cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 16 gennaio 2015, n. 665

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – rel. Presidente
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere
Dott. MANNA Antonio – Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5207/2013 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL, in persona del suo legale rappresentante, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 904/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 21/09/2012; R.G. 411/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FEDERICO ROSELLI;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore del ricorrente;

Udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 21 settembre 2012 la Corte d’appello di Ancona confermava la decisione, emessa dal Tribunale di Macerata, di rigetto della domanda, proposta da (OMISSIS) contro la datrice di lavoro s.r.l. (OMISSIS) ed intesa alla dichiarazione di nullita’ del patto di prova per indeterminazione delle mansioni affidate, nonche’ di inefficacia dell’atto di recesso, emesso senza la previa esecuzione della prova lavorativa e per motivo illecito.
La Corte d’appello osservava che il patto di prova era sufficientemente determinato attraverso il rinvio al contratto collettivo, con l’indicazione della prima categoria di operaio generico. Non rilevava che l’avviamento fosse stato richiesto dalla societa’ al competente ufficio amministrativo per un operaio verniciatore, giacche’ questa richiesta non incideva sulla validita’ del contratto individuale di lavoro successivamente concluso. Inoltre, seppure il (OMISSIS) fosse stato all’inizio assegnato alla superiore mansione di verniciatore, questa assegnazione non aveva alterato sostanzialmente l’oggetto complessivo della prestazione pattuita e comunque non aveva influito sul giudizio negativo, espresso dalla datrice di lavoro soltanto con riferimento alle mansioni di caricamento di pezzi su un carrello e di trasporto degli stessi presso le postazioni dei verniciatori, ossia con riferimento ai compiti originariamente pattuiti di operaio generico.
Che poi il reale motivo del recesso fosse illecito non era stato ne’ specificato ne’ provato dal lavoratore, avendo la datrice fatto riferimento a grossolani errori di disattenzione ossia ad un difetto di diligenza minima, esigibile anche dal lavoratore fisicamente svantaggiato, quale il (OMISSIS).
Quest’ultimo ricorre per cassazione mentre la s.r.l. (OMISSIS) resiste con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 2096 c.c., e Legge 12 marzo 1999, n. 68, articolo 10 cpv., per non avere la Corte d’appello ritenuto la nullita’ per genericita’ del patto di prova, che si riferiva a mansioni previste dal contratto collettivo (aziende del legno e arredamento) per gli operai di “generica capacita’ e generica preparazione pratica” della prima categoria, ma non specificava il profilo di assegnazione, fra i sei compresi in quella categoria. Tanto piu’ che all’inizio del rapporto l’attuale ricorrente era stato assegnato alla mansione di verniciatore, propria della terza categoria.
Col terzo motivo il ricorrente svolge analoga censura, richiamando gli articoli 11, 15, 16, 55 e 64 c.c.n.l. delle aziende del legno e arredamento, nonche’ gli articoli 1362, 1363, 1364 e 1366 c.c..
I due motivi, da esaminare insieme perche’ connessi, non hanno fondamento.
Il patto di prova e’ valido, perche’ a sufficienza specifico, grazie al semplice riferimento alla categoria prevista nel contratto collettivo, che permette al datore di lavoro di assegnare il lavoratore ad uno degli, eventualmente plurimi, profili rientranti in essa. La possibilita’ di assegnazione a profili diversi tutela meglio il lavoratore, che trova maggiori opportunita’ di utilizzazione in azienda, specie se affetto da una minorazione di salute.
Nella sentenza impugnata e’ altresi’ precisato che le mansioni di verniciatore, proprie della superiore categoria e temporaneamente affidate, non ebbero alcuna influenza sul giudizio sfavorevole, emesso dalla societa’ per giustificare il recesso.
Quest’ultima osservazione vale anche a dimostrare la non fondatezza del secondo motivo di ricorso (violazione degli articoli 2967 e 2935 c.c., e articolo 115 c.p.c.), inteso a dimostrare l’illegittimita’ dell’assegnazione alla verniciatura, la sua incompatibilita’ con lo stato di salute del lavoratore e l’esistenza di una pretesa dichiarazione confessoria in materia, resa dalla datrice di lavoro.
Rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in euro 100,00, oltre ad euro 2.500,00 per compensi professionali, piu’ accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

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