[….segue pagina antecedente]
Non hanno svolto attivita’ difensiva gli altri intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Sono dedotte violazione e falsa applicazione degli articoli 462 e 2043 c.c..
Si sostiene che chi sia nato successivamente alla morte del padre puo’ ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali “verificatisi in contemporanea alla nascita o posteriormente a questa”, essendo irrilevante la non contemporaneita’ fra la condotta dell’autore dell’illecito ed il danno, che ben puo’ verificarsi successivamente, secondo quanto chiarito da Cass. pen. n. 11625 del 2000.
La sentenza e’ in particolare criticata per essersi allineata al principio enunciato dalla risalente Cass. n. 3467 del 1973 (espressasi nel senso che hanno carattere eccezionale e sono dunque di stretta interpretazione le disposizioni di legge che, in deroga al principio generale dettato dall’articolo 1 c.c., comma 1, prevedono la tutela dei diritti del nascituro), esplicitamente ritenendo inapplicabile alla fattispecie in esame il piu’ recente indirizzo giurisprudenziale (di cui a Cass. n 10741 del 2009, emessa sulla scia di Cass. nn. 14488 del 2004 e 11503 del 2003, tutte della 3 sezione civile) “secondo il quale il concepito, pur non avendo una piena capacita’ giuridica, e’ comunque un soggetto di diritto, perche’ titolare di molteplici interessi personali riconosciuti dall’ordinamento sia nazionale che sopranazionale, quali il diritto alla vita, alla salute, all’onore, all’identita’ personale, a nascere sano; diritti questi rispetto ai quali l’avverarsi della condicio iuris della nascita e’ condizione imprescindibile per la loro azionabilita’ in giudizio ai fini risarcitori”.
Si afferma che tali principi sono applicabili anche alla perdita del rapporto parentale.
2.- Il motivo, anche se per ragioni non in tutto coincidenti con quelle prospettate dalla ricorrente, e’ fondato in relazione all’addotta violazione dell’articolo 2043 cod. civ. (non anche dell’articolo 462 c.c., che attiene alla capacita’ a succedere ed e’ dunque del tutto estraneo al caso, concernente una domanda di risarcimento formulata iure proprio dalla figlia nata dopo la morte del padre).
Il collegio ritiene che non si ponga alcun problema relativo alla soggettivita’ giuridica del concepito, non essendo necessario configurarla per affermare il diritto del nato al risarcimento e non potendo, d’altro canto, quella soggettivita’ evincersi dal fatto che il feto e’ fatto oggetto di protezione da parte dell’ordinamento.
Il diritto di credito e’ infatti vantato dalla figlia in quanto nata orfana del padre, come tale destinata a vivere senza la figura paterna. La circostanza che il padre fosse deceduto prima della sua nascita per fatto imputabile a responsabilita’ di un terzo significa solo che condotta ed evento materiale costituenti l’illecito si erano gia’ verificati prima che ella nascesse, non anche che prima di nascere potesse avere acquistato il diritto di credito al risarcimento. Il quale presuppone la lesione di un diritto (o di altra posizione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento), che nel caso in scrutinio e’ da identificarsi con il diritto al godimento del rapporto parentale (Cass. nn. 8827 e 8828 del 2003 e Cass., sez. un., n. 26972 del 2008), certamente inconfigurabile prima della nascita. Cosi’ come solo successivamente alla nascita si verificano le conseguenze pregiudizievoli che dalla lesione del diritto derivano.
Del rapporto col padre e di tutto quanto quel rapporto comporta la figlia e’ stata privata nascendo, non prima che nascesse. Prima, esistevano solo le condizioni ostative al suo insorgere per la gia’ intervenuta morte del padre che la aveva concepita, ma la mancanza del rapporto intersoggettivo che connota la relazione tra padre e figlio e’ divenuta attuale quando la figlia e’ venuta alla luce.
In quel momento s’e’ verificata la propagazione intersoggettiva dell’effetto dell’illecito per la lesione del diritto della figlia (non del feto) al rapporto col padre; e nello stesso momento e’ sorto il suo diritto di credito al risarcimento, del quale e’ dunque diventato titolare un soggetto fornito della capacita’ giuridica per essere nato.
Non e’ revocato in dubbio il nesso di causalita’ fra illecito e danno, inteso come insieme di conseguenze pregiudizievoli derivate dall’evento (morte del padre), sicche’ non puo’ disconoscersi il diritto al risarcimento della figlia. La relazione col proprio padre naturale integra, invero, un rapporto affettivo ed educativo che la legge protegge perche’ e’ di norma fattore di piu’ equilibrata formazione della personalita’. Il figlio cui sia impedito di svilupparsi in questo rapporto ne puo’ riportare un pregiudizio che costituisce un danno ingiusto indipendentemente dalla circostanza che egli fosse gia’ nato al momento della morte del padre o che, essendo solo concepito, sia nato successivamente.
2.1.- Questa corte ha, del resto, gia’ esplicitamente negato, pur se in ipotesi di danno provocato al feto durante il parto, che l’esclusione del diritto al risarcimento “possa affermarsi sul solo presupposto che il fatto colposo si sia verificato anteriormente alla nascita”, definendo erronea la concezione che, al fine del risarcimento del danno extracontrattuale, ritiene “necessaria la permanenza di un rapporto intersoggettivo tra danneggiante e danneggiato”; ed ha concluso che “una volta accertata, quindi, l’esistenza di un rapporto di causalita’ tra un comportamento colposo, anche se anteriore alla nascita, ed il danno che sia derivato al soggetto che con la nascita abbia acquistato la personalita’ giuridica, sorge e dev’essere riconosciuto in capo a quest’ultimo il diritto al risarcimento” (cosi’ Cass. 22 novembre 1993, n. 11503, sub n. 3 della motivazione; contra, tuttavia, anche se con affermazione meramente assertiva, Cass. 21 gennaio 2011, n. 1410, sub n. 2 della motivazione).
Analogo orientamento e’ stato espresso, tra le altre, da Cass. 9 maggio 2000, n. 5881, anch’essa concernente un caso di lesione provocata al feto, che ha considerato un errore giuridico il “voler ragionare in termini di acquisto del diritto in rapporto a fatti idonei a determinarlo, pero’ prodottosi prima della nascita, quando nel caso si tratta, per la persona, una volta nata, di non subire inerme una menomazione che, prodottasi durante il completamento della propria formazione anteriore alla nascita, produce i suoi effetti invalidanti rispetto al dispiegarsi della propria individualita’ di persona che esiste” (cosi’ in motivazione, sub 4.1.).
2.2.- Quanto alle modalita’ di insorgenza del diritto al risarcimento, il caso ora in scrutinio non si differenzia da quello della lesione colposamente cagionata al feto durante il parto, dunque prima della nascita, da cui deriva, dopo la nascita, il diritto del nato al risarcimento per il patito danno alla salute: danno da lesione del diritto alla salute, dunque, e non gia’ del cosiddetto “diritto a nascere sano”, che costituisce soltanto l’espressione verbale di una fattispecie costituita dalla lesione provocata al feto, ma che non e’ ricognitiva di un diritto preesistente in capo al concepito, che il diritto alla salute acquista solo con la nascita.
Cosi’ come, in altro ambito, null’altro che espressiva di una particolare fattispecie e’ la locuzione “diritto a non nascere se non sano”, alla cui mancanza questa corte ha, in passato (cfr. Cass. 29 luglio 2004, n 14488, seguita da Cass. 14 luglio 2006, n. 16123), correlato la risposta negativa al quesito relativo al se sia configurabile il diritto al risarcimento del nato geneticamente malformato, nei confronti del medico che non abbia colposamente effettuato una corretta diagnosi in sede ecografica ed abbia cosi’ precluso alla madre il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza, che ella avrebbe in ipotesi domandato.
La diversa costruzione che il collegio ritiene corretta consentirebbe invece, nel caso sopra descritto, una volta esclusa l’esigenza di ravvisare la soggettivita’ giuridica del concepito per affermare la titolarita’ di un diritto in capo al nato, di riconoscere il diritto al risarcimento anche al nato con malformazioni congenite e non solo ai suoi genitori, come oggi avviene, sembrando del tutto in linea col sistema e con la diffusa sensibilita’ sociale che sia esteso al feto lo stesso effetto protettivo (per il padre) del rapporto intercorso tra madre e medico; e che, come del resto accade per il padre, il diritto al risarcimento possa essere fatto valere dopo la nascita anche dal figlio il quale, per la violazione del diritto all’autodeterminazione della madre, si duole in realta’ non della nascita ma del proprio stato di infermita’ (che sarebbe mancato se egli non fosse nato).
3.- Diversi sono certamente gli interessi incisi, ma tutti risultano presidiati dalla Costituzione, rispettivamente con l’articolo 32, commi 1 (salute) e 2 (autodeterminazione), articolo 29, comma 1 (famiglia) e articolo 30, comma 1 (rapporto genitori-figli).
La sentenza e’ conseguentemente cassata con rinvio alla stessa Corte d’appello, che decidera’ nel rispetto del seguente principio di diritto: “anche il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, verificatasi durante la gestazione per fatto illecito di un terzo, ha diritto nei confronti del responsabile al risarcimento del danno per la perdita del relativo rapporto e per i pregiudizi di natura non patrimoniale e patrimoniale che gli siano derivati”.
Il giudice del rinvio, che si designa nella stessa corte d’appello in diversa composizione, regolera’ anche le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla corte d’appello di Brescia in diversa composizione.
Leave a Reply