Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 31 agosto 2015, n. 17301
I fatti
1. Il Tribunale di Crotone, con sentenza n. 938 del 26 novembre 2010, ha rigettato l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Petilia Policastro, che aveva accolto la domanda di B.A. nonché degli altri intimati indicati nella intestazione della presente sentenza intesa ad ottenere il risarcimento del danno derivato dall’avere dovuto sostenere le spese postali per il pagamento delle bollette di energia elettrica, in conseguenza dell’inadempimento alla Delibera 28 dicembre 1999, n. 200, art. 6, comma 4 con cui l’Autorità per L’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G) aveva imposto agli esercenti il servizio di distribuzione e vendita dell’energia elettrica e, quindi, all’Enel, di offrire al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta.
2. L’appello dell’Enel si era articolato, per quanto interessa riferire ai fini della presente decisione, con l’assunto che nella specie l’art. 6, comma 4, non aveva avuto efficacia integrativa del contratto ed il Tribunale ha disatteso tale motivo, reputando il contrario e precisamente che tale efficacia si sia dispiegata ai sensi dell’art. 1339 c.c..
3. Avverso la decisione del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione l’Enel servizio Elettrico s.p.a. (nella duplice qualità, giusta i riferimenti ai relativi atti notarili, di procuratrice speciale dell’Enel Distribuzione s.p.a. e di beneficiaria del ramo di azienda di quest’ultima costituito dal complesso di beni e rapporti, attività e passività relativi all’attività di vendita di energia elettrica a clienti finali).
Al ricorso, che propone tre motivi, la parte intimata non ha resistito.
Le ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deducono due censure, la prima di “violazione dell’art. 1339 c.c., in relazione all’art. 6, comma 4 della Delibera dell’A.E.E.G. n. 200 del 1999” (art. 360 c.p.c., n. 3): si sostiene che l’art. 1339 c.c. non consentirebbe l’inserimento automatico dell’art. 6, comma 4 della detta delibera nel contratto di utenza, sia perché l’integrazione sarebbe consistita nel sopperire ad una lacuna della volontà negoziale, sia per essere la delibera generica, sia perché per la sua violazione era prevista una sanzione diversa.
Con una seconda censura si lamenta “violazione degli artt. 1182 e 1196 cc, in rapporto all’art. 6, comma 4 della Delib. dell’AEEG n. 200 del 1999 (art. 360 c.p.c., n. 3)” e si sostiene che la delibera avrebbe avuto carattere programmatico e non precettivo e, dunque, non avrebbe potuto integrare il contratto di utenza. Con il secondo motivo si lamenta vizio di motivazione riguardo ad un comportamento dell’Enel che avrebbe potuto – secondo la pronuncia impugnata – rappresentare ottemperanza alla delibera.
Con il terzo motivo si denuncia, con una prima censura, violazione dell’art. 112 c.p.c., e con una seconda vizio di motivazione ai. sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, assumendosi: a) con la prima che gli attori avevano proposto, in subordine alla domanda intesa ad ottenere il risarcimento del danno per la mancata assicurazione della modalità gratuita di pagamento, una domanda intesa ad ottenere – per il caso che quella modalità fosse risultata assicurata – il risarcimento del danno da mancata informazione in proposito, e che essa era stata accolta nonostante l’accoglimento della domanda principale. Il vizio lamentato è quindi di extrapetizione, per aver il Tribunale di Crotone pronunciato sulla domanda subordinata pur avendo accolto la domanda principale, ponendo a carico dell’Enel anche una responsabilità precontrattuale; b) con la seconda che erroneamente, una volta postasi nell’ottica dell’integrazione, la pronuncia impugnata avrebbe rilevato anche che era rimasto inadempiuto l’obbligo di informazione del consumatore sul pagamento gratuito delle bollette.
2. Le due censure proposte con il primo motivo, afferendo entrambe alla questione della idoneità dell’art. 6, comma 4, della nota deliberazione a svolgere efficacia integrativa dei contratto, possono essere considerate unitariamente ed appaiono fondate per quanto di ragione al lume di quanto già affermato negli ormai numerosi precedenti di questa Corte, sulla stessa questione sollevata in svariate controversie di identico tenore (da Cass. n. 17786 del 2011 a Cass. n. 23184 del 2014), alcune proposte dall’Enel come in questo caso, altre su ricorsi proposti da utenti contro decisioni di tribunali che avevano rigettato domande come quella proposta dagli intimati.
Nella richiamata decisione n. 17786 del 2011, richiamata anche dalle successive e alle cui ampie motivazioni il Collegio rinvia, si è anzitutto affermato il seguente principio di diritto: “Il potere normativo secondario (o, secondo una possibile qualificazione alternativa, di emanazione di atti amministrativi precettivi collettivi) dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. h), si può concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del regolamento di servizio, di cui allo stesso art. 2, comma 37 possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma alla duplice condizione che queste ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece, esclusa -salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta – non la consenta – la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell’utente e consumatore”. Dopo di che, sempre con ampia motivazione alla quale nuovamente si rinvia, si è concluso che deve “escludersi che la prescrizione della Delib. A.E.E.G. n. 200 del 1999, art. 6, comma 4, abbia comportato la modifica o integrazione del regolamento di servizio del settore esistente all’epoca della sua adozione e, di riflesso, l’integrazione dei contratti di utenza ai sensi dell’art. 1339 c.c., di modo che l’azione di responsabilità per inadempimento contrattuale esercitata dalla parte attrice risulta priva di fondamento, perché basata su una clausola contrattuale inesistente, perché non risultava introdotta nei contratti di utenza”.
La stessa decisione (lo si rileva per completezza), avuto riguardo al riferimento della sentenza allora impugnata ad una integrazione per effetto della Delib. dell’A.E.E.G. anche ai sensi dell’art. 1374 c.c. ha ribadito che al riguardo valgono le stesse considerazioni svolte a proposito della inidoneità a svolgere la funzione di cui all’art. 1339 c.c., soggiungendo, altresì, che “Mette conto di osservare, tuttavia, che la pertinenza nella specie dell’istituto di cui all’art. 1374 c.c. sembrerebbe doversi escludere, poiché la norma postula integrazione del contratto con riguardo ad aspetti non regolati dalle parti o, quindi, svolge tradizionalmente una funzione suppletiva e non di imposizione di una disciplina imperativa, come accade per l’istituto di cui all’art. 1339 c.c.” e che “Nella logica del sistema di cui alla L. n. 481 del 1995, la previsione dei potere di integrazione del contratto di utenza, esercitabile dall’A.E.E.G. nei sensi su indicati, e1 certamente espressione non di supplenza, ma di imposizione di un regolamento ritenuto autoritativamente dovuto”.
3. Il ricorso dev’essere, dunque, accolto per quanto di ragione sulla base dello scrutinio complessivo ed unitario delle prime due censure, perché erroneamente il Tribunale ha attribuito alla delibera di cui trattasi efficacia integrativa del contratto di utenza e, quindi, ha desunto l’esistenza dell’inadempimento.
Gli altri due motivi, essendo basati sul presupposto che la nota delibera avesse svolto efficacia integrativa, restano assorbiti.
4. Il Collegio reputa a questo punto che non vi sia necessità di rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito, in quanto non occorrono accertamenti di fatto per ritenere che, in riforma della sentenza di primo grado, l’appello dell’Enel debba essere accolto e la domanda proposta dalla parte qui intimata debba essere rigettata. Al riguardo, la sua infondatezza emerge, infatti, anche per il profilo subordinato, inerente il preteso inadempimento dell’obbligo di informazione: è evidente che, se la delibera non ha integrato il contratto per la sua indeterminatezza, l’oggetto dell’obbligo de quo non può essere insorto.
5. Le spese delle fasi di merito, sulle quali questa Corte deve provvedere, possono essere integralmente compensate, giacché è notorio che nella giurisprudenza di merito la questione di diritto dell’efficacia della norma della nota deliberazione e stata decisa in modi opposti. Le spese del giudizio di cassazione seguono invece la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione riguardo al primo motivo. Dichiara assorbiti il secondo ed il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, pronunciando sul merito, rigetta la domanda degli intimati. Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna gli intimati alla rifusione alle ricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro ottocento/00 (Euro 800,00) di cui duecento/00 (Euro 200,00) per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
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