Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 26 febbraio 2015, n. 3936
Svolgimento del processo
Con ricorso in data 5/12/2008 C.D. e C.F. impugnavano con ricorso proposto ai sensi dell’art. 170 D.P.R. 115 del 2002 il provvedimento in data 25/11/2008 con il quale il Procuratore della Repubblica di Castrovillari revocava il decreto di liquidazione del compenso emesso da due P.M. in data 19/6/2008 per attività di consulenza prestata in un procedimento penale per illegittimità del provvedimento di conferimento dell’incarico e per la sua conseguente revoca.
Il Presidente del Tribunale assegnava la trattazione ad un giudice della sezione penale il quale decideva all’esito di contraddittorio instaurato solo tra i ricorrenti e il Procuratore della Repubblica con ordinanza del 10/2/2009.
Il Giudice riteneva che l’opposizione fosse inammissibile in quanto non diretta contro un decreto di pagamento, ma contro un provvedimento di revoca che doveva essere impugnato con i rimedi offerti dal codice civile e non con lo strumento dell’opposizione ex art. 170 DPR 115 del 2002, consentito, secondo la tesi del giudicante, solo per contestare il quantum della liquidazione.
C.D. e C.F. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, l’ultimo dei quali suddiviso in due parti, una relativa alla violazione di norme di diritto e una relativa al vizio di motivazione.
Il ricorso è stato notificato solo al Procuratore della Repubblica di Castrovillari che è rimasto intimato.
Motivi della decisione
Il procedimento era stato instaurato dagli opponenti ai sensi dell’art. 170 DPR 115 del 2002 in quanto, come ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte, qui condivisa, il ricorso ex art. 170 DPR 115 del 2002, ancorché letteralmente riferito al solo decreto positivo di liquidazione deve intendersi estensivamente applicabile anche al provvedimento di rifiuto (v. Cass. 17/12/1999 N. 14224) e nella specie il provvedimento impugnato aveva appunto ad oggetto la revoca della liquidazione e non la revoca del mandato, peraltro già espletato, conferito al consulente.
Ne discende l’applicabilità delle regole procedimentali di cui alla richiamata norma.
Ciò premesso, in via del tutto preliminare deve essere dichiarata la nullità dell’ordinanza impugnata e dell’intero procedimento per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Giustizia e degli imputati con rimessione degli atti al giudice dell’opposizione per l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli imputati e del Ministero della Giustizia in quanto sia gli imputati che il Ministero della giustizia sono soggetti interessati e in applicazione del seguente principio:
Nel giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso al custode di beni sequestrati nell’ambito del procedimento penale (gli stessi principi valgono per la liquidazione del compenso all’ausiliario del magistrato), sono contraddittori necessari, oltre al beneficiario, le parti processuali, compreso il P.M. e, tra esse, in particolare, i soggetti (nella specie, gli eredi dell’imputato deceduto) a carico dei quali è posto l’obbligo di corrispondere detto compenso. Ne consegue che l’omessa notifica del ricorso e del decreto di comparizione delle parti – disposta ex art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794, cui rinvia l’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – ad uno dei soggetti obbligati al pagamento, ove manchi la partecipazione di costui al procedimento, determina non l’inammissibilità del ricorso (dato che il suo deposito realizza la “editio actionis” necessaria all’incardinamento della seconda fase processuale), ma la nullità del successivo procedimento e della relativa decisione, in ragione della mancanza di integrità del contraddittorio, con conseguente cassazione della decisione stessa e rinvio della causa al giudice “a quo”. (Cass. 7/12/2010 n. 24786; Cass. 23192/2012; Cass. 28711/2013).
Infatti con la previsione di cui all’art. 170 cit. il legislatore ha configurato un procedimento nel quale sono litisconsorti necessari i soggetti ivi menzionati e, per quanto rileva nel caso di specie, le parti del processo nel quale viene svolta la prestazione alla quale si riferisce il decreto di liquidazione oggetto di opposizione.
Il procedimento, anche se riferito a liquidazioni inerenti ad attività espletate ai fini di giudizio penale, ha carattere di autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale e parte necessaria del procedimento deve considerarsi ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento; nei procedimenti di opposizione a liquidazione inerenti a giudizi civili e penali suscettibili (in caso di mancata condanna degli imputati o di impossibilità di recupero) di restare a carico dell’erario, anche quest’ultimo, identificato nel Ministero della Giustizia, è parte necessaria (Cass. S.U. 29/5/2012 n. 8516); in caso di condanna degli imputati, trattandosi di spesa ripetibile (art. 5 lett. d del T.U. 115/2002), dai medesimi (se soggetti solvibili) deve essere pagata ai sensi dell’art. 204 T.U. 115 del 2002 che prevede l’obbligo del recupero nei confronti dei condannati delle spese ripetibili. La nullità si ricollega ad un difetto di attività del giudice a quo, al quale incombeva l’obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio del processo e può essere rilevata anche d’ufficio nel giudizio di cassazione.
Ne consegue che l’omessa notifica del ricorso e del decreto di comparizione delle parti – disposta della L. 13 giugno 1942, n. 794, ex art. 29, cui rinvia il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 – ad uno dei soggetti che possono essere obbligati al pagamento, ove manchi la partecipazione di costui al procedimento, determina non già l’inammissibilità del ricorso (dato che il suo deposito realizza la editio actionis necessaria all’incardinamento della seconda fase processuale), ma la nullità del successivo procedimento e della relativa decisione, in ragione della mancanza di integrità del contraddittorio, con conseguente cassazione della decisione stessa e rinvio della causa al giudice a quo” (cfr. Cass. n. 24786 del 2010) perché proceda a nuovo esame della opposizione previa integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti del giudizio nel quale è stato svolto l’incarico conferito al consulente del P.M. Restano assorbiti, in quanto dovranno essere esaminati e decisi dal giudice del rinvio nel contraddittorio delle parti i motivi di ricorso concernenti:
– il primo, l’illegittimità del provvedimento perché revoca una già disposta liquidazione e l’ammissibilità del procedimento ex art. 170 DPR 115/2002;
– il secondo, per il quale la revoca del provvedimento di liquidazione non sarebbe ammissibile da parte dello stesso giudice che lo ha emesso, essendo prevista solo l’opposizione;
– il terzo con il quale si censura il provvedimento impugnato in quanto la revoca sarebbe preclusa dalla mancata tempestiva impugnazione del provvedimento di liquidazione.
Pertanto deve dichiararsi la nullità del giudizio di merito e l’ordinanza impugnata va pertanto cassata con rinvio al Tribunale di Castrovillari, in persona di diverso magistrato, perché proceda a nuovo esame della opposizione previa integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti del giudizio nel quale è stato svolto l’incarico conferito al C.T.U..
Avuto riguardo alle ragioni dell’annullamento, devono compensarsi integralmente le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
A seguito di riconvocazione dal 26 Novembre 2014 la Corte dichiara la nullità del giudizio di merito cassa l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Castrovillari in persona di diverso magistrato. Compensa le spese di questo giudizio di legittimità.
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