La massima

Il datore di lavoro è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell’infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinano della marchiatura di conformità “CE” o l’affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità.

Il testo integrale

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV PENALE

Sentenza 7 settembre 2011, n. 33285

 

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 8/6/2006 il Tribunale di Novara, sez. dist. di Borgomanero, condannava P.G.M.R. per il delitto di lesioni colpose in danno dell’operaio G.E. (fatti acc. in (omissis)). All’imputata, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, veniva irrogata la pena di mesi 2 di reclusione, sostituita con la pena pecuniaria; veniva inoltre condannata al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, con una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 5.000.

Alla P. veniva addebitato che, in qualità di amministratore unico della s.r.l. “DUSTY”, dedita alla raccolta di rifiuti solidi urbani ed in qualità di datore di lavoro, di avere consentito che la vittima lavorasse utilizzando un cassone ed un sollevatore di cassonetti non idonei ai fini della sicurezza, in quanto la pulsantiera era posizionata in modo tale da non consentire che l’altra mano interferisse con gli organi operatori del sollevatore; di modo che, mentre il G. azionava la pulsantiera con due dita della mano destra, con la mano sinistra manteneva fermo il coperchio del cassonetto in sollevamento ed in tale frangente pativa lo schiacciamento del IV dito della mano sinistra tra la struttura metallica del sollevatore idraulico e il cassone dell’autocarro. A seguito dell’infortunio, perdeva i sensi e caduto in terra si procurava la ulteriore lesione costituita da una frattura cranica con conseguente malattia superiore a 40 giorni.

2. Con sentenza del 15/3/2010, la Corte di Appello di Torino confermava la pronuncia di condanna. Osservava la Corte di merito che la responsabilità dell’imputata si evinceva dalle seguenti circostanze:

– dalle deposizioni raccolte era emerso che era prassi per i lavoratori addetti alla raccolta dei rifiuti spingere con due dita di una mano i pulsanti di salita del cassonetto e con l’altra mantenere schiacciato il coperchio del cassonetto per evitare la caduta di rifiuti che poi si sarebbero dovuti alzare da terra;

– tale modalità di lavoro era possibile, in quanto la pulsantiera consentiva l’azionamento con una sola mano ed era vicina agli organi operatori;

– solo dopo l’incidente il veicolo era stato dotato di una doppia pulsantiere, in modo da rendere necessario avere impegnate entrambe le mani per dare il comando di sollevamento;

– irrilevante era che il macchinario fosse marchiato “CE”, in quanto il datore di lavoro è tenuto a garantire la sicurezza dei lavoratori, indipendentemente dall’affidabilità formale dei macchinari a disposizione;

– il delitto era procedibile di ufficio, in quanto la malattia aveva avuto una durata superiore ai 40 giorni; peraltro anche le lesioni al cranio erano riconducibili alla colposa condotta dell’imputata.

3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputata, lamentando:

3.1 la erronea applicazione della legge penale ed il difetto di motivazione in relazione al riconosciuto nesso causale tra la condotta omissiva e le lesioni al capo. Infatti, se lo schiacciamento di un dito (patologia guarita in 15 giorni) poteva essere ricondotto alla condotta contestata, lo stesso non poteva dirsi per la frattura cranica, dovuta al fatto che, per lenire il dolore, il G. aveva immerso la mano sinistra nell’acqua fredda e ciò aveva determinato, forse per un riflesso vagale, uno svenimento, la caduta in terra e, quindi, la lesione al capo. Tale evento, pertanto aveva avuto una scaturigine del tutto autonoma, non ricollegabile alla condotta omissiva contestata e quindi riferibile ad una causa sopravvenuta da sola idonea a determinare l’evento;

3.2. il difetto di motivazione in relazione alla circostanza che era stata riconosciuta la colpevolezza, pur avendo l’imputata posto a disposizione dei suoi dipendenti un macchinario marcato “CE” e garantito nei requisiti di sicurezza. Eventuali inidoneità, ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 626 del 1994 avrebbero dovuto far capo al costruttore e non all’utilizzatore a cui, quindi, non poteva imputarsi la violazione dell’art. 35 d.lgs. cit. In ogni caso, il lavoratore avrebbe dovuto conformarsi alle disposizioni di sicurezza impartite e non seguire modalità di lavoro rischiose ed in violazione dell’art. 5 d.lgs. cit.

3.3. la violazione di legge per la mancata assunzione di una prova decisiva, richiesta ai sensi dell’art. 495, comma 2, c.p.p. finalizzata a dimostrare che ai lavoratori erano state impartite direttive per il corretto e sicuro utilizzo dei macchinari.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

4.1. In ordine all’accertamento del rapporto causale in caso di concorso di cause (art. 41 c.p.p.), va ricordato il consolidato l’insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo cui “Ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento non si riferisce solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, giacché, allora, la disposizione sarebbe pressoché inutile, in quanto all’esclusione del rapporto causale si perverrebbe comunque sulla base del principio condizionalistico o dell’equivalenza delle cause di cui all’articolo 41, comma primo, c.p. La norma, invece, si applica anche nel caso di un processo non completamente avulso dall’antecedente, ma caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 1214 del 26/10/2005 Ud. (dep. 13/01/2006), Boscherini, Rv. 233173; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 20272 del 16/05/2006 Ud. (dep. 14/06/2006).

Nel caso di specie, la condotta del G., che dopo lo schiacciamento del dito, in ragione della percezione del forte dolore, abbia cercato di lenirlo immergendo la mano nell’acqua fredda, innescando in tal modo lo svenimento e la frattura cranica, non può dirsi che abbia determinato una causa sopravvenuta dell’evento con caratteri di anomalia, eccezionalità ed imprevedibilità. Infatti la incontrollata reazione al dolore è ricollegabile con immediatezza allo schiacciamento del dito.

Pertanto correttamente il giudice di merito ha ritenuto permanere il nesso di causalità tra la condotta omissiva dell’imputata e la lesione al capo del G., in quanto il comportamento dell’imputata ha costituito un antecedente senza del quale l’evento non si sarebbe verificato, poiché la sua assenza non avrebbe determinato la condotta dell’operaio, costituente una causa sopravvenuta la quale, però, non presenta, sul piano quantitativo o qualitativo, una tale incidenza da doversi considerare idonea da sola a produrre l’evento. Ne consegue la infondatezza del primo motivo di ricorso.

4.2. Quanto al secondo motivo di censura, anche in tal caso va richiamata la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “Il datore di lavoro è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell’infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinano della marchiatura di conformità “CE” o l’affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità” (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 37060 del 12/06/2008 Ud. (dep. 30/09/2008), Vigliarti, Rv. 241020; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 6280 del 11/12/2007 Ud. (dep. 08/02/2008), Mantelli, Rv. 238959; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 2630 del 23/11/2006 Ud. (dep. 25/01/2007), Mogliani, Rv. 236012; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 11122 del 15/06/1990 Ud. (dep. 04/08/1990), Beretta, Rv. 185064).

Il datore di lavoro, infatti, è il principale destinatario delle norme antinfortunistiche previste a tutela della sicurezza dei lavoratori ed ha l’obbligo di conoscerle e di osservarle indipendentemente da carenze od omissioni altrui e da certificazioni pur provenienti da autorità di vigilanza.

Tale posizione di garanzia concorre con quella del costruttore, ma non è ad essa subordinata, in quanto la prossimità dell’imprenditore-datore alla fonte dei rischi, alle concrete modalità di lavoro e di eventuale elusione dei sistemi di sicurezza, gli consente immediatamente di percepire l’esposizione al pericolo dei lavoratori impiegati nell’utilizzo dei macchinari.

4.3. Né può dirsi che il comportamento negligente della persona offesa escluda la responsabilità dell’imputata. Questa Corte ha più volte ribadito che in materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass. 4, n21587/07, rv. 236721). Nel caso di specie, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, il G. ha patito l’infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro presso il cassone che gli ha procurato l’infortunio e che era priva di idoneo dispositivo di sicurezza, in quanto dotato di una sola pulsantiera che non impediva l’utilizzo dell’altra mano per tener fermo il coperchio del cassonetto in elevazione. Pertanto la circostanza che la parte lesa, presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di sicurezza, abbia avvicinato imprudentemente la mano sinistra una zona di pericolo, non costituisce comportamento abnorme idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro e l’evento, condotta connotata da colpa, tenuto conto che la cautela omessa era proprio preordinata ad evitare il rischio specifico (lesione agli arti) che poi concretamente si è materializzato nell’infortunio.

Ne consegue da quanto detto, anche la infondatezza della censura relativa alla mancata assunzione di una prova decisiva.

Invero, la prova che il datore di lavoro abbia impartito direttive a che i dipendenti non posizionassero gli arti nelle zone operative della macchina, non esonera per quanto sopra detto, la P. dalle sue responsabilità di tema di sicurezza dei macchinari utilizzati dai prestatori di lavoro.

L’infondatezza del ricorso comporta il suo rigetto e, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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