Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 25 febbraio 2014, n. 9047
Fatto e diritto
1- P.F., già condannato con doppia conforme – sentenze del tribunale monocratico di Monza in data 10.5.2012 e corte di appello di Milano in data 22.4/21.5.2013 – alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 600 di multa per il delitto truffa aggravata ex art 640 commi i e 2 c.p., – per essersi l’imputato assentato dall’ufficio per due giorni, presentando un certificato medico e partecipando nel periodo della asserita malattia ad una gara di body building, procurandosi così l’ingiusto profitto di una retribuzione non dovuta con danno dell’azienda ospedaliera nella quale prestava lavoro come infermiere- ricorre per cassazione avverso la seconda decisione, deducendo, con il richiamo all’art. 606 lett. b) c) d) ed e) codice di rito, i rilievi critici che si possono sintetizzare nel modo seguente: a) omessa motivazione già nel giudizio di appello sul punto dell’ omesso accertamento della falsità del certificato medico giustificativo della assenza, falsità che doveva considerarsi presupposto normativo del delitto contestato condizionante l’artifizio e raggiro di un suo elemento costitutivo; b) travisamento della prova sul punto relativo alla affermata insussistenza della patologia – faringite ed infiammazione delle vie respiratorie – segnalata dal certificato medico, patologia peraltro incompatibile con lo svolgimento della attività di infermiere e compatibile invece con la partecipazione ad una gara di body building.
2- Il ricorso è manifestamente infondato e pertanto va dichiarato inammissibile.
Invero, ai fini della configurazione del delitto di truffa nel quale l’artifizio e raggiro è costituito dalla presentazione di un certificato medico attestante una malattia ritenuta insussistente in forza di plurime considerazioni di fatti che si vanno da qui a tra poco ad indicare, non è certo necessario esperire una particolare procedura (dichiarazione di falso o altro) diretto a vanificare formalmente l’efficacia probatoria del documento esibito. Quell’efficacia può ragionevolmente rilevarsi in base, come è avvenuto nel caso di specie, ad una serie di circostanze deponenti con particolare chiarezza per la falsità del documento e comunque per l’inidoneità dei sintomi influenzali ivi rappresentati a giustificare la assenza dal lavoro. I giudici di merito hanno puntualmente rilevato due circostanze per nulla contestate dal ricorrente: l’imputato in precedenza aveva inviato un certificato, per giustificare l’assenza, privo della specificazione della malattia e ritenuto dal datore di lavoro non idoneo a giustificare l’assenza, da un lato, in sede disciplinare sempre l’imputato aveva ammesso di essersi assentato dal lavoro per partecipare alla gara di boody bulding, alla quale si preparava da mesi ed a cui non poteva rinunciare. Non può che ritenersi congruo e perfettamente logico il discorso giustificativo giudiziale che esclude possa partecipare ad una gara che richiede prestanza fisica colui che è fortemente indebolito da una sindrome influenzale. Se poi la patologia influenzale si fosse presentata lieve, tale da consentire la partecipazione ad una gara così impegnativa sul piano della forza fisica, la predetta certo non sarebbe stata in grado di impedire alla persona così influenzata una normale, non certo impegnativa dal punto di vista fisico attività lavorativa quale quella dell’ infermiere, magari svolta, tenendo conto delle possibili contaminazione all’esterno, con i più opportuni e possibili accorgimenti.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
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