. (OMISSIS) alla relativa nomina, che pure le spettava, in forza dell’esito del concorso e dei cogenti provvedimenti assunti dal giudice amministrativo.
3.3. Per quanto attiene alla problematica inerente alla ravvisabilita’ di un danno ingiusto per l’avv. (OMISSIS) e di un ingiusto vantaggio patrimoniale per l’ing. (OMISSIS) si rinvia a quanto in precedenza evidenziato. Mentre e’ irrilevante, ai fini della sussistenza del reato di abuso d’ufficio, che vi sia stato o meno un danno per l’Ente, trattandosi di un requisito del tutto estraneo al paradigma delineato dalla norma incriminatrice di cui all’articolo 323 cod. pen., che richiede il prodursi di un danno non per l’ente pubblico in nome e per conto del quale il pubblico ufficiale agisce ma per un altro soggetto, specificamente determinato.
3.4. Non merita accoglimento neanche l’ultima censura formulata dal (OMISSIS), avendo il giudice di secondo grado evidenziato, al riguardo, che, attesa la specificita’ della funzione in disamina, sono inconferenti i rilievi inerenti alle carenze di organico dell’Ente, in particolare nell’area tecnica.
3.5. Trattasi, sotto tutti i profili appena esaminati, di una motivazione precisa, fondata su specifiche risultanze processuali e del tutto idonea a illustrare l’itinerario concettuale esperito dal giudice di merito. D’altronde, il vizio di manifesta illogicita’ che, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), legittima il ricorso per cassazione, implica che il ricorrente dimostri che l’iter argomentativo seguito dal giudice e’ assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un’altra interpretazione o di un altro iter, in tesi egualmente corretti sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicita’ (Sez. U. 27-9-1995, Mannino, Rv 202903). La verifica che la Corte di cassazione e’ abilitata a compiere sulla completezza e correttezza della motivazione di una sentenza non puo’ infatti essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito. Ne’ la Corte suprema puo’ esprimere alcun giudizio sulla rilevanza e sull’attendibilita’ delle fonti di prova, giacche’ esso e’ attribuito al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimita’, una volta accertato che, come nel caso in disamina, il processo formativo del libero convincimento del giudice non abbia subito il condizionamento derivante da una riduttiva indagine conoscitiva o gli effetti altrettanto negativi di un’imprecisa ricostruzione del contenuto delle prove (Sez. U. 25-11-1995, Facchini, Rv. 203767). Dedurre infatti vizio di motivazione della sentenza significa dimostrare che essa e’ manifestamente carente di logica e non gia’ opporre alla ponderata ed argomentata valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto ragionevole (Sez. 2 19-6-1996, Di Francesco, Rv. 205621).
3.6. In ordine ai rilievi formulati dalla difesa del (OMISSIS) con la memoria depositata in data 6 marzo 2014, sostanzialmente iterativi delle doglianze prospettate con il ricorso, occorre rilevare come dalla motivazione della sentenza del Tribunale di Messina emerga che tale pronuncia ha espressamente escluso che la posizione dei coimputati assolti, per difetto dell’elemento psicologico, possa essere assimilata a quella del (OMISSIS) e del (OMISSIS), ove si consideri, da un lato, che era stato lo stesso (OMISSIS), quale Presidente del Consiglio direttivo, a proporre la nomina del consulente esterno, dopo avere preso contatti diretti con il (OMISSIS), in data anteriore alla seduta del 20 settembre 2007; e, dall’altro, che il (OMISSIS) era il diretto “contendente” della (OMISSIS), nell’ambito della vicenda afferente alla nomina a dirigente generale del Consorzio.
4. I ricorsi vanno dunque rigettati, poiche’ basati su motivi infondati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. I ricorrenti vanno inoltre condannati alla rifusione delle spese, che si ritiene congruo liquidare nella somma di euro 4.417, oltre agli accessori di legge, in favore delle parti civili, (OMISSIS) e (OMISSIS); e nella somma di euro 4.121, oltre agli accessori di legge, in favore della parte civile, (OMISSIS).
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