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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza  del 14 gennaio 2013, n. 709

Ritenuto in fatto

1. – Con atto di citazione notificato in data 2 marzo 1995, B.N. , proprietaria di una soffitta al piano sottotetto dello stabile di (…) , evocò in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino, la s.n.c. G. L. & C. in liquidazione, costruttrice del fabbricato, chiedendo che venisse accertato l’usucapione, in favore di essa attrice, della proprietà di un locale non condominiale ad uso sgombero, adiacente alla predetta soffitta.
La società convenuta non si costituì in giudizio.
L’adito Tribunale, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 27 gennaio 2003, accertò l’intervenuta usucapione, per possesso ultraventennale del locale in questione e dichiarò l’attrice proprietaria del medesimo.
2. – La Corte di Torino, con sentenza in data 13 febbraio 2006, ha accolto l’appello unitariamente proposto dalla società costruttrice e dal Condominio di (…) e, in totale riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda.
La Corte territoriale ha rilevato che il locale in questione era ricompreso tra le parti condominiali e che difettava la prova non solo di un valido possesso ad usucapionem in capo all’attrice, ma anche della durata ultraventennale dello stesso.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la B. ha proposto ricorso, con atto notificato il 17 maggio 2006, sulla base di tre motivi.
Il Condominio e la società G. L. hanno resistito con controricorso.
Ha depositato atto di intervento volontario N.P.M. , figlia ed unica erede di N.B. , deceduta in corso di causa.

Considerato in diritto

1. – Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata.
2. – Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del controricorso, formulata, all’udienza di discussione, dalla difesa della ricorrente sul rilievo che nella copia ad essa notificata mancherebbe la procura speciale.
L’eccezione è infondata. L’originale del controricorso reca, infatti, la procura speciale a margine e la mancata trascrizione, sulla copia del controricorso, della procura conferita dai controricorrenti ai difensori non determina l’inammissibilità del controricorso: sia perché la copia del controricorso contiene non solo il riferimento alla procura rilasciata a margine dell’originale, ma anche l’attestazione dell’ufficiale giudiziario che la notifica è stata eseguita ad istanza degli Avv. B. e M., attestazione idonea ad evidenziare la provenienza dell’atto dai difensori dei controricorrenti muniti di mandato speciale; sia perché la destinataria del controricorso, con il deposito dell’originale del controricorso in cancelleria, è stata posta in grado di verificare sia la sussistenza della procura, sia l’anteriorità del rilascio di essa rispetto alla notifica dell’atto.
3. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 101, 102, 112 e 277 cod. proc. civ. e 24 Cost.) ci si duole che la Corte territoriale, pur riconoscendo che il bene non apparteneva al soggetto chiamato in causa in primo grado, abbia deciso nel merito la causa, senza pronunciare né in ordine alla eccepita (dagli appellanti) carenza di legittimazione passiva della società costruttrice, né sulla richiesta (degli stessi appellanti) di remissione della questione al giudice di primo grado. La Corte avrebbe deciso la causa in difetto di interesse, nel merito, alla decisione da parte del soggetto evocato in giudizio in primo grado e “accogliendo la domanda” di soggetto rimasto assente al primo giudizio, senza consentire alla controparte, destinataria degli effetti di detto accoglimento, di esplicare appieno il proprio diritto di difesa.
Con il secondo motivo si sostiene che la esclusione del Condominio dal giudizio di primo grado, ritenuto unico legittimo contraddittore in relazione alla domanda dell’attrice, determinerebbe la nullità dell’intero procedimento.
3.1. – I due motivi – i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
È assorbente rilevare che la contestazione relativa all’appartenenza alla parte convenuta del diritto controverso non involge un questione di legitimatio ad causam, ma una questione che attiene al merito della causa. E poiché le parti possono, a seguito della pronuncia d’appello, essere rimesse davanti al giudice di primo grado soltanto nei casi previsti dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., tra essi non rientra, non ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario, il caso in cui il giudice d’appello, nel respingere la domanda di usucapione avanzata dall’attore, riconosca che la titolarità del bene (nella specie, un locale posto in un edificio condominiale), in ordine al cui acquisto a titolo di usucapione appunto si controverta, appartenga ad un soggetto (il condominio) diverso da quello (il costruttore dell’intero edificio) evocato in giudizio dall’attore (cfr. Cass., Sez. II, 26 maggio 1990, n. 4907; Cass., Sez. I, 8 aprile 2003, n. 5456; Cass., Sez. Ili, 29 settembre 2005, n. 19170; Cass., Sez. I, 9 giugno 2006, n. 13477; Cass., Sez. II, 23 maggio 2012, n. 8175).
4. – Il terzo motivo lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
4.1. – Il motivo è privo di fondamento.
La Corte d’appello ha motivato con argomentazioni logiche e coerenti il convincimento al quale è pervenuta: rilevando che i testi escussi in primo grado hanno mostrato di non avere neppure compreso quale fosse il locale oggetto delle domande loro rivolte, avendo essi fatto riferimento alla soffitta (che effettivamente la B. aveva acquistato), ma non all’adiacente vano di sgombero oggetto della richiesta di usucapione; sottolineando che la circostanza che la soffitta fosse chiusa e che solo la B. (proprietaria) ne detenesse le chiavi non vale a dimostrare che essa utilizzasse in via esclusiva anche il locale adiacente; evidenziando che nessuna prova è stata fornita dall’attrice circa l’uso esclusivo, pacifico, pubblico ed incontrastato, da parte sua, del locale de quo, né, tanto meno, della durata ultraventennale del preteso possesso.
Il motivo di ricorso si risolve nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito.
5. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, liquidate in complessivi Euro 1.700, di cui Euro 200 per esborsi ed Euro 1.500 per compensi, oltre ad accessori di legge.

Depositata in Cancelleria il 14.01.2013

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