Corte di Cassazione
Sezione I
Sentenza 17 dicembre 2013, n. 50916
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente
Dott. ZAMPETTI Umberto – Consigliere
Dott. CAPRIOGLIO Piera M. – rel. Consigliere
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. BONI Monica – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 1359/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del 07/08/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Scardaccione Eduardo, di rigetto del ricorso.
udito il difensore avv. Ripiani Gaetano.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente
Dott. ZAMPETTI Umberto – Consigliere
Dott. CAPRIOGLIO Piera M. – rel. Consigliere
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. BONI Monica – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 1359/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del 07/08/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Scardaccione Eduardo, di rigetto del ricorso.
udito il difensore avv. Ripiani Gaetano.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 7.8.2013 il Tribunale di Milano, investito ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., rigettava l’appello interposto da (OMISSIS), avverso l’ordinanza della corte d’appello di Milano, con cui era stata rigettata l’istanza di scarcerazione da lui formulata per decorrenza del termine di fase. Il tribunale rilevava che l’imputato era stato condannato per violazione articolo 416 bis c.p. e reati satellite, essendo stato ritenuto partecipe della potente locale di (OMISSIS); che la sentenza di primo grado era stata pronunciata il 19.11.2011 e con la stessa gli era stata inflitta la pena di anni dodici di reclusione; che in data 8.2.2013 la corte d’appello di Milano aveva emesso ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare, quindi era intervenuta sentenza entro il termine di anni uno e mesi sei previsto dall’articolo 303 c.p.p., comma 1, n. 3, senza soluzione di continuita’ (per la precisione era intervenuta alla data del 23.4.2013). Veniva rilevato che il riferimento alla sentenza delle Sezioni Unite, nel processo Mammoliti, richiamato dalla difesa non era pertinente, poiche’ nel caso di specie (a differenza di quello trattato nel detto arresto) i titoli di detenzione dell’interessato riguardavano tutti i reati pei quali vi fu condanna, cosicche’ ai fini del calcolo del termine di fase andavano tenuti tutti in conto, uniti dalla continuazione.
2. Avvero tale decisione, interponeva ricorso il (OMISSIS), pel tramite del suo difensore, per dedurre violazione dell’articolo 303 c.p.p., mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione: secondo la difesa andava valutato il riferimento alla sentenza Mammoliti che ebbe ad affermare il principio secondo cui nel caso di condanna per piu’ reati avvinti dalla continuazione per “condanna” e per “pena inflitta” debbono intendersi condanna e pena per i singoli reati e non per l’intero reato continuato. Rilevava la difesa che il ricorrente era stato raggiunto da due ordinanze di custodia cautelare, una con cui gli venne contestato il reato associativo e l’altra con cui furono contestati i reati satellite, dal che dovevasi tenere distintala pena inflitta per l’ipotesi associativa da quella relativa ai reati satellite, ancorche’ fosse stata ritenuta la continuazione. Pertanto le pene inflitte per il reato piu’ grave andavano tenute distinte da quelle applicate ai reati satellite, con la conseguenza che, essendo la pena applicata inferiore ad anni dieci, il termine di fase della custodia cautelare era di un anno, con il che il provvedimento di sospensione adottato dalla corte territoriale fu assunto successivamente alla scadenza.
2. Avvero tale decisione, interponeva ricorso il (OMISSIS), pel tramite del suo difensore, per dedurre violazione dell’articolo 303 c.p.p., mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione: secondo la difesa andava valutato il riferimento alla sentenza Mammoliti che ebbe ad affermare il principio secondo cui nel caso di condanna per piu’ reati avvinti dalla continuazione per “condanna” e per “pena inflitta” debbono intendersi condanna e pena per i singoli reati e non per l’intero reato continuato. Rilevava la difesa che il ricorrente era stato raggiunto da due ordinanze di custodia cautelare, una con cui gli venne contestato il reato associativo e l’altra con cui furono contestati i reati satellite, dal che dovevasi tenere distintala pena inflitta per l’ipotesi associativa da quella relativa ai reati satellite, ancorche’ fosse stata ritenuta la continuazione. Pertanto le pene inflitte per il reato piu’ grave andavano tenute distinte da quelle applicate ai reati satellite, con la conseguenza che, essendo la pena applicata inferiore ad anni dieci, il termine di fase della custodia cautelare era di un anno, con il che il provvedimento di sospensione adottato dalla corte territoriale fu assunto successivamente alla scadenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato e deve essere rigettato.
Come correttamente rilevato dal Tribunale a quo, e’ stato ripetuto in svariati arresti di questa Corte, che in tema di durata della custodia cautelare, ai fini della individuazione del termine di fase nel caso di condanna (in primo o in secondo grado) per piu’ reati avvinti dalla continuazione, occorre avere riguardo alla pena complessivamente irrogata per tutti i reati per i quali e’ in corso la misura coercitiva e non alle singole componenti della sanzione inflitta. Pertanto va sottolineato che nella presente fattispecie, tutti i reati unificati quoad poenam con la sentenza di condanna di primo grado, risultano sorretti da titolo custodiale, con il che non si pone, ai fini del calcolo relativo al termine di custodia cautelare, il tema del rispetto del principio del favor rei connesso all’istituto della continuazione che, non potendo trasformarsi da beneficio (evitando la sommatoria delle pene per i singoli reati) in pregiudizio per l’imputato, pretende la scomposizione del reato continuato nei singoli reati avvinti dal vincolo. E’ quindi da ritenere non trasferibile nel caso cui si ha riguardo il principio di diritto enunciato nella sentenza Mammoliti (Sez. Un. 26.2.1997, n. 1, RV 207939), richiamato dalla difesa, visto che questa pronuncia, muovendo dal principio di piena autonomia della vicenda cautelare rispetto all’accertamento di merito, ha riconosciuto che i termini di durata massima della misura debbono essere calcolati con riferimento esclusivo ai fatti che costituiscono titolo del provvedimento coercitivo; nel calcolo, dunque, la detrazione dal quantum di pena complessivamente inflitta per il reato continuato si giustifica con unico riferimento ai reati non contestati attraverso l’ordinanza cautelare (Sez. 5, 7.5.2004, n. 25095, Rv 229876).
Nella vicenda che vede coinvolto il (OMISSIS), condannato alla pena di anni dodici di reclusione in primo grado, il termine di fase andava individuato in anni uno e mesi sei , essendo stato condannato il (OMISSIS) a pena superiore a dieci anni di reclusione; la ordinanza di sospensione del termine di custodia cautelare intervenuta il giorno 8.2.2013, si colloca quindi all’interno del periodo di fase, cosi’ come del resto la sentenza di secondo grado.
Al rigetto del ricorso deve seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Va trasmessa a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Come correttamente rilevato dal Tribunale a quo, e’ stato ripetuto in svariati arresti di questa Corte, che in tema di durata della custodia cautelare, ai fini della individuazione del termine di fase nel caso di condanna (in primo o in secondo grado) per piu’ reati avvinti dalla continuazione, occorre avere riguardo alla pena complessivamente irrogata per tutti i reati per i quali e’ in corso la misura coercitiva e non alle singole componenti della sanzione inflitta. Pertanto va sottolineato che nella presente fattispecie, tutti i reati unificati quoad poenam con la sentenza di condanna di primo grado, risultano sorretti da titolo custodiale, con il che non si pone, ai fini del calcolo relativo al termine di custodia cautelare, il tema del rispetto del principio del favor rei connesso all’istituto della continuazione che, non potendo trasformarsi da beneficio (evitando la sommatoria delle pene per i singoli reati) in pregiudizio per l’imputato, pretende la scomposizione del reato continuato nei singoli reati avvinti dal vincolo. E’ quindi da ritenere non trasferibile nel caso cui si ha riguardo il principio di diritto enunciato nella sentenza Mammoliti (Sez. Un. 26.2.1997, n. 1, RV 207939), richiamato dalla difesa, visto che questa pronuncia, muovendo dal principio di piena autonomia della vicenda cautelare rispetto all’accertamento di merito, ha riconosciuto che i termini di durata massima della misura debbono essere calcolati con riferimento esclusivo ai fatti che costituiscono titolo del provvedimento coercitivo; nel calcolo, dunque, la detrazione dal quantum di pena complessivamente inflitta per il reato continuato si giustifica con unico riferimento ai reati non contestati attraverso l’ordinanza cautelare (Sez. 5, 7.5.2004, n. 25095, Rv 229876).
Nella vicenda che vede coinvolto il (OMISSIS), condannato alla pena di anni dodici di reclusione in primo grado, il termine di fase andava individuato in anni uno e mesi sei , essendo stato condannato il (OMISSIS) a pena superiore a dieci anni di reclusione; la ordinanza di sospensione del termine di custodia cautelare intervenuta il giorno 8.2.2013, si colloca quindi all’interno del periodo di fase, cosi’ come del resto la sentenza di secondo grado.
Al rigetto del ricorso deve seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Va trasmessa a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario , ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario , ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
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