Corte di Cassazione – Sezione Prima Civile, sentenza del 26 settembre 2011, n. 19589. In caso di sopravvenuta disoccupazione possibile reviviscenza dell’obbligo di mantenimento
Il testo integrale
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
Sentenza n. 19589 del 26 settembre 2011
Fatto e diritto
Ritenuto che P.F..C. e L.L.A. si separarono consensualmente con atto omologato dal Tribunale di Cosenza in data 5 dicembre 1990, convenendo, tra l’altro, che il L. versasse alla moglie, a titolo di mantenimento dei due figli minori affidati alla madre, F. (nato a (omissis) ) e V. (nata a (omissis) ), la somma mensile complessiva di Euro 800,00;
che il L. , con ricorso al Tribunale di Cosenza del 19 marzo 2008 – proposto ai sensi degli artt. 710 cod. proc. civ. e 156, settimo comma, cod. civ. espose che: a) il figlio F. , nel 1998, era stato assunto a tempo indeterminato nella Polizia di Stato, raggiungendo in tal modo la propria autosufficienza economica; jb) la figlia V. , nel 2001, aveva aperto un esercizio commerciale -successivamente chiuso -, dimostrando in tal modo di aver raggiunto anch’essa l’autosufficienza economica; c) nonostante che egli avesse continuato ad aiutare economicamente i figli, la moglie, in data 22 ottobre 2007, gli aveva notificato sia atto di precetto intimandogli il pagamento della somma di Euro 39.700,66, a titolo di contributo al mantenimento dei figli non corrisposto dal 10 luglio 2002 -, sia atto di pignoramento presso terzi (Ministero dell’economia e delle finanze); d) conseguentemente, dalla retribuzione di docente di scuola media gli sarebbe stata detratta la somma mensile di Euro 253,00, pari ad un quinto dello stipendio;
che, tanto esposto, chiese, tra l’altro, che il Tribunale, a modificazione delle condizioni della separazione consensuale, stabilisse che l’obbligo al versamento del contributo per i figli era estinto, per il figlio F. , dal xxxx e, per la figlia V. , dal xxxx;
che la C. , costituitasi, contestò che l’estinzione dell’obbligo al contributo di mantenimento per i figli potesse esser fatta decorrere da una data anteriore alla proposizione della domanda di modificazione delle condizioni della separazione consensuale (19 marzo 2008), e chiese che, per la figlia V. , non ancora autosufficiente e studentessa universitaria con lei convivente, il contributo fosse ridotto alla somma mensile di Euro 250,00;
che il Tribunale adito, con decreto del 14 maggio 2008, dichiarò estinto l’obbligo al contributo per il mantenimento del figlio F. , con decorrenza dalla data di proposizione del ricorso, e ridusse il contributo per il mantenimento della figlia V. ad Euro 250,00 mensili, con la medesima decorrenza;
che, a séguito di reclamo del L. – al quale resistette la C. -, la Corte d’Appello di Catanzaro, con decreto del 7 luglio 2009, in parziale riforma del decreto impugnato ed a modifica delle condizioni della separazione consensuale, dichiarò cessato, dalla data del deposito del ricorso introduttivo (19 marzo 2008), l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli F. e V. ;
che, al riguardo, la Corte ha, in particolare, affermato: a) quanto alla decorrenza della estinzione dell’obbligo di corresponsione del contributo al mantenimento del figlio F. : “Correttamente […], anche in considerazione della certezza dei rapporti giuridici, il primo giudice ha escluso che si potesse far decorrere la cessazione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno da un momento antecedente a quello della presentazione della domanda che ha consentito l’accertamento della nuova situazione dedotta in giudizio. Non è condivisibile, inoltre, la lettura offerta dal ricorrente in ordine alla sussistenza di profili di legittimità costituzionale della norma da applicare, nell’interpretazione offerta dalla Suprema Corte [è stata richiamata la sentenza n. 28 del 2008], atteso che l’ordinamento consente all’interessato, sin dal giorno successivo al verificarsi del fatto nuovo che giustifica la modifica dell’obbligo di corresponsione dell’assegno, di adire l’autorità giudiziaria per ottenere la modifica delle condizioni. Nel caso di specie, peraltro, la suddetta nuova situazione era ben conosciuta dal reclamante che ha rappresentato, nelle note depositate il 13.5.2009, di aver coabitato con il figlio nella sede di servizio e che aveva, pertanto, la possibilità di richiedere tempestivamente l’accertamento della nuova situazione incidente sull’obbligo di contribuzione stabilito nel verbale di omologazione della separazione consensuale”; b) quanto alla domanda concernente il contributo al mantenimento della figlia V. , dopo aver richiamato le sentenze della Corte di cassazione nn. 4373 del 1988 e 12477 del 2004: “[…] la Suprema Corte ha precisato che il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest’ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato espletato attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di un’adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento da parte del genitore, atteso che non può avere rilievo il successivo abbandono dell’attività lavorativa da parte del figlio, trattandosi di una scelta che, se determina l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non può far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno, ferma restando invece l’obbligazione alimentare, fondata su presupposti affatto diversi e azionabile direttamente dal figlio e non già dal genitore convivente.
Nel caso di specie il L. ha dimostrato l’inizio di attività lavorativa da parte della figlia (titolare di partita i.v.a. e della ditta Rigeneratrice sud), sicché, alla luce dei principi su indicati, è cessato l’obbligo di mantenimento nei suoi confronti, né lo stato di sopravvenuta disoccupazione può giustificare, come si è detto, la reviviscenza del suddetto obbligo”;
che avverso tale decreto L.A.L. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura;
che resiste, con controricorso, P.F.C. , la quale ha anche proposto ricorso incidentale, fondato su due motivi;
che il Procuratore generale ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;
che, all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha deliberato che la motivazione sia redatta in forma semplificata
Considerato che, preliminarmente, il ricorso principale e quello incidentale, proposti contro la stessa sentenza, debbono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ.;
che, sempre in via preliminare, devono essere esaminati la lettera in data 3 giugno 2011 ed il telegramma pervenuto in data 6 giugno 2011, con i quali il Signor L.A..L. chiede il differimento dell’odierna udienza di discussione, per aver egli revocato la procura conferita agli avvocati Villi e Spataro, al fine di consentirgli la nomina di altro difensore;
che tale istanza non può essere presa in considerazione e deve essere, comunque, respinta, sia perché formulata dalla parte personalmente, sia perché il giudizio di legittimità procede per impulso di ufficio e perciò prescinde, per il suo svolgimento, dalla presenza dei difensori delle parti, le cui difese sono garantite dal ricorso, dal controricorso e dalle memorie, sia perché, fino a quando non è prodotto in giudizio il mandato conferito ad altro difensore, la parte resta rappresentata e difesa dal difensore precedente, professionalmente obbligato a svolgere tutte le difese ritenute opportune e necessarie (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 10273 del 2004);
che, con l’unico motivo (con cui deduce: “Violazione degli artt. 147 e 155 c.c. e 110 c.p.c. in relazione all’art. 3 della Costituzione per irragionevole disparità di trattamento”), il ricorrente critica il decreto impugnato, nella parte in cui fa decorrere la modificazione della condizione della separazione consensuale concernente l’obbligo paterno al mantenimento del figlio F. dal 19 marzo 2008, anziché dal 2001, sostenendo al riguardo che: a) pur costituendo nella specie circostanze incontestate tra le parti quelle secondo cui il figlio aveva raggiunto l’autosufficienza economica fin dal 2001, con l’assunzione a tempo indeterminato nella Polizia di Stato, ed aveva lasciato la casa familiare, la giurisprudenza della Corte di cassazione è nel senso che l’accertamento dell’estinzione dell’obbligo di contribuzione al mantenimento dei figli non solo non può retroagire oltre la data della domanda giudiziale di modificazione delle condizioni della separazione, proposta ai sensi dell’art. 710 cod. proc. civ., ma non può neppure esser fatto valere, come nella specie, in sede di opposizione all’esecuzione, ove possono proporsi soltanto questioni relative alla validità ed all’efficacia del titolo esecutivo; b) tale orientamento giurisprudenziale è sostanzialmente ingiusto, perché priva il genitore onerato dall’obbligo di contribuzione della tutela giurisdizionale dinanzi al giudice dell’esecuzione, e ciò ancorché l’art. 710 cod. proc. civ. nulla disponga relativamente all’efficacia della pronuncia che definisce questo giudizio; c) un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione codicistica impone di ritenere che il giudice adito ai sensi di tale disposizione abbia il potere di disporre che l’efficacia della relativa pronuncia retroagisca al momento in cui si siano verificati i nuovi fatti legittimanti la modificazione delle condizioni della separazione; d) la diversa e consolidata interpretazione della disposizione si pone in contrasto con l’art. 3 Cost. “sotto il profilo della irragionevolezza della disparità di trattamento, atteso che al sacrificio richiesto ai soggetti che trovansi nelle condizioni del L. non corrisponde la realizzazione di un altro interesse di pari dignità”;
che, con il primo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 30 Cost., 147 e 14 8 c.c., 155 e 155 quinquies c.c., della L. n. 898 del 1970, art. 6, come modificato dalla L. n. 74 del 1987, 2697 c.c. – art. 360 n. 3 c.p.c.”) e con il secondo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 2697 c.c., 112, 113, 115, 244 e ss. c.p.c. Omessa motivazione – art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”) – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, la ricorrente incidentale critica il decreto impugnato, nella parte in cui dichiara cessato, dalla data del deposito del ricorso introduttivo del L. , l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento a favore della figlia V. , sostenendo al riguardo che: a) fermo il dovere di entrambi i genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche maggiorenni non indipendenti economicamente, e fermo che il genitore, al fine di essere esonerato dall’obbligo di mantenimento, ha l’onere di provare che il reddito percepito dal figlio sia tale, per durata ed entità, da rendere il figlio stesso effettivamente capace di autonomia sul piano economico, i Giudici a quibus non hanno considerato che il ricorrente principale non ha dato alcuna prova della raggiunta autosufficienza economica della figlia, non hanno dato ingresso alla prova articolata dal L. al riguardo, hanno erroneamente dichiarato irrilevante dopo la cessazione dell’attività di lavoro autonomo, per la chiusura dell’esercizio commerciale – il sopravvenuto stato di disoccupazione della figlia V. e non hanno considerato che questa convive con la madre ed è studentessa universitaria; b) i Giudici a quibus, inoltre, hanno omesso di pronunciarsi sull’istanza di istruzione probatoria orale, articolata al fine di dimostrare che anche durante il periodo di apertura dell’esercizio commerciale, formalmente intestato alla figlia V. , titolare effettivo dell’impresa era il L. , il quale incassava i proventi facendoli confluire su un libretto bancario da lui stesso custodito;
che il ricorso principale è infondato;
che, infatti, secondo costante orientamento di questa Corte, in materia di revisione dell’assegno di mantenimento, il diritto a percepirlo di un coniuge ed il corrispondente obbligo a versarlo dell’altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale di omologazione della separazione consensuale, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modificazione di tali provvedimenti, essendo del tutto irrilevante il momento in cui – di fatto – sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dello stesso assegno, con la conseguenza, che, in mancanza di specifiche disposizioni ed in base ai principi generali relativi all’autorità, all’intangibilità ed alla stabilità, per quanto temporalmente limitata (rebus sic stantibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, gli effetti della decisione giurisdizionale di modificazione possono retroagire non già al momento dell’accadimento innovativo, ma alla data della domanda di modificazione (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 28 del 2008, 14886 del 2002, 4558 del 2000, 147 del 1994, nonché, in materia di revisione dell’assegno di divorzio, la sentenza n. 11913 del 2009);
che dunque, nella specie – contrariamente a quanto affermato dal ricorrente principale -, i Giudici del reclamo, in forza di tali principi, hanno correttamente fatto decorrere l’estinzione dell’obbligo del L. di contribuire al mantenimento del figlio F. dalla data del deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio;
che, inoltre, l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 710 cod. proc. civ., sollevata dallo stesso ricorrente principale per assunta violazione degli artt. 3, primo comma, e 24, primo comma, Cost., è, per un verso, manifestamente irrilevante, nella parte in cui l’affermata violazione del diritto alla tutela giurisdizionale viene riferita al procedimento esecutivo in corso – promosso dalla C. nei confronti del marito sulla base del titolo esecutivo costituito dal verbale di separazione consensuale omologato – e non già al presente giudizio, e, per altro verso, manifestamente infondata, sia perché il diritto alla tutela giurisdizionale, a fronte del mutamento delle circostanze che giustificano la modificazione dei provvedimenti relativi alla separazione dei coniugi, è a questi assicurato proprio dal procedimento di cui all’art. 710 cod. proc. civ., che può essere promosso non appena si verifica detto mutamento, sia perché la denunciata irragionevolezza dell’interpretazione secondo cui gli effetti della disposta modificazione decorrono dalla proposizione della domanda è manifestamente insussistente, essendo tale interpretazione conforme al principio generale della domanda di cui all’art. 99 cod. proc. civ.;
che, invece, il ricorso incidentale merita accoglimento;
che secondo l’orientamento costante di questa Corte, l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, ai sensi degli artt. 147 e 148 cod. civ., non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della loro maggiore età – come ora codificato dall’art. 155 quinquies, primo comma, cod. civ. -, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria, della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un comportamento inerte o di rifiuto ingiustificato dello stesso, il. cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post-universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 4765 del 2002, 8221 e 24498 del 2006, 1830 del 2011);
che la Corte di Catanzaro ha affermato che, nel caso di specie, avendo il L. dimostrato l’inizio dell’attività lavorativa da parte della figlia V. , quale titolare di partita i.v.a. e della impresa “Rigeneratrice sud”, deve ritenersi cessato l’obbligo di mantenimento nei suoi confronti, e che lo stato di sopravvenuta disoccupazione non può giustificare la reviviscenza di tale obbligo, in quanto, secondo le richiamate sentenze di questa Corte nn. 4373 del 1988 e 12477 del 2004, il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest’ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato espletato attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di un’adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento da parte del genitore, atteso che non può avere rilievo il successivo abbandono dell’attività lavorativa da parte del figlio, trattandosi di una scelta che, se determina l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non può far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno; che, tuttavia, i Giudici a quibus hanno erroneamente applicato alla fattispecie gli ora richiamati principi di diritto, in quanto hanno ritenuto totalmente assolto l’onere probatorio gravante sul ricorrente principale mediante la dimostrazione del solo inizio dell’attività lavorativa, mentre avrebbero dovuto ritenere assolto detto onere anche con la concorrente prova che l’attuale stato di disoccupazione della figlia V. – circostanza incontestata tra le parti – era dipeso da un comportamento inerte o di rifiuto ingiustificato della stessa;
che, inoltre, gli stessi Giudici a quibus hanno totalmente omesso di motivare le ragioni per le quali hanno ritenuto (evidentemente, solo per implicito) di non ammettere la prova per testimoni articolata dalla ricorrente incidentale (testualmente riprodotta nel ricorso), volta a dimostrare le circostanze indubbiamente decisive ai fini della prova del raggiungimento della autosufficienza economica da parte della figlia V. – secondo le quali la titolarità della predetta impresa in capo a quest’ultima era meramente formale, titolare “di fatto” dell’impresa essendo esclusivamente il padre, ed i proventi dell’attività non erano mai stati percepiti dalla figlia, gli stessi essendo stati fatti confluire dal padre in un libretto bancario da lui custodito; che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato – nella parte in cui dichiara cessato, dalla data del deposito del ricorso introduttivo, l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore della figlia V. – in relazione alle censure accolte e la causa deve essere rinviata alla stessa Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione, che si uniformerà ai principi di diritto qui ribaditi, ovvierà ai rilevati vizi di motivazione e provvederà anche a regolare le spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi, rigetta quello principale ed accoglie quello incidentale; cassa il decreto impugnato – nella parte in cui dichiara cessato, dalla data del deposito del ricorso introduttivo, l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore della figlia V. – in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione.
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