Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 13 settembre 2017, n. 41765. Esercizio abusivo della professione di giornalista

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2. Nel caso di specie, la sentenza impugnata, in maniera non manifestamente illogica, ha indicato le ragioni poste a fondamento della affermazione di responsabilita’ degli imputati e, in particolare, come, a fronte di una iscrizione presso il Tribunale di Bolzano della sola societa’ “Notiziario (OMISSIS) s.r.l.”, fossero diffuse notizie ed informazioni giornalistiche attraverso l’emittente “(OMISSIS)” non iscritta e, in particolare, attraverso la testata “(OMISSIS)” per la quale non era stata effettuata alcuna registrazione.
3. I ricorsi per cassazione, con i quali si chiede alla Corte di cassazione di assolvere gli imputati, sono testualmente riproduttivi dell’atto di appello: dopo una parte iniziale che ricostruisce lo sviluppo storico del procedimento, contengono una rivisitazione critica dell’atto di querela e delle ragioni ad esso sottese nonche’ censure fattuali in cui si fa riferimento a documenti, a comparse difensive, ad atti “del fascicolo di primo grado” ed a dichiarazioni, il cui contenuto e’ solo vagamente ed indirettamente richiamato.
Le censure dedotte attengono, in particolare, alla ricostruzione dei fatti, non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata e sono sostanzialmente volte a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai giudici di merito, piuttosto che a far emergere un vizio della motivazione rilevante ai sensi dell’articolo 606 c.p.p..
4. Ne discende l’inammissibilita’ dei ricorsi atteso che, secondo i principi consolidati dalla Corte di cassazione, la sentenza non puo’ essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perche’ considerati maggiormente plausibili, o perche’ assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacita’ esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e’ in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148).
Compito del giudice di legittimita’ nel sindacato sui vizi della motivazione non e’ quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. La soluzione legale della controversia e’ il risultato della somma dei compiti propri del giudicante di merito, cui spetta l’accertamento del fatto, e di quello di legittimita’, cui e’ precluso l’accesso al merito, che deve verificare la stabilita’ argomentativa della motivazione e del ragionamento probatorio sotteso.
Tale stabilita’ argomentativa non e’ stata nella specie oggetto di specifica rivisitazione critica.
La inammissibilita’ dei ricorsi impedisce di prendere in considerazione la questione relativa alla prescrizione dei reati.
5. Alla dichiarazione d’inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare nella misura di 1.500,00 (millecinquecento) Euro per ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento della somma di Euro millecinquecento alla Cassa delle ammende.

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