Illegittimo il provvedimento che nega la scarcerazione al detenuto affetto da diabete mellito e da tumore le cui condizioni, secondo il Ctu, si possono aggravare e sono incompatibili con il regime carcerario
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 2 dicembre 2016, n. 51652
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere
Dott. TRONCI Andrea – rel. Consigliere
Dott. MOGINI Stefano – Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 04/07/2016 del TRIB. LIBERTA’ di TARANTO;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. TRONCI ANDREA;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. ROSSI AGNELLO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), allo stato ristretto in carcere in custodia cautelare per il reato previsto e punito dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, mediante atto a propria firma impugna l’ordinanza con cui il Tribunale di Taranto, adito ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., ha rigettato l’appello relativo al provvedimento di rigetto dell’istanza avanzata a mente dell’articolo 275 c.p.p., comma 4 bis.
Denuncia il ricorrente la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in forza della “contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione ovvero carenza della stessa”, per aver il Tribunale disposto la prosecuzione della carcerazione a suo carico, “pur riconoscendo la gravita’ delle patologie” da cui e’ affetto e “dando atto che il perito medico legale nominato dallo stesso giudice ha certificato la sussistenza dell’incompatibilita’ del prevenuto con il regime detentivo”: cio’ sulla scorta dell’asserita possibilita’ di effettuare nell’ambito dell’istituto penitenziario il necessario “monitoraggio di base”, ricorrendo poi al ricovero extramurario in strutture sanitarie pubbliche “per gli accertamenti e terapie non apprestabili all’interno”, in tal modo superando senza alcun supporto scientifico quanto accertato in sede peritale ed, anzi, omettendo del tutto di considerare “la prova certa del preoccupante peggioramento del quadro clinico” del ricorrente, quale fornita “dall’analisi dell’elaborato peritale e della documentazione allegata estrapolata dal diario clinico” a nome del (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La fondatezza del ricorso proposto ne impone l’accoglimento, nei termini di seguito specificati.
2. E’ dato emergente con chiarezza dal provvedimento impugnato che il (OMISSIS) e’ affetto da plurime ed anche gravi patologie, segnatamente da diabete mellito di tipo 2 ID, cardiopatia intensiva, BPCO (broncopatia cronica ostruttiva), litiasi della colecisti, epatopatia cronica HCV correlata in evoluzione cirrotica, esiti di adenocarcinoma della prostata radio-trattato e malattia di Parkinson, “con prognosi quoad vitam non sfavorevole ma con un aggravamento della prognosi quoad valetitudinem”.
A fronte delle conclusioni raggiunte dal perito cui il Collegio aveva correttamente demandato l’effettuazione di apposito accertamento – nel senso, cioe’, che “le attuali condizioni di salute di (OMISSIS) sono di gravita’ tale da esigere un trattamento medico-chirurgico che non puo’ essere garantito in regime di detenzione carceraria, per cui si configura uno stato di incompatibilita’, temporaneo, con la detenzione in carcere” – il Tribunale medesimo ha ritenuto nondimeno di andare in contrario avviso. Cio’ sulla scorta delle seguenti considerazioni (e fermo “l’onere per l’amministrazione penitenziaria di disporre l’immediato trasferimento del (OMISSIS) in idonea struttura carceraria, da individuarsi da parte della stessa, dotata di centro medico specializzato, laddove l’evolversi delle patologie e le cure richieste necessitino di interventi specializzati non garantiti nella struttura carceraria di attuale detenzione”):
– il riferito aggravamento delle patologie di cui il (OMISSIS) e’ portatore non risulta “in alcun modo espressamente correlato alla detenzione carceraria”, risultando anzi la “situazione di compenso farmacologico del diabete e della epatopatia HCV correlata”;
– contraddittoria, alla luce della parimenti riferita possibilita’ di praticare i necessari accertamenti diagnostici “all’interno della struttura carceraria o in centri clinici carcerari provvisti di personale idoneo”, e’ l’affermazione conclusiva, peraltro priva del necessario “supporto motivazionale”, dell’assenza di adeguato “monitoraggio periodico”;
– allo stesso modo, la rappresentata necessita’ di sottoporre il (OMISSIS) ad intervento chirurgico di prostatectomia con tecnica TURV confligge con la pure rappresentata circostanza che la mancata effettuazione di detto intervento trova la propria ragion d’essere nelle generali condizioni del prevenuto, che hanno richiesto accertamenti ed esami, sollecitati dall’anestesista e regolarmente effettuati, “all’esito dei quali non e’ stato rilasciato nulla osta, in ragione di ulteriori accertamenti ritenuti necessari”.
3. La motivazione cosi’ sintetizzata non si sottrae al denunciato vizio di logicita’, in conformita’ alle conclusioni rassegnate dal P.G. d’udienza.
4. Evidente e’ l’errore d’impostazione metodologica dell’ordinanza, nella parte in cui rimarca la non imputabilita’ al regime carcerario dell’aggravamento delle patologie da cui il (OMISSIS) e’ affetto, atteso che la circostanza non e’ in alcun modo rilevante al fine che qui interessa, per il quale il solo dato significativo e’ quello della compatibilita’ o meno delle condizioni di salute, sul piano rigorosamente oggettivo – vale a dire, della possibilita’ di cura – con lo stato di restrizione carceraria del soggetto.
4.1 Non condivisibile e’ anche la denuncia della contraddittorieta’ delle argomentazioni dell’elaborato peritale.
Come gia’ anticipato, l’ordinanza impugnata fa discendere il deficit di coerenza logica di detto elaborato dal ritenuto contrasto fra la riconosciuta possibilita’ di praticare “gli accertamenti diagnostici di cui il detenuto ha bisogno… all’interno della struttura carceraria o in centri clinici carcerari provvisti di personale idoneo” e la riscontrata assenza di “monitoraggio periodico”, la cui necessita’ viene peraltro sottolineata – alla stregua dei passaggi dell’elaborato medesimo riprodotti nel corpo del provvedimento del Tribunale – con specifico riferimento alla patologie “neurologica ed infettivologica, quest’ultima non presente dalla visione del diario clinico”.
Sennonche’, e’ di tutta evidenza che il perito si e’ limitato a dar conto di come, in concreto, a fronte dell’astratta possibilita’ di accertamento in ambito carcerario, non risultano tuttavia effettuati i necessari monitoraggi periodici; il che non vale per tutte le patologie riscontrate a carico dell’imputato, ma principalmente per l’epatopatia cronica da HCV ad evoluzione cirrotica, per la quale il Tribunale si richiama ad una relazione del sanitario del carcere non allarmante del marzo c.a., ma conferma il dato obiettivo rappresentato dal perito nominato, dando atto dell’assenza di “una visita infettivologica recente”, risultando percio’ per nulla chiaro su quali basi sia stata formulata la relazione di “buono stato di compenso” della patologia sopra ricordata. E vale, ancora e di piu’, per la sindrome di Parkinson, per la quale il Tribunale medesimo conferma sia il riscontrato aggravamento della patologia, sia la mancanza di esiti apprezzabili scaturiti dalla pur disposta modifica del trattamento di tipo farmacologico cui il detenuto e’ sottoposto (la difesa, inoltre, sottolinea in proposito la necessita’ anche di terapia riabilitativa cognitiva comportamentale, mai praticata al (OMISSIS)).
Cio’ posto, e’ appena il caso di osservare, giusta il consolidato insegnamento di questa Corte, che “La valutazione della gravita’ delle condizioni di salute del detenuto e della conseguente loro incompatibilita’ col regime carcerario deve essere effettuata anche in concreto, con riferimento alla possibilita’ di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle necessarie terapie e, quindi, anche a prescindere dalla ritenuta compatibilita’ delle condizioni sanitarie con il regime carcerario” (cosi’ Cass. Sez. 4, sent. n. 23713 del 26.06.2013, Rv. 256195; conf., ancor piu’ di recente, Sez. 1, sent. n. 36322 del 30.06.2015, Rv. 264468). Con l’ulteriore, doverosa puntualizzazione che, ove pure il giudice accerti l’esistenza di istituti, nell’ambito del sistema penitenziario, in relazione ai quali possa formularsi un giudizio di compatibilita’, “tale accertamento deve rappresentare un “prius” rispetto alla decisione e non una mera modalita’ esecutiva della stessa, rimessa all’autorita’ amministrativa” (cfr. Cass. Sez. 6, sent. n. 34433 del 15.07.2010, Rv. 248166), solo cosi’ potendo dirsi adeguatamente salvaguardato il bene primario della salute del cittadino, anche detenuto, alla cui tutela e’ preposta la disposizione dell’articolo 275 c.p.p., comma 4.
4.2 Nemmeno in relazione all’ulteriore profilo d’incompatibilita’ segnalato dal perito e’ dato ravvisare la contraddittorieta’ denunciata dal Tribunale.
Non contestata la necessita’ di un intervento chirurgico per la rimozione del carcinoma prostatico a carico del (OMISSIS), richiesto dallo specialista urologo – gia’ nel febbraio 2016, come evidenzia la difesa – si e’ detto che l’ordinanza in esame ne giustifica la mancata effettuazione in ragione della riscontrata esigenza di accertamenti ulteriori rispetto a quelli gia’ eseguiti in un primo tempo e connessi alle precarie condizioni generali del detenuto. E tuttavia non puo’ non osservarsi che la stessa ordinanza nulla dice in ordine alla data di tali nuovi esami e, per l’effetto, a quella di possibile esecuzione dell’intervento anzidetto, neppure risultando, a fronte della “massima urgenza” che si attesta sottolineata in proposito dal perito, quali siano le implicazioni connesse al decorrere del tempo, ai fini di una doverosa valutazione comparativa.
5. Alla luce di quanto sopra, non puo’ dirsi soddisfatto l’onere di compiuta
motivazione, cui e’ tenuto il giudice che ritenga di disattendere le conclusioni del perito in ordine alla compatibilita’ delle condizioni di salute dell’indagato/imputato con lo stato di detenzione in carcere (cfr. Cass. Sez. 2, sent. n. 29144 del 10.07.2008, Rv. 240638), allo stato non emergendo anzi dal provvedimento impugnato elementi in forza dei quali porre in discussione le conclusioni medesime.
Fermo quanto sopra, l’annullamento dell’impugnata ordinanza va disposto con rinvio al giudice competente, che, in difetto di elementi sopravvenuti, valutera’ se debba farsi luogo a revoca della misura cautelare in atto, ovvero all’adozione della gradata misura sollecitata in via di subordine con l’istanza disattesa con la censurata ordinanza, o di altra ancora, non spettando in ogni caso a questa Corte, in ragione dei limiti propri del giudizio di legittimita’, di provvedere in proposito.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Taranto. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter
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