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Giova, infatti, rammentare che le Sezioni Unite civili di questa Corte (Cass., sez. un., 29 aprile 2015, n. 8620, riprendendo taluni argomenti gia’ spesi da Cass., 24 gennaio 2000, n. 749) hanno affermato chiaramente che la circolazione dei veicoli costituisce un caso particolare di attivita’ pericolosa, avendo il legislatore costruito la disciplina dell’articolo 2054 cod. civ. come applicazione (“sottospecie”) della regola generale posta dal precedente articolo 2050 c.c..
Ne consegue che l’organizzazione di un “tour” di autocaravan, essendo volta alla realizzazione del concreto programma (non rileva a quali fini e, quindi, pure se solo turistici) proprio della circolazione su strade (anche) pubbliche di piu’ veicoli (peraltro, in correlazione e coordinamento tra loro, nonche’ di maggiore ingombro rispetto alle ordinarie autovetture, quali, per l’appunto, gli autocaravan), e’ da ritenersi attivita’ pericolosa.
4.2. – Tuttavia, pur cosi’ corretta la motivazione della sentenza impugnata (ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 4), l’infondatezza del terzo motivo e’ ragione assorbente del rigetto del ricorso.
4.2.1. – E’ orientamento consolidato di questa Corte che per l’affermazione di responsabilita’ dell’esercente attivita’ pericolosa e’ indispensabile che si accerti il nesso di causalita’ tra l’attivita’ ed il danno patito dal terzo: a tal fine, deve ricorrere la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell’evento, nel senso che quest’ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto, e che l’antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per se’ idoneo a determinare l’evento (Cass., 22 luglio 2016, n. 15113).
Pertanto, anche nell’ipotesi in cui l’esercente dell’attivita’ pericolosa non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, realizzando quindi una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilita’, la causa efficiente sopravvenuta che abbia i requisiti del caso fortuito, cioe’ l’eccezionalita’ e l’oggettiva imprevedibilita’, e sia idonea, da sola, a causare l’evento, recide il nesso eziologico tra quest’ultimo e l’attivita’ pericolosa, producendo effetti liberatori, e cio’ anche quando sia attribuibile al fatto del danneggiato stesso o di un terzo (Cass. civ., 10 marzo 2006, n. 5254; Cass., 13 marzo 2007, n. 5839; Cass., 5 gennaio 2010, n. 25).
L’accertamento concernente il nesso eziologico e, quindi, la sussistenza stessa del caso fortuito integra un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, che la Corte territoriale ha compiuto, giungendo alla conclusione che il danno al veicolo fuoristrada del (OMISSIS) era stato provocato dallo scoppio accidentale di un pneumatico, dovuto ad un impatto con una pietra presente sul tracciato stradale, evidenziante, in definitiva, l’insussistenza del nesso di causa tra l’omesso controllo del tracciato stradale da parte dell’organizzatore del tour automobilistico e l’evento dannoso, ascritto a fattore fortuito insorto improvvisamente e in modo imprevedibile.
Trattasi di convincimento fondato sull’apprezzamento delle risultanze di causa (segnatamente, sugli esiti della prova testimoniale) ed espresso con motivazione tutt’altro che apparente e/o insanabilmente contraddittoria (cosi’ da rispettarne il cd. “minimo costituzionale”: cfr. Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053), ne’ tantomeno affetta dal vizio di omesso esame di un fatto storico decisivo ovvero da un error in iudicando (risultando, peraltro, in sintonia anche con il caso similare – fortuito individuato nello scoppio di un pneumatico dovuto ad un chiodo sulla sede stradale – di cui a Cass., 6 giugno 2006, n. 13268).
5. – Il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo in conformita’ ai parametri di cui al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014.
6. – Non si ravvisano i presupposti per attivare, su sollecitazione dei controricorrenti, la facolta’ di condanna delle parti soccombenti ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.
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