Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 19 settembre 2013, n. 38659
Motivi della decisione
B.G. e B.M. , quali persone offese nel procedimento penale n. 9708/08 Rgnr a carico di A.G. e altri imputati del delitto di cui agli artt. 110, 643 cp, ricorrono per Cassazione avverso l’ordinanza 10.1.2013 con la quale il Tribunale del Riesame di Messina ha rigettato ex art. 324 cpp l’appello proposto avverso l’ordinanza 25.6.2012 del Tribunale di Messina che, a sua volta aveva negato il dissequestro delle somme giacenti sul conto corrente bancario n. … acceso presso la agenzia di … della Banca popolare del Mezzogiorno ed intestato a B.G. , nonché sul c/c bancario n. … acceso presso l’agenzia di … sella Banca per lo sviluppo del Credito.
La difesa richiede l’annullamento del provvedimento deducendo:
p.1.) Erronea applicazione degli artt. 757, 457, 476 e 572 c.c. e vizio di motivazione, perché il Tribunale del riesame, respingendo la richiesta di dissequestro pro quota delle sole somme giacenti sui conti correnti in epigrafe indicati, non ha tenuto nella dovuta considerazione il fatto che: a) gli istanti, persone danneggiate dal reato, sono coeredi del patrimonio già appartenuto in vita a BU.Gi. ; b) gli istanti hanno accettato l’eredità senza il beneficio dell’inventario; c) gli istanti si sono limitati a richiedere il dissequestro in misura rientrante nella sola quota di legittima relativa alle sole somme di denaro depositate nei richiamati conti correnti. La difesa inoltre sostiene essere illogica la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui si afferma che non sia possibile procedere alla determinazione di quanto spettante agli eredi del de cuius BU.Gi. .
p.2.) erronea applicazione dell’art. 321 cpp ex art. 606, 1^ comma lett. B) cpp poiché il Tribunale ha errato nell’affermare che “la libera disponibilità delle somme sequestrate potrebbe aggravare o protrarre le conseguenze dell’attività illecita o agevolare la commissione di altri reati, posto che la istanza di dissequestro è stata formulata dalle persone danneggiate dal reato, cioè da persone che non hanno commesso il reato né possono commetterne altri per effetto di un dissequestro parziale.
Premessa in fatto e svolgimento del processo
Dalla lettura del provvedimento impugnato si evince quanto segue.
Con decreto del 19.1.2009 il GIP del Tribunale di Messina ha disposto il sequestro preventivo di tutti i beni mobili ed immobili di proprietà di BU.Gi. (compresi i conti correnti allo stesso intestati) in relazione agli artt. 643 e 572 cp, essendo emerso un disegno di spoliazione del BU.Gi. posto in essere ai suoi danni da parte di alcuni parenti e di soggetti terzi.
Con decreto del 16.4.2009 il Pubblico ministero disponeva il dissequestro del conto corrente 10537 della Banca Popolare del Mezzogiorno e la restituzione dello stesso al legittimo proprietario in persona dell’amministratore di sostegno nominato nell’interesse della persona offesa (BU.Gi. ), al fine di provvedere alle primarie esigenze del BU. e alle spese della procedura civile.
A seguito del decesso del BU.Gi. , il Tribunale di Messina con decreto del 3.11.2011, su richiesta del Pubblico ministero sottoponeva nuovamente a sequestro preventivo il suddetto conto corrente giustificando il provvedimento con la considerazione che il compendio ereditario del BU. costituirebbe il profitto dell’azione delittuosa asseritamele perpetrata dagli imputati e che la libera disponibilità del conto suddetto e delle somme depositate consentirebbe agli imputati di disporre beni ereditali, cosi da aggravare le conseguenze del reato e disperdere definitivamente il patrimonio ereditario.
In data successiva gli odierni ricorrenti proponevano istanza di dissequestro parziale delle somme giacenti sui conti correnti in epigrafe indicati, assumendo di essere persone danneggiate dal reato che vede imputati A.G. e P.S.R. a loro volta chiamate alla successione testamentaria per taluni immobili.
Il Tribunale respingeva l’istanza affermando che: a) dalla documentazione allegata dai ricorrenti, non emergeva con adeguata certezza l’esistenza di altri familiari, riconducibili alla categoria dei successibili; b) nel provvedere alla divisione del compendio ereditario si doveva tenere conto dei crediti residui vantati da terzi nei confronti del deceduto.
La difesa impugnava il suddetto provvedimento con appello deducendo che:
1) gli istanti erano eredi puri e semplici con la conseguenza che nessun pregiudizio poteva profilarsi per eventuali creditori del de cuis, che avrebbero potuto trovare soddisfazione sul patrimonio personale degli eredi;
2) dalla documentazione prodotta emergeva che gli unici successibili erano gli istanti oltre all’imputata A. , con la conseguenza che l’eventuale dissequestro delle somme di cui ai conti correnti nella misura di 2/3 complessivi (un terzo per ciascuno degli istanti) non poteva costituire pregiudizio per alcuno, potendosi profilare, per effetto del procedimento penale, l’”indegnità” della sola A. con conseguente accrescimento della quota già spettante ai fratelli B. .
Il Tribunale del riesame rigettava l’appello cautelare affermando: 1) la permanenza delle condizioni per le quali era stato disposto il sequestro; 2) l’impossibilità a procedere al dissequestro di quanto richiesto poiché si sarebbe dovuta stabilire la quota di spettanza agli istanti non commisurabile sulla base di singoli beni; 3) non sarebbe stato possibile stabilire neppure la spettanza di eventuale quota di legittima, non potendosi determinare neppure l’ammontare di eventuali pesi gravanti sul patrimonio ereditario; 4) la permanenza delle esigenze cautelari volte ad impedire che il reato possa pervenire ad ulteriori conseguenze attraverso la compromissione delle ragioni dei terzi creditori.
Ritenuto in diritto
Il ricorso è fondato e va accolto per le seguenti dirimenti ragioni.
Va in primis osservato che in tema di sequestro preventivo, la sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora non può pregiudicare l’eventuale diritto del terzo in buona fede [v. Cass. Sez. n 30.11.2011 n. 47411] che rivendichi la proprietà del bene sequestrato. Nel caso di specie gli istanti B.G. e B.M. , devono essere considerati soggetti “terzi” rispetto al BU.Gi. , persona offesa del reato e agli imputati.
Pertanto il giudice di merito, a fronte di un’istanza di dissequestro formulata da un soggetto terzo rivendicante in relazione ad un bene sottoposto a vincolo preventivo ex art. 321 cpp, deve verificare la sussistenza sia del titolo di proprietà vantato dal terzo sia la sua buona fede: in caso contrario, l’omessa disamina delle suddette circostanze determina una carenza assoluta di motivazione che integra, a sua volta, la violazione dell’art. 125 cpp rilevante in questa sede ex art. 325 cpp.
Nel caso sottoposto all’esame di questo Collegio, dalla lettura del provvedimento impugnato si evince che il Tribunale non ha preso in considerazione e valutato il fondamento del diritto (iure successionis) vantato dagli istanti e ha rigettato l’istanza di dissequestro sulla base di motivazione che si appalesa del tutto incongrua sì da essere “apparente”; infatti il Tribunale, nel respingere l’istanza, ha fatto un generico richiamo al rischio di un possibile aggravamento del reato commesso derivante da un eventuale dissequestro in favore degli istanti che non rivestono la qualità di indagati o di imputati e ha evocato un generico rischio di possibili danni a soggetti terzi eventuali creditori del de cuius BU.Gi. . Peraltro il Tribunale non ha affrontato la questione pregiudiziale della sussistenza del diritto vantato da B.G. e da B.M. , verificando se gli stessi hanno accettato l’eredità lasciata dal BU.Gi. ex art. 459 c.c..
E se tale successione sia a titolo testamentario o meno.
Solo il definitivo accertamento della suddetta situazione di diritto consente al Tribunale, chiamato a decidere sulla cautela reale, di assumere determinazioni in merito alla sorte dei beni rivendicati da soggetti terzi, tenuto altresì conto del regime di successione (legittima o testamentaria) da applicare; solo in tale ipotesi il Tribunale potrà e dovrà accertare la legittimità di quanto richiesto dai ricorrenti.
Pertanto, ritenuta assorbita ogni diversa questione dedotta, rilevato il vizio di motivazione apparente come tale integrante la violazione dell’art. 125 cpp, annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Messina per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina per nuovo esame.
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