Il testo integrale
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 20 gennaio 2014 n. 2326[1]
Il reato de quo richiede per la sua configurazione, una serie abituale di condotte che possono estrinsecarsi in atti lesivi dell’integrità psicofisica, dell’onore, del decoro o di mero disprezzo e prevaricazione del soggetto passivo, attuati anche in un arco temporale ampio, ma entro il quale possono agevolmente essere individuati come espressione di un costante atteggiamento dell’agente di maltrattare o denigrare il soggetto passivo.
Secondo la Corte, contrariamente, i fatti occasionali ed episodici, pur penalmente rilevanti in relazione ad altre figure di reato (ingiurie, minacce, lesioni) determinati da situazioni contingenti (ad es. rapporti interpersonali connotati da permanente conflittualità) e come tali insuscettibili di essere inquadrati in un una cornice unitaria, non possono assurgere alla definizione normativa di cui all’art. 572 cod. pen..
Per queste ragioni l’ordinanza è stata annullata con rinvio e ora il tribunale competente dovrà <argomentare in maniera più esauriente circa la possibilità di ravvisare nei fatti e negli episodi prospettati dall’accusa pubblica e privata il reato di maltrattamenti.
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