Ai fini dei corrispettivi per l’opera prestata, incombe sull’attore dimostrare di aver ricevuto l’incarico (nel caso di financing project) e quindi poter ripetere la somma di competenza
Suprema Corte di Cassazione
sezione II civile
sentenza 3 gennaio 2017, n. 8
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. MANNA Felice – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 2778/12) proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) ed (OMISSIS) del foro di Firenze e dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.to (OMISSIS) del foro di Firenze, in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1276 depositata il 12 ottobre 2011;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 22 giugno 2016 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito l’Avv.to (OMISSIS), per parte resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 10 gennaio 2006 (OMISSIS) evocava, dinanzi al Tribunale di Firenze, la (OMISSIS) s.r.l. esponendo di avere predisposto nell’interesse della societa’ convenuta un financing project per la realizzazione di una residenza per studenti nel Comune di (OMISSIS) per conto dell’Universita’ di Firenze e n. 32 financing project per alloggi di servizio per il Ministero della difesa, senza pero’ ricevere alcun compenso e pertanto ne chiedeva la condanna al pagamento del corrispettivo di Euro 354.702,37, oltre accessori.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della convenuta, la quale assumeva di non avere mai intrattenuto rapporti con l’attore, il Tribunale adito rigettava la domanda.
In virtu’ di rituale appello interposto dal (OMISSIS), la Corte di appello di Firenze, nella resistenza della appellata, respingeva il gravame e per l’effetto confermava la sentenza del primo giudice.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale affermava di condividere la statuizione del giudice di prime cure secondo il quale la sola produzione di n. 68 documenti non costituiva prova del conferimento dell’incarico, emergendo la inidoneita’ sia dal contenuto sia dalla provenienza degli stessi. Inoltre, osservava che la confutazione dell’appellante della statuizione secondo cui obbligato al pagamento del corrispettivo era il soggetto che gli aveva conferito l’incarico e non il diverso soggetto nell’interesse del quale la prestazione professionale corrispondeva, impostazione difensiva ribadita anche in appello, non era supportata da prova laddove lo stesso appellante affermava che l’incarico era stato “pacificamente” conferito dalla (OMISSIS) e tale societa’, controllante della INIM, avrebbe associato all’affare la (OMISSIS). Ne’ le prove testimoniali articolate assolvevano all’incombente probatorio vertendo su circostanze irrilevanti per essere finalizzate a provare il coinvolgimento della (OMISSIS) nell’affare o comunque contenenti valutazioni. Le doglianze quanto alla valutazione dei documenti, infine, difettavano del requisito di specificita’ di cui all’articolo 342 c.p.c..
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello medicea ha proposto ricorso per cassazione lo stesso (OMISSIS), sulla base di tre motivi, cui ha replicato con controricorso la (OMISSIS).
In prossimita’ della pubblica udienza la (OMISSIS) ha anche depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 1326 e 2229 c.c., per avere la corte territoriale implicitamente ritenuto che la stipulazione di un contratto e l’origine di un rapporto d’opera professionale non possa scaturire da comportamento concludente delle parti.
In primo luogo deve osservarsi che il motivo muove da una travisamento della decisione impugnata, che, diversamente da quanto prospettato, non ha affatto affermato che vi sia un’unica forma per concludere un contratto d’opera.
La pronuncia, in effetti, in conformita’ ad indirizzo espresso in materia da questa Corte (cfr. Cass. 29 settembre 2004 n. 19596; Cass. 10 febbraio 2006 n. 3016; conf. da ultimo Cass. 27 gennaio 2010 n. 1741; Cass. 11 giugno 2014 n. 13206), cui va data in questa sede continuita’, ha evidenziato come il committente di un’opera professionale, in quanto tale obbligato al pagamento del relativo compenso, non deve necessariamente essere individuato nel beneficiario della prestazione, ben potendo l’incarico provenire da un estraneo o da alcuni soltanto di piu’ soggetti interessati. Dato atto della correttezza del principio affermato dalla corte di merito, essa e’ passata quindi all’esame delle condizioni in forza delle quali potesse dirsi o meno acquisita in atti la prova del conferimento dell’incarico da parte della (OMISSIS), pervenendo all’esclusione per non avere trovato alcun riscontro probatorio la ipotesi prospettata dall’appellante, non potendo rilevare al riguardo soltanto la circostanza dei rapporti che certamente intercorrevano fra la (OMISSIS) (sicuramente committente dell’incarico) e la (OMISSIS), ne’ la mancata contestazione circa il conferimento dell’incarico da parte della convenuta/appellata che non costituiva necessariamente prova del conferimento dell’incarico (v. pag. 5 della sentenza impugnata).
Ne’ puo’ formare oggetto di sindacato, in sede di legittimita’, la mancata utilizzazione di elementi presuntivi come fonte di prova, da parte del giudice del merito (v., per tutte, Cass. 21 ottobre 2003 n. 15737).
Con il secondo mezzo deduce la violazione degli articoli 230 e 244 c.p.c., anche per vizio di motivazione, per non avere la corte territoriale ammesso le prove orali articolate, nonostante i capitoli di interrogatorio formale fossero destinati a confermare il complesso di documenti prodotti e comprovanti la costituzione del rapporto d’opera professionale. Di seguito vengono riportati i capitoli di prova.
Il motivo e’ inammissibile, dovendosi rilevarsi che i rilievi mossi alla sentenza impugnata si concentrano piuttosto sulle conclusioni cui sono pervenuti i giudici del merito con un esito della vicenda processuale diverso da quello voluto dall’attuale ricorrente, ma non dimostrano la loro decisivita’ ai fini di un diverso esito del giudizio.
Il ricorrente, in sostanza, non indica quali siano i vizi in cui sarebbe incorso il giudice del merito nel non ammettere le prove orali articolate, ma convoglia l’analisi dei motivi di ricorso, sotto il profilo motivazionale, alla ricerca di una non consentita rivalutazione del materiale probatorio. D’altra parte gia’ nella descrizione del fatto il giudice del gravame – riferendole come difese dell’appellata – ha dato atto che l’attore non aveva insistito in sede di precisazione delle conclusioni sulle prove orali articolate, che il giudice non aveva ammesso, genericamente indicati n. 7 testi. Ha poi chiarito – nella parte motiva – di condividere, in quanto corretta, la decisione del primo giudice sulle prove testimoniali di cui alla memoria attorea del 29.09.2006, essendo relative a fatti irrilevanti, giacche’ finalizzati a provare il coinvolgimento dell'(OMISSIS) nell’affare, ovvero implicavano valutazioni non consentite dei testi. A fronte di detta argomentazione nessuna specifica critica risulta mossa dal ricorrente.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 165 c.p.c., anche come vizio di motivazione, quanto alla valutazione della documentazione da lui prodotta fin dal primo grado, e di sei documenti viene illustrato la rilevanza probatoria.
Del pari priva di pregio risulta l’ultima censura.
La prova dell’avvenuto conferimento dell’incarico, quando il diritto al compenso sia dalla convenuta contestato, come nella specie, sotto il profilo della mancata instaurazione di un simile rapporto, non puo’ che gravare sull’attore, cosi’ come compete esclusivamente al giudice del merito valutare se, nel caso concreto, questa prova possa o meno ritenersi fornita, sottraendosi il risultato del relativo accertamento, se adeguatamente e coerentemente motivato, al sindacato di legittimita’. Ora, il giudizio negativo espresso dal giudice d’appello, all’esito di una compiuta disamina delle risultanze probatorie processuali, sull’assolvimento di siffatto onere nel caso di specie, si sottrae alle censure di vizio della motivazione formulate dal ricorrente. Invero, nessuna delle circostanze che si assumono da quel giudice erroneamente valutate, ha rivestito valore decisivo nella formazione del suo convincimento, onde l’irrilevanza di un eventuale errore commesso nella valutazione del singolo loro peso probatorio. Tutte, per converso, risultano essere state ritenute globalmente inidonee, considerate nella loro connessione logica, cronologica e spaziale, a provare che l’attivita’ di “financing project” predisposta dal dott. (OMISSIS), avesse fatto seguito al conferimento diretto o indiretto, espresso o tacito, di un corrispondente incarico da parte della (OMISSIS), con la giustificazione degli stessi rapporti professionali con la (OMISSIS), che aveva espressamente richiesto o sollecitato il suo impegno. Nella trama argomentativa della sentenza (cfr. pag. da 5 a 6) non si ravvisano, quindi, le lacune e le contraddizioni denunziate dal ricorrente, risultando invece il criticato convincimento sorretto da una motivazione ampia, adeguata e corretta.
Inoltre il motivo difetta di specificita’, perche’ il ricorrente poggia il suo percorso argomentativo su una pluralita’ di documenti solo richiamati, senza allegarli al ricorso o trascriverne il contenuto (v. al riguardo articolo 366 c.p.c., n. 6), sollecitando in tal modo la Corte di Cassazione alla ricerca di essi, attivita’ certamente preclusa nel giudizio di legittimita’.
In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate in dispositivo, sono distratte in favore dell’avvocato antistatario.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che si liquidano in Euro 10.200,00 per compensi professionali, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre alle spese forfetarie ed accessori come per legge. Spese da distrarsi in favore dell’avv. (OMISSIS) che se ne e’ dichiarato antistatario
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