Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
ordinanza 23 aprile 2014, n. 9173
Osserva
La CTR di Catanzaro ha respinto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 321/02/2008 della CTP di V.V. che aveva già accolto il ricorso della contribuente – ed ha così disposto l’annullamento dell’avviso di accertamento per IRPEF anno 1999 adottato con metodo sintetico e sul presupposto che i redditi dichiarati non fossero congruenti con gli esborsi sostenuti per incrementi patrimoniali nel corso del periodo di imposta considerato.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che la sentenza di primo grado non era meritevole delle censure mossele, atteso che la parte appellante, sotto l’apparente denuncia di violazioni di legge e vizi di motivazione, si era limitata a proporre una diversa valutazione degli elementi di prova già vagliati nel corso del primo grado di giudizio allo scopo di ottenere un riesame della controversia. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La parte contribuente si è difesa con controricorso, peraltro eccependo la tardività del ricorso con riferimento alla notifica dello stesso asseritamente avvenuta il 2 agosto 2012, nel mentre dall’esame dell’atto di ricorso risulta che detta notifica è stata richiesta il 27.7.2012 e perciò del tutto tempestivamente.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc – può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc. Infatti, con il terzo motivo di impugnazione (centrato sulla nullità della sentenza per omissione della pronuncia e da esaminarsi qui preliminarmente perché di più pronta soluzione) la parte ricorrente si duole dell’insussistenza di qualsivoglia motivazione da parte del giudice dell’appello in ordine alla censure proposte nell’atto di gravame.
Il motivo appare manifestamente fondato, alla luce della pregressa giurisprudenza di questa Corte:” Il riferimento, da parte del giudice d’appello, alla motivazione adottata nella sentenza di primo grado devesi ritenere legittimo qualora il giudice medesimo, richiamando nella propria pronuncia gli elementi essenziali di quella esposizione, dimostri non solo di averla fatta propria, ma anche di aver esaminato le censure contro di essa sollevate e di averle ritenute infondate” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 835 del 05/02/1980; più di recente Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2268 del 02/02/2006).
Nella specie di causa, il difetto di riesame originale della materia è fatto lampante dalla circostanza che il giudice di appello non ha operato alcun esame delle censure che sono state proposte dall’appellante principale (debitamente riprodotte nel ricorso introduttivo di questo grado, per rispetto del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione) in riferimento alla natura simulata del contratto di vendita donde derivavano gli incrementi patrimoniali di cui qui si discute, così come non ha operato alcun riesame delle ragioni per le quali il giudice di primo grado aveva ritenuto di accogliere il ricorso della parte contribuente.
In definitiva, appare necessario concludere che la motivazione della sentenza si palesa (anche nelle forme dell’acritico rinvio alle argomentazioni di quella di primo grado) apodittica ed apparente.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, con conseguente necessità di rimessione della lite al giudice di appello, da individuarsi nella CTR di Catanzaro, affinché questi provveda nuovamente sulle questioni che sono oggetto del gravame di appello.
Ritenuto inoltre:
– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
– che la parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa, il cui contenuto non induce la Corte a rimeditare le ragioni poste dal relatore a sostegno della proposta di decisione della lite;
– che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto; che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia Calabria che, in diversa composizione, provvederà anche sulle presente grado.
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