Le massime
1. Non è configurabile il reato di truffa, tutte le volte in cui la frode incida sulla determinazione di un organo che, esercitando un potere di natura pubblicistica, è tenuto ad accertare una violazione amministrativa, proprio perché manca l’elemento costitutivo del reato ossia l’atto di disposizione patrimoniale di natura privatistica (nel caso di specie, erano stati indotti in errore sulla decorrenza della copertura assicurativa i Carabinieri, che all’atto di un controllo, si erano visti esibire un certificato di assicurazione con data di stipulazione anticipata rispetto a quella effettiva).
2. Ai fini della configurabilità del reato di truffa, nel caso in cui il soggetto raggirato sia diverso dal soggetto danneggiato è indispensabile che fra i due sussista un rapporto di rappresentanza legale o negoziale tale per cui il soggetto che subisce il comportamento dell’agente abbia la possibilità di incidere giuridicamente sul patrimonio del rappresentato nel senso che il rappresentante abbia il potere di compiere l’atto di disposizione destinato efficacemente a incidere sul patrimonio del danneggiato per effetto di una libera scelta negoziale: in altri termini, l’induzione in errore ed il conseguente danno non possono derivare da qualsiasi generico rapporto di interferenza fra soggetto raggirato e soggetto danneggiato ma solo da un rapporto qualificato per cui il rappresentante abbia il potere di compiere libere scelte negoziali destinate a ricadere sul patrimonio del danneggiato.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II
SENTENZA 4 maggio 2012, n.16630
Fatto
p.1. Con sentenza del 13/05/2011, la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza con la quale il giudice monocratico del tribunale di Sciacca, in data 26/01/2009, aveva ritenuto G.M. colpevole del reato di tentata truffa ai danni dello Stato, “perché in concorso con gli altri computati la cui posizione veniva stralciata, nella qualità di titolare dell’agenzia AXA Assicurazioni di Agrigento, con artifici e raggiri, consistiti nello stipulare un contratto di assicurazione per responsabilità civile verso terzi relativo all’autocarro Fiat OM tg XXXXXXXX, nel quale veniva falsamente indicata quale data di stipula quella del 12/11/2003, anziché quella effettiva del 13/11/2003, induceva in errore in ordine alla decorrenza della copertura assicurativa i Carabinieri della Tenenza di Ribera, cui il M. soggetto nella disponibilità materiale del mezzo, già sottoposto a controllo in data 13/11/2003, esibiva il sopra citato contratto, procurando in tal modo a quest’ultimo un ingiusto profitto costituito dal mancato accertamento della violazione di cui all’art. 193 CdS (circolazione su veicolo sprovvisto di copertura assicurativa), con pari danno dell’erario, con l’aggravante di avere commesso il fatto a danno dello Stato in Ribera accertato il 20/11/2003 ed al capo b) del reato di tentata truffa di cui agli artt. 110, 56, 640 co. 1 e 2 n. 1 c.p. perché in concorso con gli altri coimputati la cui posizione veniva stralciata, nella qualità di cui sopra, con artifici e raggiri di cui sopra consistiti nello stipulare un contratto di assicurazione per responsabilità civile velati terzi relativo all’autocarro Fiat Lunotto tg. (OMISSIS) nel quale era falsamente indicata quale data di stipula quella del 12/11/2003 induceva in errore in ordine alla decorrenza della copertura assicurativa i Carabinieri della Tenenza di Ribera, cui il M. soggetto nella disponibilità materiale del mezzo, già sottoposto a controllo in data 13/11/2003, esibiva il sopra citato contratto, procurando in tal modo a quest’ultimo un ingiusto profitto costituito dal mancato accertamento della violazione di cui all’art. 193 CdS (circolazione su veicolo sprovvisto di copertura assicurativa), con pari danno dell’erario, con l’aggravante di avere commesso il fatto a danno dello Stato; in Ribera accertato il 20/11/2003”. In punto di fatto, la Corte accertava che “dalle risultanze dibattimentali, con le dichiarazioni testimoniali del M.llo P. in servizio all’epoca dei fatti presso la Tenenza dei CC di Ribera, è risultato che in occasione di un controllo effettuato in data 13/11/03, i due autocarri di cui ai capi di imputazione, rispettivamente di proprietà di M.G. e Pi.Ro. ed entrambi nella materiale disponibilità di M.C. , vennero contravvenzionati per la mancata esibizione del tagliando assicurativo. Successivamente vennero esibiti presso gli uffici della Tenenza dei Carabinieri di Ribera i contratti assicurativi dei rispettivi automezzi, risultanti entrambi stipulati il 12/11/03 e cioè il giorno antecedente al controllo e quindi, data la coincidenza sospetta, a seguito di controlli presso la sede centrale della compagnia assicuratrice Axa Assicurazioni, si accertava che la copertura assicurativa dei mezzi decorreva appunto dalle ore 24 del 13/11 /2003, giorno della effettiva stipulazione del contratto, risultando così la falsità della data 12/11/2003 riportata nei contratti assicurativi esibiti alle forze dell’ordine, in cui vi era la sottoscrizione della odierna imputata che dunque deve ritenersi abbia concorso nella falsificazione, ponendo in essere la condotta sufficiente ad integrare le fattispecie criminose contestate, sia pure nella forma del tentativo non essendosi poi realizzato l’evento solo per gli accertamenti compiuti dai verbalizzanti. Infatti è palese che la falsa attestazione della data suddetta costituisce l’artificio adottato dalla prevenuta in concorso con il conducente e i proprietari dei veicoli, per evitare l’accertamento della violazione dell’art. 193 CdS (circolazione su veicolo sprovvisto di copertura assicurativa) al fine di conseguire l’ingiusto profitto costituito dal mancato pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria”.
p.2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputata, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 1901 cod. civ.: sostiene la ricorrente che, dalle copie dei contratti di assicurazione acquisite in sede di appello, emergeva che nella “casella recante la dicitura periodo per il quale è stato pagato il premio vi fosse la scritta a computer 12/11/2003 fino al 12/05/2004. In effetti, oltre alla casella periodo per il quale è stato pagato il premio ve n’è un’altra che reca la dicitura data di pagamento del premio dove, a penna, è apposta la data del 13/11/2003. È quindi, dalla lettura stessa del contratto che si poteva chiaramente desumere la data di efficacia del contratto di assicurazione”. Conclude, quindi, la ricorrente che “se avesse voluto veramente cercare di commettere una truffa avrebbe dovuto apporre la data del 12/11/2003 non solo nella casella relativa alla decorrenza del contratto ma soprattutto su quella relativa al pagamento del premio […]”.
Diritto
p.1. Il ricorso deve ritenersi fondato sulla base delle considerazioni di seguito indicate.
Il reato di truffa è un reato contro il patrimonio la cui ratio consiste nella tutela della libertà di determinazione negoziale che, per essere tale, dev’essere assunta in assenza di qualsiasi atto fraudolento. Il reato in questione, è caratterizzato, sotto il profilo dell’elemento materiale, dai seguenti elementi: a) gli artifizi o raggiri; b) l’incidenza sul patrimonio della vittima.
Secondo, poi, il consolidato indirizzo di questa Corte, nel caso in cui il soggetto raggirato sia diverso dal soggetto danneggiato, ai fini della configurabilità del reato, è indispensabile che fra i due sussista un rapporto di rappresentanza legale o negoziale tale per cui il soggetto che subisce il comportamento dell’agente abbia la possibilità di incidere giuridicamente sul patrimonio del rappresentato nel senso che il rappresentante abbia il potere di compiere l’atto di disposizione destinato efficacemente a incidere sul patrimonio del danneggiato per effetto di una libera scelta negoziale: in altri termini, l’induzione in errore ed il conseguente danno non possono derivare da qualsiasi generico rapporto di interferenza fra soggetto raggirato e soggetto danneggiato ma solo da un rapporto qualificato per cui il rappresentante abbia il potere di compiere libere scelte negoziali destinate a ricadere sul patrimonio del danneggiato: ex plurimis Cass. 37409/2001, rv 220307. Infatti, per la configurabilità della truffa occorre che il soggetto passivo compia un atto di disposizione patrimoniale di natura privatistica.
Sulla base di tale osservazione, questa Corte, ha tratto la conclusione che non è configurabile il reato di truffa, tutte le volte in cui la frode (rectius: gli artifizi o raggiri) incida sulla determinazione di un organo che, esercitando un potere di natura pubblicistica, è tenuto ad accertare una violazione amministrativa, proprio perché manca l’elemento costitutivo del reato ossia l’atto di disposizione patrimoniale di natura privatistica: ex plurimis Cass. 37409/2001, rv 220307 [fattispecie, come quella in esame, in tema di frode sta destinata a incidere sull’autorità amministrativa tenuta ad accertare una violazione amministrativa nell’ambito di un procedimento destinato alla verifica della sussistenza delle condizioni per l’emanazione dell’ordinanza-ingiunzione di cui all’art. 18 della l. 24 novembre 1981, n. 689] – Cass. 21868/2002, Rv 221842 – Cass. 29929/2007, Rv 237699 [fattispecie in tema di ed truffa processuale]; – Cass. 6022/2008, Rv 239506 [fattispecie in tema di decisione favorevole ottenuta con artifizi e aggiri in un procedimento arbitrale]; Cass. 23941/2009 riv 245177 [fattispecie in tema di falsificazione materiale del contrassegno assicurativo].
Applicando i suddetti principi al caso di specie, ne consegue allora che non è configurabile il reato di truffa perché, secondo l’ipotesi accusatoria fatta propria da entrambi i giudici di merito, ad essere stati raggirati sarebbero stati i C.C. nell’ambito di un controllo: il che non è ipotizzabile proprio perché i C.C. non avevano il potere di compiere alcun atto di disposizione destinato ad incidere sul patrimonio del danneggiato (ossia lo Stato) per effetto di una libera scelta negoziale atteso che i medesimi avevano solo la funzione di accertare la violazione dell’art. 193 Cds che prevede una semplice sanzione amministrativa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
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