Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 10 novembre 2017, n. 51446. È legittima l’istanza di riesame se è stata trattenuta copia di documenti dissequestrati

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La difesa ha rappresentato che il Tribunale di Messina aveva ravvisato l’inammissibilita’ sopravvenuta dell’istanza di riesame per carenza di interesse a impugnare, a seguito del dissequestro disposto dal P.M., e comunque aveva fatto presente che era addirittura mancato a monte il sequestro stesso, giacche’ l’autorita’ inquirente si era limitata a estrarre copia della documentazione e dei supporti informatici procedendo poi alla restituzione dei documenti originali.
Un simile provvedimento, in tesi difensiva, doveva considerarsi illegittimo in presenza di un interesse attuale e concreto a impugnare un sequestro di informazione autonomamente apprezzabile.
Non poteva negarsi infatti l’esistenza di un oggetto sequestrato, posto che nel nostro ordinamento penale il concetto di cosa copre anche il dato informatico, che dunque e’ di per se’ passibile di sequestro; la peculiarita’ del bene sequestrato impediva peraltro di ravvisare un’effettiva restituzione quando la parte fosse stata privata del valore in se’ del dato costituito dalla sua informazione portante, di modo che anche il trattenimento di una copia implicava un sequestro di informazione e rappresentava uno spossessamento del diritto.
Infine la restituzione degli atti originali non comportava il venir meno del sequestro in presenza di una persistente compromissione del diritto del reclamante (il quale al momento della perquisizione aveva opposto il segreto professionale mettendo a verbale la relativa dichiarazione) alla restituzione delle copie informatiche e ad esercitare il segreto professionale su documenti non oggetto dell’autorizzazione al sequestro.
In forza di tali motivi il ricorrente ha percio’ domandato l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La piu’ recente giurisprudenza di questa Corte (Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017 – dep. 07/09/2017, Andreucci, Rv. 27049701), dopo aver ricordato che “secondo il rapporto esplicativo adottato dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il termine “sequestrare” in base alla convenzione “significa prendere il mezzo fisico sul quale i dati o le informazioni sono registrati oppure fare e trattenere una copia di tali dati o informazioni”, ha precisato che l’articolo 258 c.p.p., che riguarda espressamente i documenti, non puo’ trovare applicazione rispetto a un apparato informativo o a una copia immagine, intesa quale clone identico all’originale di un documento informatico, mentre tale disposizione puo’ essere considerata quando il dato informatico sia riconducibile entro la nozione di atto o documento, nel qual caso valgono le conclusioni cui e’ pervenuta la sentenza Tchmil (secondo cui una volta restituita la cosa sequestrata, la richiesta di riesame del sequestro, o l’eventuale ricorso per cassazione contro la decisione del tribunale del riesame e’ inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, che non e’ configurabile neanche qualora l’autorita’ giudiziaria disponga, all’atto della restituzione, l’estrazione di copia degli atti o documenti sequestrati, dal momento che il relativo provvedimento e’ autonomo rispetto al decreto di sequestro, ne’ e’ soggetto ad alcuna forma di gravame, stante il principio di tassativita’ delle impugnazioni; Sez. U, n. 18253 del 24/04/2008 – dep. 07/05/2008, Tchmil, Rv. 23939701).
Le Sezioni Unite tuttavia hanno sottolineato come quest’ultima decisione non si sia preoccupata di considerare l’ipotesi in cui il documento, sia esso informatico o di altro tipo, “trasferisca il proprio valore anche sulla copia”, venendo cosi’ in gioco l’interesse alla “disponibilita’ esclusiva del “patrimonio informativo””, poiche’ esso non verrebbe meno con la mera restituzione fisica di quanto oggetto di sequestro.
In questi casi, nonostante la restituzione del supporto sul quale il dato e’ contenuto, permane comunque un interesse all’impugnazione del provvedimento ablativo per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi; “deve tuttavia trattarsi di un interesse concreto ed attuale, specifico ed oggettivamente valutabile sulla base di elementi univocamente indicativi della lesione di interessi primari conseguenti alla indisponibilita’ delle informazioni contenute nel documento, la cui sussistenza andra’ dimostrata, non potendosi ritenere sufficienti allo scopo generiche allegazioni”.
2. Nel solco di questa prospettiva interpretativa il ricorso si rivela fondato nei termini che si vanno ad illustrare.
L’ordinanza impugnata ha ritenuto che per i documenti cartacei o informatici copiati al momento della perquisizione sia mancato a monte un qualsiasi sequestro.
L’assunto non e’ condivisibile, dato che la decisione sopra citata ha nella sostanza condiviso il precedente orientamento di questa Corte (Sez. 6, n. 24617 del 24/02/2015 – dep. 10/06/2015, Rizzo, Rv. 26409301) secondo cui costituisce sequestro probatorio l’acquisizione, mediante estrazione di copia informatica o riproduzione su supporto cartaceo, dei dati contenuti in un archivio visionato nel corso di una perquisizione legittimamente eseguita ai sensi dell’articolo 247 c.p.p., quando il trattenimento della copia determina la sottrazione all’interessato dell’esclusiva disponibilita’ dell’informazione e incide sul diritto alla riservatezza o al segreto.
3. Cio’ posto occorre poi verificare se la persistente disponibilita’ in capo al titolare degli originali dei documenti e dei dati informatici di cui e’ stata acquisita copia comporti una perdita autonomamente valutabile sotto il profilo della lesione dell’interesse primario all’esclusiva utilizzabilita’ delle informazioni negli stessi contenute, tale da fare ritenere l’operazione di copia effettuata un vero e proprio sequestro di informazione autonomamente apprezzabile e idonea di conseguenza a legittimare la presentazione di un’impugnazione avverso il relativo provvedimento.
Questa indagine, come detto, ha ad oggetto l’esistenza di interesse, concreto, attuale, specifico ed oggettivamente valutabile, a preservare l’esclusiva disponibilita’ del patrimonio informativo.
La verifica di questo interesse impone di riconoscere all’istante la possibilita’ di impugnare al fine di dimostrare in sede di riesame l’esistenza dei presupposti legittimanti la sussistenza di un suo diritto alla disponibilita’ esclusiva del patrimonio informativo estratto in copia.
4. Giova aggiungere, da ultimo, che l’attuale disposto dell’articolo 256 c.p.p. – nel testo introdotto dalla L. n. 48 del 2008, articolo 8 ed applicabile anche agli esperti contabili ai sensi del combinato disposto dell’articolo 200 c.p.p. e Decreto Legislativo 28 giugno 2005, n. 139, articolo 5 – ha superato i limiti in precedenza esistenti in tema di opposizione del segreto professionale prevedendo una tutela di carattere simmetrico rispetto a quella contemplata per la testimonianza; questa nuova disciplina stabilisce che nel caso in cui sorga la necessita’ di acquisire atti, documenti, dati, informazioni e programmi informatici l’autorita’ giudiziaria ha l’onere di rivolgere una richiesta di consegna attraverso un decreto di esibizione, in virtu’ del quale sussiste un obbligo di rimessa immediata della cosa domandata, a meno che il soggetto destinatario della richiesta non dichiari per iscritto che il bene di cui si pretende l’esibizione e’ oggetto di segreto professionale.
La formale opposizione del segreto professionale, ove fosse stata sollevata in ragione della correlazione della disponibilita’ dei beni sequestrati o estratti in copia con un mandato professionale in precedenza conferito, sarebbe stata idonea a impedire all’autorita’ giudiziaria di procedere al sequestro del bene richiesto in consegna, salvi gli accertamenti previsti dall’articolo 256 c.p.p., comma 2.
5. Risulta pertanto errata la valutazione compiuta all’interno del provvedimento impugnato in merito all’inammissibilita’ della richiesta di riesame per carenza di interesse, con la conseguente necessita’ di disporre l’annullamento dello stesso con rinvio al Tribunale di Messina per un nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina, sezione del riesame, per nuovo giudizio.

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