Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 12 marzo 2014, n. 11895
Ritenuto in fatto
1. Con decreto del 6 aprile 2013, il G.I.P. presso il Tribunale di Udine disponeva il sequestro preventivo del sito internet www.ilperbenista.it, gestito da B.M., indagato per il reato di cui all’art. 595, commi 1 e 3, ai danni di B.M. e B.F. L’indagato era accusato di aver pubblicato sul sito suddetto messaggi e commenti che, con il pretesto di una critica politica, scivolavano sul terreno della gratuità volgarità e dell’attacco personale, ad esempio definendo la B. una “zoccola di Tondo” e parlando di una radiazione dall’albo professionale o di una sospensione biennale del B., a fronte di un provvedimento interdittivo di durata molto inferiore.
2. Il Tribunale per il riesame di Udine, con ordinanza del 14 maggio 2013, confermava il provvedimento di sequestro, osservando che il sito è stato lo strumento attraverso il quale i messaggi diffamatori sono stati diffusi e che ben potrebbe, anche in futuro, essere utilizzato al medesimo scopo, sicché riteneva il vincolo imposto “pienamente adeguato e congruo”.
3. Con ricorso sottoscritto personalmente, l’indagato censura il provvedimento del Tribunale del riesame, deducendo tre motivi.
3.1 Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’articolo 606, lettera B e C, in relazione agli artt. 125 e 321 cod. proc. pen., per mancanza di motivazione in ordine al fumus commissi delicti. Il ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza di legittimità più recente, tale motivazione non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni che rendono allo stato sostenibile l’impostazione accusatoria; sotto questo profilo egli deduce omesso esame degli elementi dedotti in sede di riesame, volti ad escludere la sussistenza dell’elemento oggettivo ed soggettivo del reato.
3.2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 606, lettera B e C, in relazione agli artt. 125 e 321 cod. proc. pen., per mancanza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari: egli rileva che il Tribunale si limita a richiamare una generica ed astratta possibilità di reiterazione del reato.
3.3 Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 606, lettera B e C, in relazione agli articoli 125 e 321 cod. proc. pen., 21 della Costituzione, 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, in considerazione della eccessività della misura cautelare, rispetto alla violazione contestata. A giudizio del ricorrente, l’oscuramento dell’intero sito è una misura di eccezionale gravità, che si estende ben oltre l’effettiva necessità, potendosi il provvedimento cautelare limitare ai singoli post che si assumono diffamatori; facendo un parallelismo con il mezzo della stampa, il ricorrente paragona la misura preventiva adottata al sequestro delle rotative di un giornale, dei computer della redazione, dei locali della testata, in luogo del sequestro della copia del giornale che contenga l’articolo diffamatorio.
Il ricorrente deduce altresì vizio motivazionale, poiché il provvedimento impugnato non affronta le deduzioni difensive con le quali si prospettava la cancellazione dei soli post attinenti l’argomento che coinvolgevano i querelanti e si escludeva il pericolo di reiterazione del reato.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
1.1 Il ricorrente deduce che il Tribunale non si è fatto carico di rispondere ai rilievi sulla insussistenza del reato di diffamazione, contestato al B., quale moderatore del blog e quale autore di alcuni commenti alle notizie, finalizzati ad avviare ed alimentare le discussioni; nella memoria depositata in sede di riesame si era osservato che non esiste alcuna norma che imponga al gestore di un blog di controllare o cancellare i post asseritamente diffamatori, dovendosi ritenere responsabili del reato esclusivamente i singoli autori; né si poteva affermare un concorso morale dell’indagato per il solo fatto di aver partecipato alla discussione, sia pure con messaggi non diffamatori. Il blog “il perbenista”, secondo quanto si legge nella memoria, è noto per l’attenzione alle storture ed agli eccessi del sistema politico ed economico locale e nazionale e per la critica, spesso serrata e stringente, con toni anche forti, agli abusi che in tale ambito vengono commessi.
1.2 Anche con riferimento all’esigenza cautelare, si segnalava il difetto di motivazione, oltre che l’insussistenza del pericolo di reiterazione del reato di diffamazione, considerato il tempo trascorso dall’inserimento dei messaggi (due anni), il gran numero di notizie analoghe nel web, riguardanti i querelanti, il posto assunto nel sito dalle parole incriminate (per la visualizzazione dei contenuti in ordine cronologico, che rende sostanzialmente inaccessibili quei post agli utenti) e l’assenza di una richiesta tempestiva di cancellazione.
1.3 Si sottoponeva infine all’attenzione del Tribunale del riesame l’evidente eccessività del provvedimento di sequestro preventivo, in un’ottica di bilanciamento con il diritto di manifestazione dei pensiero non connesso al reato contestato, poiché l’oscuramento dell’intero sito, e non dei soli commenti ritenuti diffamatori, sfinisce per sfociare palesemente in una indiscriminata censura ed in un inammissibile compressione dei diritti che attraverso tale strumento vengono legittimamente esercitati.
2. Orbene, a prescindere dal fatto che andava anzitutto puntualizzata l’ipotesi accusatoria, si rileva che il Tribunale non si è fatto effettivamente carico di rispondere ai rilievi della difesa, che contestava la sussistenza sia del fumus che del periculum in mora.
Come afferma il ricorrente, è effettivamente vero che i più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità – che questo Collegio ritiene di dover condividere – sono nel senso che nella verifica dei presupposti per l’emanazione del sequestro preventivo di cui all’art. 321 cod. proc. pen., comma 1, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma, valutando il “fumus commissi delicti”, deve tenere conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti (Sez. 3, n. 26197 dei 05/05/2010, Bressan, Rv. 247694; Sez. 4, n. 15448 del 14/03/2012, Vecchione, Rv. 253508), pur non occorrendo la sussistenza d’indizi di colpevolezza o la loro gravità, ma solo elementi concreti conferenti nel senso della sussistenza del reato ipotizzato. La circostanza che restano preclusi per il giudice del riesame delle cautele reali sia l’accertamento sul merito dell’azione penale, sia il previo sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa – non essendo richiesto il presupposto della gravità indiziaria – non può esimere il Tribunale dall’indicazione sia pure sommaria delle ragioni che rendono allo stato sostenibile l’impostazione accusatoria.
Diversamente, infatti, il controllo giurisdizionale della base fattuale nel singolo caso concreto si appaleserebbe meramente cartolare e formale.
Ed è certamente vizio di violazione di legge quello connesso alla questione dell’esistenza di elementi idonei a sostenere la prospettazione accusatoria, come presupposto ineludibile per l’emanazione del sequestro preventivo (Sez. 5, n. 37695 del 15/07/2008, Cecchi Gori, Rv. 241632).
Ciò significa, ovviamente, che non è sufficiente, ai fini dell’individuazione del fumus commissi delicti, la mera “postulazione” da parte del pubblico ministero dell’esistenza del reato, perché il giudice del riesame, nella sua pronuncia, deve comunque rappresentare, in modo puntuale e coerente, le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e dimostrare, nella motivazione del suo provvedimento, la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura del sequestro condotta ai suo esame e l’esistenza di un vincolo chiaro ed univoco tra la cosa ed il reato per cui si procede.
3. Tale compito non risulta essere stato svolto ed è del tutto carente l’approfondimento proprio di questo ultimo aspetto, come del tutto astratta ed ipotetica è l’affermazione della sussistenza del periculum in mora.
3.1 Come è noto il periculum in mora, che ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen. legittima il sequestro preventivo deve essere inteso in senso oggettivo, come probabilità di danno futuro, e presentare i caratteri della concretezza e della attualità; inoltre è necessario che il bene oggetto della misura abbia un’intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, ovvero a quelli di cui si paventa la realizzazione, in modo che l’individuato legame non sia meramente occasionale ed episodico (Sez. 5, n. 35394 del 19/09/2011, Ministero Della Giustizia, Rv. 250930).
4. Con riferimento alla possibilità di sequestro preventivo di un sito web, questa Corte ha più volte affermato la piena compatibilità della misura cautelare con il bene immateriale (Sez. 6, n. 30968 del 28/06/2007, Pantano, Rv. 237485; Sez. 3, n. 39354 del 27/09/2007, Bassora, Rv. 237819; Sez. 3, n. 33945 del 04/07/2006, Bracchi Tkachenok, Rv. 234772; più recentemente, Sez. 5, n. 46504 del 19/09/2011, Bogetti, non massimata), non potendo negarsi che ad un sito internet possa attribuirsi una sua “fisicità”, ovvero una dimensione materiale e concreta.
4.1 Inoltre si è escluso che il sito internet goda delle stesse tutele assicurate dalla legge al mezzo della stampa, rispetto allo strumento cautelare del sequestro, consentito dall’art. 1 del R.D. 561 dei 1946 (salvo i casi eccezionali delle pubblicazioni o stampati osceni od offensivi della pubblica decenza ovvero di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili, ossia l’ipotesi della stampa clandestina), solo nella forma del sequestro probatorio “di non oltre tre esemplari dei giornali o delle pubblicazioni o stampati, che importino una violazione della legge penale” (Sez. 5, n. 30611 del 12/06/2008, Battei, Rv. 240436; Sez. 5, n. 7319 del 07/12/2007 – dep. 15/02/2008, Longhini, Rv. 239103; Sez. 5, n. 15961 del 24/01/2006, Ferrari, Rv. 234116).
5. Va però considerata la particolarità del caso in cui il sito sottoposto a sequestro contenga un blog (letteralmente contrazione di web-log, ovvero “diario in rete”), termine con il quale si definisce quel particolare tipo di sito web, gestito da uno o più blogger, che pubblicano, più o meno periodicamente, contenuti multimediali, in forma testuale o in forma di post (concetto assimilabile o avvicinabile ad un articolo di giornale), che vengono visualizzati in ordine cronologica, partendo dal più recente, in funzione del loro carattere di attualità. In caso di sequestro di un blog, l’inibitoria che deriva a tutti gli utenti della rete all’accesso ai contenuti del sito è in grado di alterare la natura e la funzione del sequestro preventivo, perché impedisce al blogger la possibilità di esprimersi.
5.1 Va a tal proposito considerato quanto già affermato da questa Sezione (Sez. 5, n. 7155 del 10/01/2011, Barbacetto, in motivazione), rispetto ai casi in cui la misura cautelare reale cada su di un supporto destinato a comunicare fatti di cronaca ovvero espressioni di critica o ancora denunce su aspetti della vita civile di pubblico interesse, quale appunto un blog di libera informazione (oggetto di quella decisione era un sequestro preventivo di un articolo pubblicato su un sito internet, contenente espressioni ritenute lesive dell’onore e del decoro); in casi del genere, infatti, il vincolo non incide solamente sul diritto di proprietà del supporto o del mezzo di comunicazione, ma sul diritto di libertà di manifestazione del pensiero (cui si ricollegano l’esercizio dell’attività d’informazione, le notizie di cronaca, le manifestazioni di critica, le denunce civili con qualsiasi mezzo diffuse), che ha dignità pari a quello della libertà individuale e che trova la sua copertura non solo nell’art. 21 della Costituzione, ma anche – in ambito sovranazionale – nell’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nonché nell’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (si veda, tra le ultime decisioni della Corte EDU, Wegrzynowski and Smolczewski v. Poland, Quarta Sezione, sentenza del 16 luglio 2013).
5.2 Un giusto contemperamento di opposti interessi di rilievo primario impone allora che l’imposizione dei vincolo sia giustificata da effettiva necessità e da adeguate ragioni, il che si traduce, in concreto, in una valutazione della possibile riconducibilità dei fatto all’area del penalmente rilevante e delle esigenze impeditive, tanto serie quanto è vasta l’area della tolleranza costituzionalmente imposta per la libertà di parola (Sez. 5, n. 7155 del 10/01/2011, Barbacetto, in motivazione).
6. Nel caso di specie il sito internet è stato oggetto di sequestro solo perché adoperato per commettere diffamazioni (nemmeno da parte dell’indagato, ma di terze persone), ma non vi è alcun elemento da cui desumere una potenzialità offensiva del sito in sè, e quindi l’attualità e concretezza del periculum in mora. Anzi, lo sviluppo di un blog sul dominio internet rappresenta una modalità fisiologica ed ordinaria dell’utilizzo del bene, per cui non si ravvisa alcun elemento da cui poter inferire che vi sia un tale rischio, né potrebbero essere individuati ulteriori elementi da parte del Tribunale del riesame.
7. Per tutte le considerazioni che precedono va disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e, conseguentemente, va ordinata la cessazione di efficacia della misura.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata senza rinvio.
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