Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza n. 923 del 16 gennaio 2013
IN FATTO E IN DIRITTO
1. — Con citazione notificata il 22 agosto 1989, L. F., titolare di un fondo in San Leucio del Sannio, esponeva che, nel 1979, la Provincia di Benevento aveva occupato parte del suddetto fondo (contenente vegetazioni arboree ed erbacee), per costruirvi la strada provinciale di collegamento tra la frazione Maccabei e la S.P. Ceppaloni — S.S. 88.
Nel 1985 era stato versato all’attore un acconto relativo al terreno occupato.
senza però provvedere al saldo. La Provincia di Benevento aveva costruito la strada, rendendo in tal modo l’occupazione del suolo definitiva ed irreversibile. Di conseguenza. all’istante erano derivati danni, dovuti all’illegittima occupazione del fondo, nonché danni al soprassuolo riscontrabili dal verbale di consistenza all’epoca redatto. Pertanto, il F. conveniva in giudizio la predetta Amministrazione Provinciale, affinché fosse condannata al risarcimento dei danni, derivanti dall’occupazione e dall’irreversibile trasformazione del fondo (risarcimento comprensivo anche dei frutti pendenti alla data dell’occupazione), nella misura da precisarsi in giudizio, oltre interessi e svalutazione, e detratto l’acconto ricevuto. Si costituiva l’ente territoriale convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale dichiarava illegittima l’occupazione del terreno da parte della P.A., con consequenziale acquisizione dello stesso per irreversibile trasformazione per pubblica utilità; condannava la Provincia di Benevento al pagamento, in favore del F., della somma di Euro 59.604.43 (sottratti gli acconti), oltre interessi legali dalla sentenza.
2. Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, depositata il 15 giugno 2006, la Corte di Appello di Napoli, per quanto qui rileva, ha respinto integralmente l’appello incidentale dell’amministrazione provinciale, osservando:
2.1. Quanto al primo motivo, l’occupazione acquisitiva si era perfezionata alla data del 06.5.198l. Invece, la cessione volontaria era del Marzo ’85, cioè di quasi quattro anni success1va. Secondo costante giurisprudenza di legittimità, era nullo l’atto di cessione volontaria sottoscritto dal proprietario, dopo che il fondo fosse già stato acquistato dalla P.A. a titolo originario, in virtù di irreversibile trasformazione. Di conseguenza, ci si trovava innanzi ad una tipica azione di risarcimento del danno da occupazione illegittima.
2.2. Quanto al secondo motivo, andava confermato il rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’ente locale, dovendosi tener conto dell’evento interruttivo, costituito dall’offerta dell’indennità di esproprio, notificata dalla Provincia di Benevento al F. in data 19.02.1985 (in atti). Con detto atto, il Presidente della Provincia rendeva edotto il F. che gli era data la possibilità di convenire, entro trenta giorni, la cessione volontaria del fondo, ad un prezzo non superiore al 50% dell’indennità determinata ex artt. 16 e 17 L. n. 865/71. Tale offerta rappresentava un evento interruttivo perché, essendosi all’epoca già verificata l’accessione invertita, l’offerta non poteva riguardare l’indennità, ma solo il diritto al risarcimento dei danni. Del resto, l’offerta in sé integrava un riconoscimento, da parte della P.A., del diritto al risarcimento del danno da occupazione illegittima, in capo al F.
3. L’ente locale propone ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 2944 c.c.. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. e chiede a questa S.C. “se il riconoscimento del diritto all’indennità di esproprio e la stipula del contratto di cessione volontaria, successivi all’irreversibile trasformazione del suolo occupato ed acquisito in proprietà — per accessione invertita — dall’Ente pubblico, possano essere ritenuti atti idonei ex art. 2944 c.c. ad interrompere il termine di prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, di cui è titolare l’ex proprietario”.
3.1. Il F. resiste con controricorso, illustrato con memoria, e chiede respingersi il ricorso.
4.- Il ricorso è infondato.
4.1. – La ricorrente sostiene che l’irreversibile trasformazione del fondo è avvenuta nel l98l, per cui la prescrizione sarebbe maturata nel l986, mentre l’atto di citazione è stato notificato in data 22.08.89 e l’offerta di indennizzo, con la proposta di cessione volontaria, non costituirebbe atto interruttivo.
4.2. – La tesi è priva di pregio. Infatti, il periodo quinquennale di prescrizione decorre, nell’ipotesi, dalla scadenza del termine di occupazione legittima (il cui dies a quo – trattandosi di mera attività materiale illecita consistente nell’occupazione del fondo — è rappresentato dall’immissione in possesso e non dall’emissione del decreto di occupazione d’urgenza, come asserito — invece — dall’amministrazione), poiché fino a quella data l’amministrazione può sempre adottare il decreto di esproprio. Nella specie, l’immissione in possesso del terreno è avvenuta l’11.08.1979, sicché i cinque anni di occupazione legittima erano scaduti l’11.08.1984 e il termine di prescrizione, in mancanza di atti interruttivi, sarebbe scaduto in data 11.08.89, non come sostiene la Provincia, nel 1986. Nell’ipotesi, in data 26.03.85, veniva offerta all’attore un’indennità determinata ai sensi dell’art. 16 e 17 Legge 22.10.1971 e veniva versato anche un primo acconto. Secondo la giurisprudenza di questa S.C., tale offerta di indennità, effettuata da parte dell’Amministrazione Provinciale, non avrebbe potuto avere altro oggetto che il risarcimento dei danni per occupazione acquisitiva, dal momento che la proprietà del fondo era già stato acquisita dalla P.A., sin dal 06.05.1981, a seguito dell’irreversibile trasformazione dello stesso. Perciò, era del tutto evidente che, con la notificazione del predetto atto, al di là della denominazione dello stesso, l’Amministrazione Provinciale, aveva riconosciuto il diritto dell’istante al risarcimento dei danni conseguenti all’occupazione e ciò aveva comportato un’interruzione della prescrizione a norma dell’art. 2944 c.c.. Nella specie, la notifica dell’offerta dell’indennità è stata effettuata il 26.03.1985 mentre l’atto di citazione è stato notificato in data 22.08.1989, sicché non si è verificata la prescrizione in quanto non sono decorsi i cinque anni previsti dalla legge. Del resto, con la comunicazione con la quale l’Amministrazione Provinciale di Benevento offriva il pagamento dell’indennità, con facoltà dell’istante di accettare entro il termine di trenta giorni, vi era stato da parte dell’ente locale un espresso riconoscimento del diritto della parte attrice e l’interruzione del decorso del tempo per la prescrizione.
4.3. — La decisione impugnata, quindi, si rivela in armonia con il
consolidato orientamento secondo cui l’offerta di indennizzo dell’Amministrazione Provinciale poteva riguardare solo il diritto al quando si era già verificata l’accessione invertita che fa sorgere il diritto al risarcimento dei danni. In virtu di ciò, tale offerta non poteva più riguardare l’indennità ma solo il diritto al risarcimento dei danni.
D’altronde questa Corte di legittimità ha riconosciuto che l’offerta dell’indennità provvisoria effettuata dalla P.A. ed accettata, come nell’ipotesi, esplica effetti interruttivi sulla prescrizione del diritto al risarcimento dei danni, invero, quando si è già verificata l’accessione invertita, si è già consumato l’illecito e ogni offerta di reintegrazione per equivalente, a chi non è più proprietario, non può che avere il significato di riconoscimento del diritto a risarcimento, non esistendo più il diritto all’indennità.
4.4. — Invero, nell’ipotesi in cui, verificatasi l’occupazione acquisitiva in assenza di emissione del decreto ablatorio, l’espropriante proceda tuttavia alla determinazione dell’indennità di esproprio, ovvero all’offerta e/o al deposito di essa, gli atti ora menzionati, rivestendo natura tipica (e non meramente interna) e costituendo in ogni caso il riconoscimento del diritto dell’ex proprietario ad un ristoro patrimoniale, si configurano come atti interruttivi della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla perdita del diritto dominicale (Cass., sez. I, l5.09.20ll n. l8858, in motivazione: Cass. sez. I, 14.02.2008 n. 3700; Cass. sez. I, 8 febbraio 2006 n. 2824; in precedenza: Cass. S.U. 21 luglio l999 n. 484 e 485; Cass. 19 luglio 2002 n. 10531; Cass. 1 aprile 2003 n. 4925; Cass. 30 marzo 2004. n. 6271; Cass. 28 agosto 2004, n. 17206; nonché ancor prima, nello stesso senso, Cass. 25.03.1995 n. 3572; Cass. 09.03.1996, n. l887: Cass. 13.02.1997 n. 1542; l8.07.l997 n. 6630; 23.07.1997, n. 6886).
5. — Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 7.800.00, di cui Euro 7.600,00 per onorario, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2012.
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