Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 28 gennaio 2014, n. 1762
Svolgimento del processo
.1 – Con sentenze non definitiva in data 28 aprile – 14 maggio 1990 e definitiva del 22 maggio – 12 giugno 1992 il Tribunale di Alessandria, con la prima attribuì la responsabilità del sinistro all’origine della controversia per il 20% a M.G. e per l’80% a L.G. e, con la seconda, condannò quest’ultimo e la Universo Assicurazioni S.p.A. a pagare al M. L. 140.000.000.
.2 – La Corte d’Appello di Torino (sentenza in data 31 ottobre – 28 novembre 1997), in accoglimento dell’appello incidentale di L. e Universo Assicurazioni, dichiarò nulla la sentenza di primo grado, sia per l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti della Italfiocchi International S.p.A., proprietaria dell’automezzo condotto dal L. , sia per la nullità della citazione in giudizio di costui.
.3 – Riassunto il giudizio, il Tribunale di Alessandria (sentenza in data 11 – 16 febbraio 2004) ripartì le responsabilità come da sentenza poi annullata e condannò il L. , la Eurofiocchi S.p.A. (già Italfiocchi International) e l’Italiana Assicurazioni S.p.A. (che aveva incorporato la Universo Assicurazioni) a pagare al M. la somma di Euro 340.000,00, sotto detrazione della somma di Euro. 258.228,04 già pagata dalla Italiana Assicurazioni.
.4 – Con sentenza in data 9 giugno – 4 luglio 2006 la Corte d’Appello di Torino confermò integralmente la sentenza del Tribunale. La Corte territoriale osservò per quanto interessa: la ripartizione delle responsabilità era condivisibile; danno biologico, danno morale e danno patrimoniale erano stati liquidati in misura congrua;
correttamente il primo giudice aveva ritenuto il danno esistenziale categoria del danno morale.
.5 – Avverso la suddetta sentenza il M. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico, complesso motivo, illustrato con successiva memoria.
La Italiana Assicurazioni S.p.A. ha resistito con controricorso.
Il L. e la Eurofiocchi non hanno espletato attività difensiva.
Il ricorso, originariamente avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 377 – 380 – bis c.p.c., è poi stato rimesso alla pubblica udienza.
La Italiana Assicurazioni ha presentato memoria con la quale assumeva, tra l’altro, di avere corrisposto al ricorrente in data 17 marzo 2004 l’ulteriore importo di Euro. 300.618,71 di cui nel ricorso non era stata fatta menzione.
Motivi della decisione
.1 – L’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente è manifestamente infondata.
È vero che il ricorso è stato notificato alla Italiana Assicurazioni non nel domicilio eletto nel giudizio di appello (in Torino presso lo Studio Salvini), ma presso il procuratore officiato nel giudizio di primo grado, con conseguente nullità della notifica, ma il ricorso è stato notificato ritualmente al L. e alla Eurofiocchi; ne consegue che esso è ammissibile ma la Corte avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Italiana Assicurazioni. Tuttavia tale adempimento risulta superfluo essendosi la resistente costituita e avendo espletato le proprie difese.
.2 – Con l’unico motivo di ricorso si adduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c. in tema di identificazione e liquidazione del danno esistenziale. Assume il ricorrente che la più recente giurisprudenza di legittimità – in armonia con i concreti segni nell’evoluzione interpretativa provenienti dalla Corte Costituzionale – riconosce il danno esistenziale quale autonoma e legittima categoria giuridica in seno all’art. 2059 c.c.. Egli aggiunge che il danno esistenziale, a differenza del danno morale il quale attiene alla sfera emotiva e interiore del singolo, è oggettivamente accertabile attraverso l’esame di precise circostanze comprovanti l’adozione di scelte di vita diverse da quelle che sarebbero state seguite in assenza dell’evento dannoso.
3 – Il ricorso, che presenta le ragioni d’inammissibilità indicate nella relazione ex art. 380-bis, depositata in atti, giacché viola palesemente il disposto dell’art. 366-bis c.p.c. non essendo in esso rinvenibile il prescritto quesito di diritto formulato secondo il modello ripetutamente definito dalla giurisprudenza di legittimità, risulta anche manifestamente infondato.
.3 – Infatti, in forza del principio di unitarietà del danno non patrimoniale, sancito dalla sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite, è ormai acquisito (confronta, ex multis, la recente Cass. Sez. III, n. 3290 del 2013) che non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di “danno esistenziale”, in quanto, ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una non consentita duplicazione risarcitoria; ove, invece, si intendesse includere nella categoria i pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, la stessa sarebbe illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili alla stregua del menzionato articolo.
.4 – Nella specie i giudici di merito hanno già provveduto a determinare il danno ex art. 2059 c.c.; in particolare la sentenza impugnata ha evidenziato che il Tribunale aveva rafforzato la liquidazione del danno morale con una ulteriore erogazione correlata alla particolare intensità della sofferenza e dell’incidenza psicologica del trauma su un ragazzino in età di sviluppo e privo dell’equilibrio della persona adulta.
D’altra parte il ricorrente non ha addotto – e tanto meno riferito testualmente – di avere sottoposto alla valutazione del giudice di appello le genericamente asserite “precise circostanze comprovanti l’adozione di scelte di vita diverse da quelle che sarebbero state seguite in assenza dell’evento dannoso”.
.5 – Pertanto il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio della soccombenza. La liquidazione avviene come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. 140/2012, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 4.500,00 per compensi.
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