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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 14 febbraio 2014, n. 3552

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza del 15.1.2008, oggetto della presente impugnazione, il Tribunale di Firenze, rilevato che il decreto ingiuntivo n. 4724 del 17.1.2001,emesso a favore della Cassa di Risparmio di Firenze, non era stato notificato alla coobbligata D.D. , ha dichiarato l’inefficacia del titolo nei di lei confronti,e per essa, dei suoi eredi C.G. , C.S. e Co.Gi. , e ha ordinato la cancellazione dell’ipoteca ottenuta in forza del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo sui beni della D. , pervenuti in successione ai figli.

2. Contro l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a. affidandosi a tre motivi, illustrati da memoria, resistiti da controricorso degli intimati C.G. , C.S. e Co.Gi. .

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, la Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a., denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 140 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), censura l’ordinanza impugnata, di cui va ammessa la ricorribilità, per aver ritenuto il mancato perfezionamento della notifica alla D.D. , in realtà eseguita presso la residenza anagrafica della destinataria a Scandicci in via G. Carducci 45, in base all’art. 140 c.p.c.. È sufficiente infatti che in caso di momentanea irreperibilità del destinatario in uno dei luoghi indicati dall’art. 139 c.p.c., l’ufficiale giudiziario compia le tre formalità descritte dall’art. 140 c.p.c.: deposito dell’atto nella casa comunale; affissione dell’avviso relativo al deposito, spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento. Pur se dall’avviso di ricevimento risulta che la D. era sconosciuta, dalla certificazione anagrafica emerge che la notifica è stata effettuata nel luogo di residenza.

Con il secondo motivo di ricorso, la Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a., denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art.110 c.p.c., artt. 459, 752, 754 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), censura l’ordinanza impugnata, per l’ipotesi in cui la notifica venisse comunque considerata nulla, osservando che tale conclusione non riguarda l’erede C.G. , alla quale il decreto era stato tempestivamente notificato quale coobbligata in solido ai sensi dell’art. 143 c.p.c.: quest’ultima, una volta divenuta erede della D. , e quindi tenuta al pagamento dei debiti ereditari, si è trovata ad essere legittimata passiva dell’ingiunzione in una duplice veste.

Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 644, 650 e 188 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c), censura l’ordinanza impugnata, per l’ipotesi in cui sì ritenesse il vizio del procedimento di notificazione, anche nei confronti dell’erede C.G. , per aver dichiarato l’inefficacia del decreto, come se la notifica fosse inesistente, rilevandosene al contrario la mera irregolarità, o tutt’al più la nullità, con la conseguenza di una sua sanatoria con la costituzione dell’intimato o comunque con la sua rinnovazione. L’intimato, infatti, avrebbe potuto proporre opposizione tardiva all’ingiunzione, provando di non aver avuto tempestiva conoscenza dell’atto per irregolarità della notifica, essendogli di conseguenza precluso il ricorso per declaratoria dell’inefficacia, possibile solo nel caso di mancanza o giuridica inesistenza della notifica.

2. Preliminarmente, pur se non vi è contestazione, il provvedimento con cui il giudice accoglie l’istanza diretta ad ottenere la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.c., è ricorribile per cassazione avendo carattere definitivo, atteso che, viceversa, in caso di rigetto, la parte può sempre chiedere nei modi ordinari la dichiarazione di inefficacia dell’ingiunzione (Cass. 3.4.2013, n. 7976).

3. Il primo motivo del ricorso è infondato.

Qualora un atto giudiziario sia stato notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c., la notifica si perfeziona nel momento in cui l’atto è stato consegnato all’ufficiale giudiziario, fermo restando che il consolidamento di tale effetto anticipato per il notificante dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario, con l’effettuazione degli adempimenti da tale norma stabiliti: deposito della copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi; affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario; notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Tale ultimo adempimento costituisce ulteriore garanzia per il destinatario, onde favorire al massimo l’ingresso dell’atto nella sua sfera di conoscibilità. Ne consegue che l’avviso di ricevimento debba essere allegato all’atto notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione (Cass. S.U. 13.1.2005, n. 458). Le incertezza giurisprudenziali in ordine alla necessità o meno di allegare l’avviso di ricevimento sono state superate dalla ora menzionata pronuncia delle Sezioni unite (in prosieguo, conformi: Cass. 6.5.2005, n. 9510; 21.2.2006, n. 3685; 19.5.2009, n. 11583), che hanno colto l’occasione per procedere ad una rivisitazione dell’orientamento giurisprudenziale formatosi sull’art. 140 c.p.c..

In primo luogo, si è dovuto prendere atto della sentenza della Corte costituzionale in tema di notificazione di atti giudiziari (Corte cost. 23.1.2004, n. 28), che abbandonando l’indirizzo che voleva la notificazione eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. perfezionata, dopo il deposito della copia dell’atto e l’affissione dell’avviso relativo al deposito stesso, con la spedizione al destinatario della raccomandata con avviso di ricevimento, ha stabilito che anche per le notificazioni eseguite ai sensi dell’art. 140 c.p.c. (come per le notifiche a mezzo posta, oggetto della sentenza Corte cost. 26.11.2002, n. 477), al fine del rispetto di un termine pendente a carico del notificante è sufficiente che l’atto sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto che a vantaggio del notificante, dipende comunque dal perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario.

Le Sezioni unite, inoltre, hanno superato l’orientamento che, nelle notificazioni ai sensi dell’art. 140 c.p.c., riteneva l’allegazione, all’originale dell’atto, dell’avviso di ricevimento adempimento privo di rilevanza. Nel procedimento disciplinato da questa norma, la notificazione si compie con la spedizione della raccomandata, che come atto della sequenza del processo perfeziona l’effetto di conoscibilità legale nei confronti del destinatario.

Tuttavia, non diversamente da quanto avviene per il perfezionamento della notificazione nei confronti del notificante, anche per il destinatario si tratta di un effetto provvisorio o anticipato, destinato a consolidarsi con l’allegazione, all’originale dell’atto, dell’avviso di ricevimento, le cui risultanze possono confermare o smentire che la notifica abbia raggiunto lo scopo cui era destinata. A quest’ultima soluzione le Sezioni unite pervengono sulla base sia di una interpretazione costituzionalmente orientata che impone l’effettività delle garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario medesimo e della tutela del contraddittorio; sia di una valorizzazione della ratio e del dato testuale dell’art. 140 c.p.c., per cui, se il legislatore avesse considerato l’avviso di ricevimento privo di rilevanza, non avrebbe richiesto che la raccomandata di cui all’art. 140 c.p.c. ne fosse corredata (a differenza di altri casi in cui ha ritenuto sufficiente che la notizia di una avvenuta notificazione fosse data a mezzo di raccomandata semplice).

Precisano altresì le Sezioni unite che dall’avviso di ricevimento, e dalle annotazioni che l’agente postale appone su di esso quando lo restituisce al mittente, può emergere che la raccomandata non è stata consegnata perché il destinatario risulta trasferito oppure deceduto o, ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelano che l’atto in realtà non è pervenuto nella sfera di conoscibilità dell’interessato e che, dunque, l’effetto legale tipico, a tale evento ancorato, non si è prodotto.

In tali ipotesi sembra palese che la notifica debba essere considerata nulla (non inesistente, a meno che l’atto non sia stato indirizzato verso un luogo privo di qualsiasi collegamento con il destinatario) e che, quindi, debba essere rinnovata ai sensi dell’art. 291 c.p.c.. Infatti, le suddette risultanze rendono quanto meno incerto, e possono addirittura escludere, che il luogo in cui l’ufficiale giudiziario ha svolto l’attività prevista dall’art. 140 c.p.c. sia quello di effettiva ed attuale residenza, dimora o domicilio del destinatario, con i conseguenti riflessi sulla validità della notifica effettuata. Si tratta, dunque, di una verifica necessaria, postulata del resto dalla stessa previsione normativa nel momento in cui richiede che la spedizione della raccomandata abbia luogo con avviso di ricevimento, tanto più che con l’ulteriore sentenza 14.1.2010, n. 3, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.

Nella specie è accertato che l’avviso è stato restituito al notificante con l’attestazione, da parte dell’ufficiale postale, che il destinatario era sconosciuto.

Deve concludersi che il destinatario non ha potuto fruire dell’ulteriore cautela prevista dalla legge a suo favore, ovvero della messa a conoscenza, a mezzo posta, dell’avvenuto deposito dell’atto nella casa comunale. Né può ritenersi che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità dello stesso per essere risultata aliunde la residenza anagrafica del destinatario a quell’indirizzo: l’attestazione postale doveva quanto meno ingenerare il dubbio dell’effettiva corrispondenza delle risultanze anagrafiche alla realtà, e indurre al rinnovo della notifica, se necessario nelle forme dell’art. 143 c.p.c..

Il che non è avvenuto. La certificazione anagrafica da cui risulta che la D.D. , al 17.12.2001 (data della notifica) era residente a (omissis) , rivela l’esistenza di un collegamento tra il luogo del tentativo di notifica,, ed il suo destinatario, il che non è privo di rilevanza agli effetti della dichiarazione di inefficacia del decreto, che sarà esaminata con il terzo motivo.

4. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Che uno degli eredi del soggetto cui venne effettuata vana notifica avesse ricevuto la notifica in proprio dello stesso decreto ingiuntivo, in quanto debitore in solido, non comporta una presunzione di conoscenza (che solo il mezzo legale di comunicazione, costituito dalla notifica, può assicurare) dell’atto nei propri confronti, una volta che lo stesso sia divenuto erede del coobbligato.

Ove la notifica di un atto sia mancata, e l’atto sia venuto aliunde a conoscenza del destinatario, difettano gli estremi di certezza circa il modo, la data ed il luogo della consegna proprio in vista dei quali la notifica è prescritta (Cass. 17.9.2004, n. 18730).

La notifica del decreto ingiuntivo è destinata a produrre effetti autonomi nella sfera giuridica di ciascun soggetto che ne sia destinatario, anche se coobbligato in solido, sicché, se uno di essi sia deceduto senza aver ricevuto la notifica, non può postularsi la trasmissione di quegli effetti all’erede, che per avventura fosse destinatario dello stesso decreto ingiuntivo in quanto coobbligato, e di esso avesse ricevuto regolare notifica.

5. Il terzo motivo è fondato.

Il ricorso per la dichiarazione d’inefficacia del decreto ingiuntivo, previsto dall’art. 188 disp. att. c.p.c., è ammissibile soltanto con riguardo a decreti non notificati o la cui notifica sia giuridicamente inesistente, mentre se il decreto è stato notificato, ancorché fuori termine, o la notifica sia affetta da nullità, l’unico rimedio esperibile è l’opposizione ai sensi degli art. 645 e 650 c.p.c., a seconda dei casi. Pertanto, il provvedimento che contenga esclusivamente la statuizione d’inefficacia ai sensi dell’art. 188 c.p.c., è affetto da nullità, in quanto pronunciato in un’ipotesi non prevista dal codice di rito (Cass. 2.4.2010, n. 8126).

La notificazione del decreto ingiuntivo, anche se nulla, è indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto e conseguentemente esclude la presunzione di abbandono del titolo che costituisce il fondamento della previsione di inefficacia di cui all’art. 644 c.p.c., applicabile esclusivamente in caso di omissione della notificazione o di notificazione inesistente (31.10.2007, n. 22959).

Ne consegue che tranne i casi in cui un decreto ingiuntivo non è notificato, o la notifica di esso è giuridicamente inesistente, la parte contro la quale è stato emesso non può, decorso il termine stabilito dall’art. 644 c.p.c., chiederne la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.c.; se la notifica sia semplicemente nulla, l’inefficacia può essere fatta valere, onde evitare la sanatoria per eventuale acquiescenza, con l’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c., fornendo la prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo per irregolarità della notificazione (Cass. 26.7.2001, n. 10183).

La censura merita accoglimento in quanto nella scarna motivazione dell’ordinanza impugnata il Presidente del Tribunale di Firenze ha rilevato, semplicemente, che “il decreto de quo non è stato notificato al coobbligato D. “: in realtà, nel ricorso per la dichiarazione d’inefficacia del decreto, proposto dagli eredi, attuali controricorrenti, si da atto che “risulta dalla relata di notifica che il plico è tornato indietro perché sconosciuto all’indirizzo indicato“.

Orbene, poiché nella specie risulta che gli eredi dell’intimata hanno fondato la loro istanza di inefficacia del decreto ingiuntivo sulla asserita nullità della notificazione eseguita al proprio dante causa, deve ritenersi che la dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo è stata emessa in assenza dei presupposti richiesti dalla legge, non potendo ritenersi inesistente la notifica effettuata presso la residenza del destinatario.

6. In conclusione il ricorso merita accoglimento e, conseguentemente, il provvedimento impugnato dev’essere cassato senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, terzo comma, ultima parte, c.p.c.. Le spese giudiziali seguono la soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo, cassa senza rinvio l’ordinanza impugnata, e condanna i controricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 3.000 per compensi, oltre accessori di legge.

 

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