SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Sentenza 5 febbraio 2013, n. 2696
Svolgimento del processo
Il sig. C.C. proponeva ricorso per cassazione, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il decreto 7 marzo 2011 del Tribunale per i minorenni di Catania che aveva confermato, in sede di reclamo, il diniego del giudice tutelare della sezione distaccata di Acireale di autorizzare il rilascio del passaporto individuale intestato a C.S., figlia minore, di anni due, da lui richiesto, senza l’assenso del coniuge O.M.E., con la quale pendeva il giudizio di separazione.
Deduceva che il provvedimento era viziato da violazione di legge e da carenza di motivazione nella parte in cui non riconosceva il diritto individuale della minore al rilascio del passaporto per la sicurezza degli spostamenti.
La signora O. resisteva con controricorso e successiva memoria illustrativa.
All’udienza del 18 gennaio 2013 il Procuratore generale ed i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte ha già avuto modo di statuire, nel vigore dell’abrogato art.10, legge 21 Novembre 1967 n.1185 (Norme sui passaporti), che in tema di autorizzazione al rilascio del passaporto al genitore con figlio minore, quando difetti l’assenso dell’altro genitore, non è ravvisabile il carattere di definitività e decisorietà nel provvedimento emesso dal tribunale, in esito a reclamo avverso il decreto del giudice tutelare che abbia concesso, o negato, l’autorizzazione all’iscrizione richiesta. Si tratta, infatti, di un provvedimento di volontaria giurisdizione, volto non già a dirimere in via definitiva un conflitto tra diritti soggettivi dei genitori del minore, bensì a valutare la corrispondenza del mancato assenso di uno di loro all’interesse del figlio: e dunque, espressivo di una forma gestoria dell’interesse del minore, come tale non soggetto a ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione (Cass., sez. I, 14 maggio 2010, n. 11.771).
Non vi sono ragioni per mutare indirizzo alla luce della disciplina vigente introdotta dall’art. 10, quinto comma, lettera C) del decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70, convertito con modificazioni in legge 12 luglio 2011 n.106 (Prime disposizioni urgenti per l’economia), che non ha contraddetto, sotto il profilo teleologia), la disciplina previgente.
La nuova legge è attuativa, infatti, del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 maggio 2009 n. 444 (Modifica dei regolamento CE n. 2252/2004 del Consiglio relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri) il cui sesto “considerando”, nel preambolo, prevede che “come ulteriore misura di sicurezza e per tutelare maggiormente i bambini dovrebbe essere introdotto il principio una persona – un passaporto… Si può contare su una maggiore sicurezza se ciascuno dispone del proprio passaporto”.
A sua volta, il settimo “considerando” precisa ulteriormente che “la Commissione dovrebbe esaminare la necessità di misure volte a garantire un’impostazione comune riguardo alle norme sulla protezione dei bambini che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri”.
Come si vede, la ratio dell’atto normativo comunitario, cui si informa la legge interna di attuazione, non è certo quella di prescindere dal consenso dei genitori all’espatrio; bensì, di tutelare ulteriormente l’interesse del minore: tanto più, quindi, in presenza di uno stato di separazione personale dei coniugi.
Ne consegue che l’autorizzazione al rilascio del passaporto al minore, su richiesta di un genitore, senza l’assenso – o anzi, come nella specie, contro la volontà dell’altro coniuge – non può considerarsi provvedimento vincolato, a fronte di un diritto soggettivo non soggetto a limiti.
Al contrario, come correttamente affermato dal Tribunale di Catania, è subordinata alla valutazione dell’interesse del minore; così come ogni altro provvedimento ordinario attinente all’affidamento dei figli minori, assunto in sede di separazione personale dei coniugi: di cui, del resto, costituisce un aspetto rilevante, data la sua strumentalità alla disciplina dei tempi e modi di permanenza presso ciascuno dei genitori.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa del numero e complessità delle questioni svolte.
P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre gli accessori di legge;
– Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma dell’art. 52 d. lgs. 30 Giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali).
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