Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 8 luglio 2013, n. 28937
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio F. – Presidente
Dott. SARNO Giulio – Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 93/2012 TRIB. LIBERTA’ di BRINDISI, del 19/09/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Lettieri Nicola, rigetto del ricorso;
Udito, il difensore Avv. (OMISSIS) di (OMISSIS) (Sost. proc.).
1. Con ordinanza del 19 settembre 2012 il Tribunale di Brindisi, a seguito di richiesta di riesame del decreto del 28 giugno 2012 del gip dello stesso Tribunale che aveva disposto sequestro preventivo su mobili registrati e denaro nella disponibilita’ di (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) fino alla concorrenza di euro 926.382 – richiesta proposta da (OMISSIS), indagato Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 10 ter, per avere, quale legale rappresentante della societa’, omesso il versamento dell’Iva per l’anno imposta 2008 -, riformava parzialmente il decreto disponendo la restituzione di euro 58.325,10.
2. Ha presentato ricorso il difensore dell’indagato, articolandolo su due motivi. Il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’articolo 321 c.p.p., e articolo 322 ter c.p., esponendo che quando il 4 luglio 2012 l’Agenzia delle Entrate comunico’ il preteso omesso versamento dell’Iva per l’anno 2008 cio’ non era veritiero dal momento che era in corso, a seguito di istanza all’Agenzia del 20 marzo 2012, un accordo di ristrutturazione del debito L.F., ex articolo 182 bis – concluso il 23 luglio 2012 – per tutti i debiti tributari di (OMISSIS) S.r.l., onde non era possibile alcun versamento fino all’esito della procedura. Il sequestro preventivo inoltre puo’ disporsi solo se i proventi dell’attivita’ illecita non si rinvengono nella sfera giuridico – patrimoniale dell’indagato, e dall’accordo di ristrutturazione risulterebbe l’assenza di attivita’ distrattiva. Poiche’ secondo la stessa Agenzia delle Entrate i proventi sono in tale sfera, non vi e’ necessita’ di funzione ripristinatoria, ma al contrario si e’ creata una duplicazione ai danni della societa’, poiche’ per lo stesso omesso versamento dell’Iva da un lato si predispone la confisca per equivalente dell’imposta evasa e dall’altro si garantisce l’adempimento dell’obbligo derivante dall’accordo di ristrutturazione con un’ipoteca di valore triplo rispetto all’imposta evasa. Il secondo motivo, sempre come violazione di legge, denuncia poi un contrasto tra le norme sulla ristrutturazione del debito e le cautele penali, che dovrebbero invece essere considerate in modo unitario.
3. Il ricorso non e’ fondato.
La valutazione dei due motivi si presta a un ragionevole accorpamento, giacche’ entrambi sono fondati sull’asserita necessita’ di una considerazione unitaria del piano tributario e di quello penale. In realta’, la scelta del legislatore si e’ orientata verso una netta distinzione tra l’uno e l’altro, potendosi identificare nel Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 20, un vero e proprio principio di reciproca indipendenza tra il procedimento penale e il processo tributario (cfr. da ultimo Cass. sez. 2 , 22 novembre 2011-28 febbraio 2012 n. 7739, in motivazione) che la giurisprudenza ha recepito in modo ormai consolidato, evidenziando come l’accertamento del reato tributario prescinda da quello del credito erariale, potendo pervenire anche alla sua contraddizione, non sussistendo alcun vincolo del giudice penale rispetto all’accertamento tributario, e al contrario spettando esclusivamente al giudice penale di accertare e determinare l’importo della imposta evasa ai fini di valutare la concreta configurabilita’ del reato tributario (Cass. sez. 3 , 2 dicembre 2011-14 febbraio 2012 n. 5640; Cass. sez. 3 , 7 ottobre 2011 n. 36396; Cass. sez. 3 , 28 maggio 2008 n. 21213).
Non incide, pertanto, ai fini penali l’esistenza di un accordo con adesione o di un concordato fiscale tra l’amministrazione finanziaria e il contribuente (fattispecie considerata proprio in Cass. sez. 3 , 2 dicembre 2011 – 14 febbraio 2012 n. 5640) o di istituti simili; e a proposito dell’accordo di ristrutturazione addotto dal ricorrente non si puo’, inoltre, non rilevare che tale accordo e’ stato avviato e stipulato nel 2012, dunque quando il reato, relativo al periodo d’imposta del 2008, si era gia’ consumato.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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