Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 22 marzo 2018, n. 7158.
Al pari di quanto avviene nei rapporti tra privati, l’unica prova che l’attore deve offrire a fondamento della sua domanda di indennizzo ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. concerne l’impoverimento e l’arricchimento, oltre che l’assenza di giustificazione dello spostamento di ricchezza e di altre azioni esperibili a tutela del diritto.
Ordinanza 22 marzo 2018, n. 7158
Data udienza 23 gennaio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 22229/2013 proposto da:
(OMISSIS), (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati (OMISSIS), coi quali elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COLOBRARO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro tempore, Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), col quale elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI POTENZA depositata il 02/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2018 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. La Corte di appello di Potenza, accogliendo il gravame interposto dal Comune di Colobraro avverso la sentenza del Tribunale di Matera n. 315/2009, ed in riforma di tale decisione, rigetto’ (anche) la domanda ex articolo 2041 c.c. originariamente proposta, in via subordinata, da (OMISSIS) contro il predetto ente, volta ad ottenere il pagamento di un indennizzo, a titolo di ingiustificato arricchimento, per avere quest’ultimo comunque utilizzato i progetti a lui commissionati per le finalita’ di cui alla L. n. 219 del 1981, articolo 9, comma 7, con Delib. G.M. n. 97 del 1988.
1.1. Ritenne, in particolare, che quella norma, attribuendo ai privati danneggiati dal sisma del 1980 la possibilita’ di rinunciare ai contributi delegando al comune la progettazione, esecuzione e gestione dei lavori, cosi’ facendolo subentrare nei diritti del rinunciante, configurasse “un potere di rappresentanza (articolo 1387 c.c.) che per legge il privato puo’ conferire all’ente delegato”, e che non sussistesse l’ingiustificato arricchimento del comune perche’ esso “deve consistere nell’acquisto di un bene o di una somma di denaro o, se si tratta di un pubblico servizio, in un miglioramento dello stesso oppure nel mantenimento della sua qualita’ con una spesa minore”.
2. Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), affidandosi a due motivi, illustrati anche da memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c., resistiti dal menzionato comune.
3. Il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. n. 219 del 1981, articolo 9, comma 7, riportato nel Testo Unico approvato con Decreto Legislativo 30 marzo 1990, n. 76, articolo 10, comma 9, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, censura, ritenendola contraria alla lettera ed alla ratio della L. n. 218 del 1991, articolo 9, comma 7, la tesi della corte territoriale secondo cui la delega prevista dall’appena citata norma costituirebbe una procura ex articolo 1387 cc., con effetti che si produrrebbero esclusivamente a carico del rappresentato.
3.1. Il secondo motivo, intitolato “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2041 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, ascrive alla medesima corte di aver ritenuto inapplicabile, nella specie, l’articolo 2041 cod. civ. per l’asserita insussistenza di un vantaggio patrimoniale dell’ente da intendersi, esclusivamente, come acquisto di un bene o di una somma di denaro o, se si tratti di un pubblico servizio, di un miglioramento dello stesso oppure del mantenimento della sua qualita’ con una spesa minore.
4. Il primo motivo e’ fondato.
4.1. La L. 14 maggio 1981, n. 219, che costitui’ il quadro di riferimento essenziale per l’attuazione degli interventi pubblici e privati per la ricostruzione e lo sviluppo delle aree interessate dal terremoto del novembre 1980 e del febbraio 1981, nel dichiarare (articolo 2, comma 1) di preminente interesse nazionale le attivita’ suddette: 1) stabili’ che al loro perseguimento concorressero lo Stato, le regioni, le province, i comuni e le comunita’ montane (articolo 2, comma 2); 2) destino’ al risanamento ed allo sviluppo dei territori colpiti un fondo recante un’ingente somma di denaro; 3) attribui’ alle regioni il compito di definire gli interventi per la ricostruzione delle zone disastrate (articolo 5), prevedendo (articolo 8, comma 1) che l’opera di ricostruzione e riparazione nei settori dell’edilizia e delle opere pubbliche sarebbe avvenuta tramite, tra l’altro: a) l’assegnazione con le modalita’ di cui ai successivi articoli 9 e 10, di contributi per la riparazione o la ricostruzione di unita’ immobiliari alle persone fisiche o giuridiche che, alla data del sisma, risultavano titolari di un diritto di proprieta’ o di un diritto reale di godimento relativo a fabbricati urbani e rurali destinati ad abitazione;… d) la realizzazione di interventi di ricostruzione o di riparazione di immobili distrutti o danneggiati per effetto del sisma, nel caso di rinuncia ai contributi di cui alla precedente lettera a) da parte degli aventi diritto o di delega, ai comuni o ad altri enti pubblici, della progettazione, esecuzione e gestione dei lavori; 4) disciplino’, al suo articolo 9, i contributi ed i finanziamenti per la ricostruzione, disponendo, tra l’altro, al comma 1, lettera a), che, per la ricostruzione di unita’ immobiliari, distrutte o da demolire per effetto del terremoto, destinate ad uso di abitazione, ivi comprese quelle rurali, ai soggetti che risultavano titolari dei diritti di proprieta’ alla data del sisma fosse assegnato, limitatamente ad una sola unita’ immobiliare, un contributo in conto capitale pari alla intera spesa necessaria per la ricostruzione, ed al comma 7 (poi riportato nel successivo Decreto Legislativo 30 marzo 1990, n. 76, articolo 10, comma 9) che gli aventi diritto ai contributi di cui alla lettera a) del precedente comma 1 potessero rinunciarvi, delegando al comune o ad altri enti pubblici la progettazione, esecuzione e gestione dei lavori. In tal caso il comune sarebbe subentrato nei relativi diritti del rinunciante.
4.2. E’, poi, incontroverso, oltre che agevolmente desumibile dal provvedimento oggi impugnato, che, nella specie, il Comune di Colobraro, con Delib. Giunta n. 97 del 1988, preso atto delle numerose richieste di contributi contenenti anche la delega all’amministrazione comunale a curare gli adempimenti relativi e conseguenti, con particolare riferimento dall’affidamento dell’incarico a tecnici per la redazione del progetto e della perizia, nonche’ per l’affidamento dei lavori ad imprese per la esecuzione degli stessi, decise di affidare l’incarico di progettazione, direzione e contabilita’ dei lavori relativi alle perizie da redigersi per la riparazione dei fabbricati a vari tecnici, e, tra essi, al (OMISSIS), con onere di corrispondere i compensi secondo le tariffe professionali.
4.3. La corte territoriale, dunque, premettendo che il menzionato articolo 9, comma 7 della I. n. 219/81, “…prevede che l’ente delegato subentri nel diritto del proprietario (del fabbricato danneggiato dal sisma) al contributo, per ragioni di ordine funzionale, ossia per poter gestire la somma necessaria al conferimento, per conto del privato, dei seguenti incarichi: al professionista di progettazione e direzione dei lavori; all’impresa appaltatrice per la realizzazione dell’opera…”, ha ritenuto che, “in tale contesto, e’ evidente che si tratta di un potere di rappresentanza (articolo 1387 c.c.) che per legge (articolo 9 citato) il privato puo’ conferire all’ente delegato”, facendone, cosi’, sostanzialmente discendere che i relativi effetti farebbero capo al rappresentato.
5. Una siffatta conclusione non puo’, pero’, essere condivisa.
5.1. Dal riportato contesto normativo di riferimento (cfr., soprattutto, la L. n. 219 del 1981, articolo 8, comma 1, lettera d) e articolo 9, comma 7), si desume chiaramente che sua finalita’ essenziale era quella di ricostruire il patrimonio immobiliare danneggiato dal terremoto, anche in caso di inerzia dei proprietari interessati. Proprio per quest’ultima ipotesi, infatti, era loro consentito, limitatamente alla prima abitazione, di rinunciare al contributo spettantegli ex articolo 9, comma 1 predetta legge, delegando al comune (o ad altri enti pubblici), la progettazione, esecuzione e gestione dei lavori, facendolo, cosi’, subentrare nel loro diritto: in tal modo realizzandosi – come chiarito dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato nel parere reso l’8 giugno 1989 – non una successione di natura privatistica dell’ente nella situazione del privato, bensi’, la completa attrazione del rapporto nell’area pubblicistica caratterizzata dalla finalita’ pubblica della ricostruzione.
5.2. Fermo quanto precede, nella fattispecie in esame non e’ dato desumere essere avvenuta alcuna rinuncia dei proprietari interessati ai contributi di cui all’articolo 9, comma 1, lettera a), riferendo, anzi, la sentenza impugnata, come si e’ gia’ detto, che il Comune di Colobraro, delibero’ di affidare l’incarico di progettazione, direzione e contabilita’ dei lavori relativi alle perizie da redigersi per la riparazione dei fabbricati a vari tecnici (e, tra essi, al (OMISSIS)), dopo aver “preso atto delle numerose richieste di contributi contenenti anche la delega all’amministrazione comunale “a curare gli adempimenti relativi e conseguenti, con particolare riferimento dall’affidamento dell’incarico a tecnici per la redazione del progetto e della perizia, nonche’ per l’affidamento dei lavori ad imprese per la esecuzione degli stessi””. In assenza di prova della suddetta rinuncia, dunque, non puo’ ritenersi delegato il comune secondo il meccanismo del gia’ citato L. n. 219 del 1981, articolo 9, comma 7, mancandone, invero, il presupposto, ne’ giustificandosi, conseguentemente l’ivi previsto subentro dell’ente nel diritto del (l’inesistente) rinunciante.
5.3. Nemmeno e’ dato sapere, peraltro, se, nella specie, ci sia stato un rituale conferimento di quel potere di rappresentanza, ex articolo 1387 c.c., dai singoli proprietari di ciascun fabbricato al comune, ipotizzato, invece, dalla corte territoriale: non vi e’ traccia, invero, nella decisione impugnata, nel ricorso e nel controricorso, dei corrispondenti atti, da redigersi necessariamente in forma scritta, vertendosi in tema di rapporti con una Pubblica Amministrazione (tra l’altro con riferimento ad attivita’ riguardanti beni immobili), ne’ del loro (eventuale) contenuto quanto alla possibilita’ per il rappresentante di agire in nome proprio o del rappresentato.
5.4. Ne consegue, dunque, che l’attivita’ professionale svolta dal (OMISSIS) successivamente alla gia’ menzionata Delib. G.M. n. 97 del 1988 del Comune di Colobraro non puo’ che essere ricondotta a quest’ultimo, per averla comunque commissionata senza che risulti, giusta quanto si e’ detto in precedenza, l’esistenza di adeguato potere di rappresentanza dei proprietari degli immobili dalla stessa interessati.
6. Fondato e’ anche il secondo motivo.
6.1. E’ incontroversa l’esperibilita’ dell’azione di indebito arricchimento per tutte le prestazioni ed i servizi resi alla Pubblica Amministrazione anteriormente – come nella specie – all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 66 del1989, articolo 23 convertito dalla L. n. 144 del 1989 e riprodotto senza sostanziali modifiche dal Decreto Legislativo n. 77 del 1995, articolo 35 (cfr. Cass. n. 10636 del 2012; Cass. n. 8534 del 2008; Cass. 10884 del2007; Cass. n. 12208 del 2003; Cass. n. 10199 del 2000).
6.2. Recentemente, poi, le Sezioni Unite di questa Corte, componendo il corrispondente contrasto emerso nella giurisprudenza di legittimita’, hanno statuito che il riconoscimento dell’utilita’ da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicche’ il depauperato che agisca ex articolo 2041 c.c. nei confronti della Pubblica Amministrazione ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo, invece, solo eccepire e provare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si tratto’, quindi, di “arricchimento imposto” (cfr. Cass., SU, n. 10798 del 2015. Successivamente, nello stesso senso, cfr. Cass. n. 15937 del 2017).
6.2.1. D’altro canto, gia’ precedentemente le Sezioni Unite avevano negato che il riconoscimento dell’utilita’ fosse elemento costitutivo della fattispecie e, nel contempo, avevano esonerato la P.A. dagli oneri indennitari di arricchimenti che non le fossero imputabili, in quanto rifiutati od inconsapevoli (cfr. Cass., SU, n. 4198 del 1982).
6.2.2. Recuperando questo precedente, ed innestandolo sull’orientamento volto a ridurre i profili di specialita’ della fattispecie, la riportata statuizione delle Sezioni Unite del 2015 ha sostanzialmente equiparato arricchito pubblico ed arricchito privato, considerando entrambi tenuti all’indennizzo per il fatto oggettivo dell’arricchimento, lo abbiano riconosciuto o meno, purche’ non l’abbiano rifiutato od ignorato, in quest’ultimo caso trattandosi di arricchimento non imputabile perche’ “imposto”.
6.3. Muovendo da tali principi, qui pienamente condivisi, deve allora opinarsi che e’ ormai stato espunto dal campo di indagine del giudice di merito l’accertamento di quel quid pluris, individuato, dai precedenti orientamenti interpretativi, nella valutazione di utilita’ dell’opera.
6.3.1. Al pari di quanto avviene nei rapporti tra privati, dunque, l’unica prova che l’attore deve offrire a fondamento della sua domanda di indennizzo ex articolo 2041 c.c. concerne l’impoverimento e l’arricchimento, oltre che l’assenza di giustificazione dello spostamento di ricchezza e di altre azioni esperibili a tutela del diritto. Neppure vi e’ spazio, quindi, per un gradimento implicito perche’ altrimenti si riconoscerebbe all’amministrazione una posizione di vantaggio che e’ priva di base normativa.
6.3.2. In definitiva, la volonta’ pubblica e’ confinata al solo ambito probatorio, modificandosene, pero’, l’oggetto e l’onere: l’azione per ingiustificato arricchimento dovra’ essere accolta tutte le volte in cui il privato dimostri l’esistenza del proprio impoverimento e della locupletazione dell’ente, a prescindere dall’esistenza di un gradimento implicito o esplicito da parte dell’amministrazione; dovra’, invece, essere rigettata ove l’ente convenuto dimostri di aver rifiutato o di non aver potuto rifiutare, a cagione dell’imposizione del privato, l’opera conseguente all’apporto professionale. La prova, pertanto, non concerne piu’ la valutazione di utilitas bensi’ il giudizio contrario dell’amministrazione e, dunque, trattandosi di prova contraria incombe sul convenuto.
6.4. La gia’ riportata statuizione della corte potentina circa l’asserita insussistenza di un vantaggio patrimoniale dell’ente da intendersi, esclusivamente, come acquisto di un bene o di una somma di denaro o, se si tratti di un pubblico servizio, di un miglioramento dello stesso oppure del mantenimento della sua qualita’ con una spesa minore, non appare, pertanto, in sintonia con i riportati principi: infatti, ogni qual volta, in presenza di una prestazione obiettivamente vantaggiosa per l’amministrazione – e tale era indubbiamente, per le descritte finalita’ di cui alla L. n. 219 del 1981, imposte anche ai comuni, quella resa dal (OMISSIS) quest’ultima sia stata almeno consapevole della stessa e nulla abbia fatto per respingerla, essa finisce in concreto per avvantaggiarsene, realizzando la deliberata appropriazione della prestazione non dovuta, per averla evidentemente valutata come rispondente ai propri fini ed interessi generali.
7. Il ricorso va, quindi, accolto, con rinvio alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione, per una nuovo esame, alla stregua dei principi di cui sopra, della domanda ex articolo 2041 c.c., dell’odierno ricorrente, e per la decisione anche in ordine alla spese processuali di questa fase.
8. Il ricorso va, quindi, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, cui spettera’ di decidere anche in ordine alla spese processuali di questa fase.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, per un nuovo esame della domanda ex articolo 2041 c.c. dell’odierno ricorrente e per la regolamentazione delle spese di questa fase.
Leave a Reply