SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
SENTENZA 28 giugno 2012, n.25535
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 25 maggio 2011, la Corte d’appello di Milano, parzialmente riformando – previo riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. dichiarata prevalente sull’aggravante contestata, unitamente alle già concesse attenuanti genetiche – la sentenza 9 marzo 2010 dei Tribunale di Milano – Sezione staccata di Rho, confermava l’affermazione della penale responsabilità di P.C. in ordine al delitto previsto dall’art. 589, commi 1° e 2° cod. pen. per aver cagionato, per colpa generica e per colpa specifica. In veste di legale rappresentante della s.r.l. P.F. e quindi di datore di lavoro, la morte dell’operaio P.M. che, incaricato di procedere allo smontaggio della gru cingolata SM 20, da trasportare in altra area del medesimo cantiere su incarico del capo cantiere F.L., era rimasto schiacciato da uno dei tre elementi del braccio a traliccio, staccatosi durante della manovra, così decedendo sui colpo in Rho, il 15 luglio 2004. Si era invero accertato in punto di fatto che l’operaio, nell’intento di estrarre, dalle rispettive sedi, gli spinotti di giuntura dei componenti del traliccio della gru, dopo essersi posizionato sotto il braccio della stessa, aveva proceduto a colpirli con una mazza, dall’interno verso l’esterno. Dopo aver così estratto il primo perno e posta a termine l’estrazione del secondo, era accaduto che il peso del braccio aveva piegato i due residui spinotti ancora in sede di guisa che il braccio tralicciato aveva ceduto e, cadendo, aveva schiacciato l’operaio con effetto letale. La Corte d’appello, condividendo gli assunti della sentenza di primo grado, ha ribadito che la penale responsabilità dell’imputato discendeva dalla mancata osservanza delle speciali norme antinfortunistiche contestate all’imputato. Né era possibile escludere la responsabilità dell’imputato, in difetto sia di efficace delega di funzioni in materia di sicurezza sia dell’abnormità o della imprevedibilità della condotta della vittima.
Ricorre per la cassazione della sentenza il P. per tramite del difensore deducendo un unico motivo per carenza ed illogicità della motivazione. La Corte d’appello di Milano, incorrendo nel lamentato vizio, avrebbe omesso di argomentare in ordine alla sussistenza della prova inequivoca, fornita dalla difesa, dell’avvenuto conferimento di apposita delega in materia di sicurezza e di prevenzione degli infortuni alla società S., come confermato dallo stesso amministratore ing. T. sentito come teste e come dimostrato dalla relativa documentazione depositata a riscontro della deposizione. Ed avrebbe reso una motivazione palesemente illogica e contraddittoria nell’affermare che il P., attese le rilevanti dimensioni della società cui facevano capo numerosi cantieri contemporaneamente in funzione in Italia ed all’estero, doveva ritenersi l’unico responsabile per la mancata manutenzione e/o sostituzione degli spinotti, sull’erroneo rilievo di una ipotizzata prassi, comune ai vari cantieri, di procedere allo smontaggio delle gru secondo la condotta posta in atto dall’operaio deceduto, alle cui plurime imprudenze e negligenze doveva farsi risalire in via esclusiva la causa dell’evento: circostanza, anch’essa, del tutto omessa nella motivazione della sentenza impugnata. Infine, con assunti illogici, i giudici d’appello avrebbero altresì ravvisato un profilo di colpa specifica nei confronti dell’imputato per non essersi assicurato che il dipendente avesse ricevuto idoneo addestramento quando invece la frequentazione al corso di formazione e di informazione tenutosi il 27 maggio 2004, era attestato dalla sottoscrizione apposta dall’operaio decaduto nel relativo verbale, allegato agli atti.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato e va accolto, come conclusivamente osservato all’odierna udienze anche dal Procuratore Generale.
La Corte distrettuale è effettivamente incorsa nel vizi di omessa motivazione, lamentati dal ricorrente, in punto all’esistenza di una valida delega di funzioni in materia di sicurezza e di prevenzione degli infortuni, appositamente conferita dall’imputato ad altri professionisti, ragionevolmente giustificabile in ragione anche delle rilevanti dimensioni e della complessa articolazione gestionale della P.F. s.r.l. (circostanza non messa in dubbio in entrambi i gradi di merito del giudizio e precisata dal teste E.C., come riferito nella motivazione della sentenza di primo grado) che, all’epoca in cui si era verificato l’incidente, 15 luglio 2004, aveva in esercizio oltre dieci cantieri contemporaneamente in Italia ed in Europa, come dedotto in atto d’appello.
Nella sentenza impugnata, con assunti apodittici e con argomentazioni meramente apparenti – non idonei a soddisfare l’obbligo della motivazione – si accenna unicamente al fatto che “la sentenza di primo grado chiariva già ampiamente che non risultava la sussistenza di una valida e penalmente efficace delega di funzioni in materia ali sicurezza”. La parte motiva della sentenza del Tribunale, richiamata per relationem, in termini conformi ed egualmente apodittici, si limita unicamente ad enunciare come, “nonostante le rilevanti dimensioni della società, non risulti provata una valida e penalmente efficace delega di funzioni in materia di sicurezza”. In sostanza la Corte d’appello ha del tutto ignorato l’esame di uno specifico motivo di gravame con il quale la difesa dell’imputato aveva sottolineato l’avvenuta acquisizione della prova su punto per effetto della deposizione resa dal teste ing. R.T. amministratore responsabile della ditta S., specializzata in materia di sicurezza e di prevenzione infortuni sul lavoro e della relativa documentazione scritta, già versata in atti, operante fin dal 2 dicembre 2002 e conforme al disposto dell’art. 8 D.L.vo n. 626 del 1994 e successive modificazioni.
Ovviamente della verifica della ricorrenza o meno di una valida delega (cui provvederà il Giudice di rinvio, riesaminando funditus i relativi motivi d’appello e le risultanze istruttorie sul punto) logicamente discende l’individuazione e l’estensione della posizione di garanzia (nel caso sia ritenuta persistere in capo all’imputato) fino a ricomprendere o meno l’omessa, diretta vigilanza sulla corretta esecuzione delle operazioni di smontaggio della gru nonché l’omessa manutenzione dei relativi spinotti, integranti il profilo di colpa specifica conseguente alla violazione degli artt. 35 e 89, comma 2° D.l.vo n. 626/1994 e successive modificazioni, come contestato al prevenuto. Considerazioni d’identico contenuto vanno estese anche all’altro profilo di colpa specifica contestata al P. in relazione alla violazione degli artt. 38 e 89, comma 2° D.l.vo n. 626/1994 e successive modificazioni “per non essersi assicurato che il lavoratore addetto allo smontaggio e montaggio della gru sopracitata sig. P.M. ricevesse un addestramento idoneo per l’effettuazione di tali operazioni”, dal Giudice di prime cure ritenuto carenza integrante, sia pura in via mediata, una causa scatenante del sinistro nel quale il lavoratore trovò la morte. Sul punto la sentenza d’appello, si è limitata a richiamare la motivazione di quelle di primo grado, omettendo peraltro di “rispondere” ad una specifica doglianza dedotta sul punto con il proposto gravame laddove l’appellante, a smentire gli apodittici assunti del Giudice di prime cure, aveva citato l’attestato di partecipazione ad un corso di formazione ed informazione datato 27 maggio 2004, recante le sottoscrizione dell’operaio deceduto, già depositato in atti.
Appare quasi superfluo infine rimarcare il rilievo che siffatto tema riveste nell’ottica difensiva e nella individuazione degli effettivi responsabili del reato, ben potendo configurarsi, in linea di principio, in caso di una valida ed efficace delega di funzioni in materia di sicurezza, formalmente adottata ed espressamente accettata dal delegato, un indiscutibile trasferimento a terzi della posizione di garanzia gravante sul datore di lavoro, circa gli obblighi in materia di prevenzione e di sorveglianza antinfortunistica (cfr. Sez. 4 n. 37470/2003; Sez. 4 n. 12794/2007; Sez. 4 n. 8604/2008; Sez. 4 n. 48295/2008).
La sentenza impugnata deve quindi esser annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano che, in sede di nuovo esame, si atterrà a quanto fin qui precisato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano.
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