In tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali (nello specifico Spa) per i danni cagionati alla società amministrata, l’insindacabilità del merito delle sue scelte di gestione, il cosiddetto business judgement rule, trova un limite di valutazione di ragionevolezza delle stesse, che deve essere compiuto ex ante, secondo i parametri diligenza del mandatario tenendo conto della mancata adozione di cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere
in materia di rapporti tra giudizio civile e penale, l’articolo 652 c.p.p., innovando rispetto alla disciplina di cui al previgente sistema, fondato sulla prevalenza del processo penale su quello civile, si ispira al principio della separatezza dei due giudizi, prevedendo che il giudizio civile di danno debba essere sospeso soltanto allorche’ l’azione civile, ex articolo 75 c.p.p., sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile in sede penale o dopo la sentenza penale di primo grado, in quanto esclusivamente in tali casi si verifica una concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile di danno, che pertanto non puo’ pervenire anticipatamente ad un esito potenzialmente difforme da quello penale in ordine alla sussistenza di uno o piu’ dei comuni presupposti di fatto.
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Suprema Corte di Cassazione
sezione I civile
sentenza 22 giugno 2017, n. 15470
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. GENOVESE Francesco A. – rel. Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24731/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo Studio Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.c.p.a. in Liquidazione, in persona liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4063/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/03/2017 dal cons. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ o rigetto del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’inammissibilita’ o rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il (OMISSIS) – Societa’ consortile per Azioni (piu’ brevemente: (OMISSIS) s.co. p.a.), ora in liquidazione, chiedeva al Tribunale di Roma la condanna del sig. (OMISSIS), ex presidente del proprio C.d.A. (cessato da tale carica il 26 marzo 2002), al risarcimento dei danni subiti a seguito di atti e comportamenti dallo stesso posti in essere nel periodo in cui rivestiva detta carica (2001-2002).
1.1. L’azione era proposta in quanto il (OMISSIS), sulla base di note spese artefatte, fraudolentemente maggiorate e con causali non inerenti l’attivita’ sociale, avrebbe ricevuto – dalla societa’ – rimborsi non dovuti ed, inoltre, avrebbe stipulato contratti con altre imprese (nella specie: la (OMISSIS) e la (OMISSIS)), privi di alcuna utilita’ per la soc. (OMISSIS).
1.2. Il sig. (OMISSIS) si costituiva contestando tutti gli addebiti (e chiedendo il rigetto della domanda risarcitoria proposta in suo danno) ma avanzando, al contempo, domanda riconvenzionale per il pagamento dei compensi dovutigli per l’incarico svolto in favore del Consorzio.
1.3. Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda attrice, ravvisando la responsabilita’ del (OMISSIS) relativamente ai fatti contestati dal Consorzio (ad eccezione di quelli relativi alla conclusione del contratto stipulato con la (OMISSIS), in quanto la contestazione non sarebbe stata adeguatamente provata) ma, allo stesso tempo, accoglieva parzialmente la domanda riconvenzionale dell’ex presidente del C.d.A. per i compensi richiesti, ad eccezione di quelli relativi all’attivita’ giornalistica, perche’ non provati.
2. Avverso tale sentenza il Sig. (OMISSIS) ha proposto appello principale e il Consorzio (OMISSIS) appello incidentale: il primo, e’ stato totalmente respinto e, il secondo, integralmente accolto dalla Corte di Appello di Roma, che ha condannato l’ex presidente del C.d.A. a risarcire l’ulteriore danno alla societa’ senza riconoscergli alcun credito per i compensi richiesti in ragione dell’attivita’ svolta (nella predetta qualita’).
2.1. La Corte territoriale ha, innanzitutto, rilevato che la documentazione di causa dimostrava in modo incontestabile l’alterazione delle note di rimborso presentate al Consorzio dal (OMISSIS) risultando, per un verso, enfatizzate nei costi, mediante la falsificazione delle cifre numeriche, e per un altro, riferite a beni e servizi del tutto estranei all’attivita’ d’impresa.
2.2. In secondo luogo, la Corte ha ritenuto che i tre contratti stipulati dal (OMISSIS) il 7, il 15 e il 20 dicembre 2001 (il primo con la (OMISSIS) di (OMISSIS) e i restanti due con la (OMISSIS) s.r.l.), prima della conclusione del suo mandato gestorio (cessato il 26 marzo 2002), erano stati negoziati violando i doveri di corretta amministrazione, in quanto si versava in ipotesi di stipulazioni “arbitrarie”, sia con riguardo all’oggetto negoziale sia con riferimento alla scelta dei contraenti, come dimostrato dal fatto che nessuna prestazione era stata resa in favore del consorzio, nonostante il pagamento dell’intero corrispettivo contrattuale.
2.3. In terzo luogo, facendo proprio l’appello incidentale, sia in ordine all’addebito di responsabilita’ per la conclusione del contratto con la (OMISSIS), sia in ordine all’eccezione d’inadempimento formulata in relazione alla domanda del (OMISSIS), accolta in primo grado, per il pagamento dei compensi professionali, la Corte (attraverso il riconoscimento di un’ulteriore voce di danno e l’esclusione di un controcredito) ha maggiorato la condanna dell’ex amministratore in favore del Consorzio.
2.4. Infine, il giudice distrettuale ha rigettato anche la richiesta del riconoscimento dell’ulteriore compenso, avanzata dal (OMISSIS), in riferimento alla pretesa sua attivita’ giornalistica, svolta in favore del Consorzio, in considerazione della mancanza di prove circa l’incarico, gli articoli redatti e la carica ricoperta (di presunto direttore della testata).
3. Avverso tale decisione il sig. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tredici motivi di censura.
3.1. (OMISSIS) soc. cons. p. a. ha resistito con controricorso e memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso (Nullita’ del procedimento e della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 116 c.p.c., comma 1, articolo 652 c.p.c., comma 1, e articolo 2909 c.c.) il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui, affermando l’avvenuta alterazione, falsificazione e non inerenza delle note spese presentate, per ottenere i rimborsi delle somme anticipate, alla societa’ di appartenenza, non avrebbe considerato il giudicato penale sugli stessi fatti, cosi’ come accertati nella sentenza (acquisita nel giudizio di appello) di assoluzione dell’imputato con la formula de “il fatto non sussiste” (essa, infatti, era stata prodotta ed ammessa con ordinanza istruttoria dalla Corte di Appello, al pari della perizia contabile del perito nominato in sede penale).
1.1. In applicazione degli articoli 652 e 654 c.p.p., il giudicato penale di assoluzione avrebbe un effetto preclusivo della condanna nel giudizio civile, contenendo un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto o della partecipazione dell’imputato.
2. Con il secondo e terzo motivo di ricorso (nullita’ del procedimento e della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per violazione dell’articolo 116 c.p.c., comma 1; nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, (contraddittoria motivazione) e nullita’ per omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il ricorrente censura la decisione impugnata, con riferimento al menzionato giudicato, sia per non aver preso in esame tutta la documentazione proposta dal (OMISSIS) sia per non aver giustificato detta esclusione.
2.1. Il Giudice di Appello civile non avrebbe dovuto ritenere responsabile il (OMISSIS) delle falsificazioni ed alterazioni di documenti, una volta considerata la sentenza penale di assoluzione e la sottesa relazione peritale (redatta dal Prof. (OMISSIS)) che, laddove irrilevanti, avrebbero imposto un obbligo motivazionale, invece non assolto.
2.2. Ne’ sarebbero stati esaminati, ingiustificatamente, i documenti riguardanti l’acquisto dei biglietti aerei e di alcuni beni non ritrovati nella sede del (OMISSIS), perche’ distribuiti o utilizzati per le precise finalita’ cui erano stati destinati (denuncia di furto/smarrimento di un cellulare; biglietti aerei per la presenza (documentata nei verbali) alle sedute del C.d.A. del 29 marzo, del 18 aprile e del 16 maggio 2002; lettera della (OMISSIS) del 27 dicembre 2001).
3. Con il quarto motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’articolo 2392 c.c.) il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha qualificato i contratti stipulati dal ricorrente, nella qualita’, con la (OMISSIS) e con la (OMISSIS), come atti arbitrari e, quindi, contrari ai doveri dell’amministratore avveduto, senza accorgersi che, in tal modo, il giudice si sarebbe ingerito nelle scelte di gestione dell’amministratore, tramite un giudizio formulato ex post e basato su presunzioni.
3.1. Non sarebbe possibile imputare all’amministratore di una societa’, a titolo di responsabilita’, le scelte economiche, considerate inopportune, tutte le volte che queste attengono ad una valutazione discrezionale.
3.2. Infatti, non potrebbe essere causa di responsabilita’ il semplice infelice risultato di una scelta compiuta, tanto piu’ che la mancata esecuzione integrale dei contratti non sarebbe imputabile al Sig. (OMISSIS) sol che si consideri che nessuno avrebbe potuto sapere se le societa’ sarebbero state in grado di mantenere gli impegni assunti oppure no.
4. Con il quinto, sesto, settimo e ottavo motivo di ricorso il ricorrente censura la decisione impugnata innanzitutto per nullita’ del procedimento e della sentenza (ex articolo 360, comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 2697 c.c., comma 1 e articolo 115 c.p.c,, comma 1) nella parte in cui essa non rappresenta alcun elemento probatorio che possa fondare il giudizio sulla responsabilita’ dell’amministratore; in secondo luogo, per omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (ex articolo 360, comma 1, n. 5), nella parte in cui la corte d’appello non ha tenuto conto, senza darne alcuna motivazione, del fatto che i predetti contratti non vennero in parte eseguiti perche’ i nuovi amministratori del consorzio diffidarono le due societa’ contraenti a non darvi esecuzione; in terzo luogo, per nullita’ della sentenza (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, (contraddittoria motivazione)) e per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, stato oggetto di discussione tra le parti (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) nella parte in cui la Corte d’Appello, anche nel capo di essa dedicato ai predetti contratti, avrebbe completamente omesso l’esame della sentenza penale di assoluzione relativa ai medesimi fatti imputatigli nel giudizio civile, senza darne motivazione alcuna.
4.1. In particolare, la Corte distrettuale avrebbe del tutto ignorato, quanto il (OMISSIS) aveva rappresentato e documentato relativamente al contratto con la (OMISSIS), circa l’affidabilita’ e professionalita’ dell’operatore-contraente e circa la convenienza dell’offerta.
4.2. Ancora, quanto al primo contratto stipulato con la (OMISSIS), la Corte non avrebbe tenuto conto di quanto dedotto e allegato dal (OMISSIS) tra cui un articolo di un autorevole giornale inglese in cui veniva elogiata l’attivita’ della (OMISSIS) nella promozione dell’artigianato e che voleva avere la funzione di rappresentare le sue credenziali. Inoltre, la stessa sarebbe incorsa in un errore di fatto quante volte ha ritenuto essere oggetto del contratto la mera partecipazione all’evento e non l’organizzazione dello stesso con successiva partecipazione.
4.3. Infine, relativamente al secondo contratto stipulato con la (OMISSIS) s.r.l., il Giudice d’appello non avrebbe tenuto conto di quanto allegato dal (OMISSIS) e avrebbe fondato la sua decisione su una presunzione fondata su una mera analogia con il primo contratto giungendo, cosi’, alla conclusione che il secondo non avrebbe potuto non avere gli stessi vizi del primo.
5. Con il nono motivo di ricorso (nullita’ del procedimento e della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per violazione dell’articolo 116 c.p.c., comma 1; nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui, relativamente al primo contratto stipulato con la (OMISSIS), viene equivocato il contenuto dello stesso essendo indicato erroneamente nella motivazione della sentenza che per il contratto di servizi di organizzazione e gestione della partecipazione alla manifestazione “(OMISSIS)” (OMISSIS) pago’ ad (OMISSIS) Euro 65.073,56.
5.1. La somma riportata si riferirebbe alla cifra pattuita ma non a quella versata. Infatti, (OMISSIS) avrebbe pagato, al momento della stipula, solo l’importo corrispondente all’IVA e, successivamente, solo la meta’ dell’imponibile, restando l’altra meta’ mai corrisposta.
6. Con il decimo motivo di ricorso (nullita’ del procedimento e della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per violazione dell’articolo 116 c.p.c., comma 1; nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4 (contraddittoria motivazione) e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n.5 c.p.c.) il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui, relativamente al secondo contratto stipulato con la (OMISSIS), viene equivocato il contenuto dello stesso essendo indicato erroneamente nella motivazione della sentenza che per il contratto di realizzazione del database informatizzato delle imprese artigiane e del relativo supporto cartaceo (OMISSIS) avrebbe pagato ad (OMISSIS) L. 160.000.000.
6.1. Anche in tal caso la cifra si riferirebbe alla somma pattuita e non versata. (OMISSIS) pago’ oltre l’IVA (20%) solo il 50% dell’imponibile e, pertanto, la condanna in appello dell’intero ammontare dovrebbe ritenersi infondata.
7. Con l’undicesimo motivo di ricorso (nullita’ per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e dalla consequenziale violazione e falsa applicazione articolo 1460 c.c.), il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui, una volta riconosciuto l’inadempimento del contratto di amministrazione da parte del (OMISSIS), ha rigettato la domanda di pagamento dei compensi professionali dallo stesso avanzata.
7.1. L’accoglimento dei motivi sopra proposti escluderebbe qualsiasi responsabilita’ del (OMISSIS) e, consequenzialmente, non giustificherebbe l’accoglimento dell’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 c.c..
8. Con il dodicesimo motivo di ricorso (nullita’ per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui viene disattesa la pretesa del (OMISSIS) di compenso per l’attivita’ giornalistica resa in favore di (OMISSIS) non avendo la Corte d’Appello considerato, ai fini della sua statuizione, il numero della rivista ” (OMISSIS)”, gia’ depositato in atti.
8.1. Inoltre, senza motivare, la Corte avrebbe escluso dal suo ragionamento altri due numeri della suddetta rivista, allegati dal (OMISSIS) a sostegno delle sue argomentazioni come prova dell’attivita’ svolta.
9. Infine, con il tredicesimo motivo di ricorso (nullita’ per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e consequenziale nullita’ del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c.) il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui le spese vengono interamente poste a carico del (OMISSIS), atteso che l’accoglimento degli innanzi detti motivi ne escluderebbe la responsabilita’ e, pertanto, anche le spese.
10. I primi tre motivi, per la loro stretta interconnessione, vanno trattati congiuntamente, ma respinti perche’ infondati.
10.1. In ordine alla questione dei presupposti dell’efficacia diretta del giudicato penale di assoluzione del convenuto, nel giudizio civile, risulta fondata l’eccezione sollevata dalla societa’ resistente, che ha richiamato il (a se’ favorevole) principio di diritto affermato da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3820 del 2010), che qui si riconferma, a termine del quale, “in materia di rapporti tra giudizio civile e penale, l’articolo 652 c.p.p., innovando rispetto alla disciplina di cui al previgente sistema, fondato sulla prevalenza del processo penale su quello civile, si ispira al principio della separatezza dei due giudizi, prevedendo che il giudizio civile di danno debba essere sospeso soltanto allorche’ l’azione civile, ex articolo 75 c.p.p., sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile in sede penale o dopo la sentenza penale di primo grado, in quanto esclusivamente in tali casi si verifica una concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile di danno, che pertanto non puo’ pervenire anticipatamente ad un esito potenzialmente difforme da quello penale in ordine alla sussistenza di uno o piu’ dei comuni presupposti di fatto.”.
10.2. Alla luce del menzionato principio di diritto non sussistono, pertanto, le lamentate violazioni di legge (espresse, soprattutto, con i primi due motivi di ricorso), non avendo il giudice di appello violato la regola della limitata interferenza del giudicato penale in sede civile, per la palese diversita’ delle parti dei due giudizi (uno civile e l’altro penale) posti tra di loro a raffronto.
10.3. Tuttavia, resta da valutare l’omessa considerazione della motivazione contenuta nel giudicato penale assolutorio, anche in ragione dell’avvenuta acquisizione istruttoria della sentenza resa nel giudizio penale e della perizia (espletata nel corso del relativo giudizio) che la sorreggeva.
10.3.1. Elementi, tuttavia, che non possono dirsi non considerati dal giudice (sicche’ il silenzio da lui serbato in ordine a tali fatti, avendo un ruolo rilevante e centrale, potrebbe configurare il vizio di motivazione omessa) in difetto di un’autosufficiente esposizione delle parti della sentenza penale richiamata che si assumono utili a smentire la ricostruzione degli addebiti da parte del giudice civile (di primo e di secondo grado).
10.3.2. In sostanza, non avendo il ricorrente posto a raffronto ed enumerato gli episodi di mala gestio (e le relative motivazioni svolte al riguardo dal giudice civile), con le presunte reciproche considerazioni critiche illustrate nel giudicato penale assolutorio dell’odierno ricorrente, la censura appare del tutto inammissibile, per la sua palese non autosufficienza e decisivita’ delle censure (in tal senso solo generiche).
10.3.3. Del resto, il giudice del merito, salvo il solo limite dell’incongruita’ della motivazione (Cass. n. 27162 del 2009 e n. 6288 del 2011), puo’ ben scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle, tra esse, ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, integrando un tipico apprezzamento di fatto riservatogli in via esclusiva. Questi, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, privilegiando una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza, peraltro, essere tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva (Cass. n. 6260 del 2012).
10.3.4. E le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n.8053 del 2014, hanno affermato che “l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per se’ vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”.
11. Il quarto motivo di cassazione censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha qualificato come “atti arbitrari” e, quindi, contrari ai doveri dell’amministratore avveduto, i contratti stipulati dal ricorrente con le piu’ volte menzionate due societa’ rimaste inadempienti, non potendosi imputare all’amministratore, a titolo di responsabilita’, le scelte economiche, considerate inopportune, tutte le volte che queste attengono ad una loro valutazione discrezionale, pena l’ingerenza del giudice nelle scelte di gestione dell’amministratore, con un giudizio formulato ex post e basato su presunzioni svolte sulla base del semplice infelice esito di una scelta amministrativa e gestionale compiuta.
11.1. Osserva, tuttavia, la Corte che se e’ vero che, secondo il proprio pacifico orientamento giurisprudenziale (Cass. Sez. 1, Sentenze nn. 3652 del 1997 e 3409 del 2013), “all’amministratore di una societa’ non puo’ essere imputato a titolo di responsabilita’ ex articolo 2392 c.c. di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico” (atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalita’ imprenditoriale e puo’ pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell’amministratore, non come fonte di responsabilita’ contrattuale nei confronti della societa’), e che sulla base di quella stessa elaborazione si e’ precisato che se “il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non puo’ mai investire le scelte di gestione (o le modalita’ e circostanze di tali scelte)”, “anche se presentino profili di rilevante alea economica”, e’ pur vero tuttavia che, in tal tipo di giudizio, puo’ ben sindacarsi “l’omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalita’”, e percio’ anche “la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere”.
11.2. Cosi’ questa Corte (ancora Sez. 1, Sentenza n. 28669 del 2013), facendo applicazione dei richiamati principi, ha affermato la sussistenza della responsabilita’ degli amministratori che, in un caso di apporto economico da parte della detta societa’ in favore di un’altra, non avevano predisposto le cautele necessarie, corredando le proprie scelte con le verifiche, le indagini e le informazioni preventive normalmente richieste in riferimento alla concreta scelta operata (“dal momento che, ove l’apporto si traduca in un finanziamento concesso alla societa’ terza (capitale di debito), l’obbligo della sua restituzione ex articolo 1813 c.c. implica il rischio della difficolta’ di adempiere della mutuataria ovvero della sua insolvenza; se, invece, l’investimento si risolva in un conferimento ai sensi dell’articolo 2343 c.c. (capitale di rischio), il relativo rimborso non potrebbe nemmeno essere disposto durante la vita della societa’, ma solo in sede di sua liquidazione.”).
11.3. Lo stesso giudizio, nel caso che si esamina, ha dato la Corte a quo, la quale ha qualificato come “arbitraria” la stipulazione dei tre contratti – oggetto della denuncia di responsabilita’ e percio’ anche dell’accertamento giudiziale-, sia con riferimento all’oggetto del negozio (in taluni casi mai realizzatosi) sia con riguardo alla scelta dei contraenti, per la totale assenza dei requisiti di professionalita’ delle ditte prescelte dall’amministratore, e perche’ conclusi con l’anomala condotta della societa’ committente di eseguire immediatamente il pagamento del corrispettivo, e cio’ anche per importi reputati economicamente considerevoli.
11.4. Come si vede, il giudizio dato dalla Corte di merito non e’ affatto fuoriuscito dal quadro dei principi gia’ tracciati da questa Corte, sulla base delle valutazioni compiute (alle pp. 8-10 della sentenza) in ordine alla conclusione e all’esecuzione degli accordi negoziali (tutti posto in essere nel corso dell’anno 2001), sebbene soggette alla regola della diligenza del mandatario (in base al previgente testo dell’articolo 2392 c.c.: cfr. la Sentenza di questa Corte, 1 sez., n. 17441 del 2016), e non ancora a quella, ora necessaria, della diligenza professionale esigibile ex articolo 1176 c.c., comma 2.
11.5. Il giudizio del giudice distrettuale, infatti, e’ stato rettamente reso non solo perche’ esso ha tenuto conto, con formulazione ex ante, della non ragionevolezza delle scelte esercitate dall’amministratore ma anche in considerazione della evidenza mancata adozione delle cautele necessarie e consuetudinarie, con la scelta – invero poco prudente – evidenziatasi con la corresponsione di una parte notevole del corrispettivo al momento della sola sottoscrizione dell’accordo negoziale.
11.6. La sentenza e’ pertanto corretta ed immune dai vizi ipotizzati, in base al principio di diritto, di cui ha fatto applicazione il giudice di merito, e che si formula come di seguito:
in tema di responsabilita’ dell’amministratore di una societa’ di capitali (nella specie, per azioni) per i danni cagionati alla societa’ amministrata, l’insindacabilita’ del merito delle sue scelte di gestione (cd. business judgement rute) trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario, alla luce dell’articolo 2392 c.c. (nel testo applicabile ratione temporis), sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere.
12. I motivi del ricorso, dal quinto all’ottavo, ponendo l’accento su fatti non valutati o mal considerati e su risultanze emergenti dalla sentenza penale assolutoria o da ulteriori elementi, si risolvono in una richiesta di riesame del merito delle valutazioni gia’ compiute dal giudice di appello, correttamente, alla luce dei principi richiamati, in base ai quali deve escludersi – con riferimento ai tre contratti contestati e abusivamente conclusi – che la valutazione giudiziale si sia intromessa in ordine al merito discrezionale del potere gestorio dell’amministratore, avendo invece analizzato il suo comportamento imprudente, arbitrario e poco cauto, percio’ fonte di responsabilita’ dei danni cagionati alla societa’ amministrata.
12.1. Infatti, con i detti mezzi, il ricorrente indugia piuttosto nella evocazione di una lettura delle risultanze processuali difforme da quella operata dalla Corte territoriale, muovendo censure non accoglibili perche’, come si e’ sopra detto, la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito.
13. Anche il nono e il decimo mezzo, tra di loro analoghi, in quanto contestano che il giudice di appello abbia proceduto alla quantificazione del danno non avvedendosi che l’esborso anticipato, per ciascuno dei due contratti, sarebbe stato del solo 50% del corrispettivo pattuito e non dell’intero, introducono un tema d’indagine del tutto nuovo che, mancando dei necessari autosufficienti supporti, relativi alle domande (ed eccezioni) del gravame, non sono ammissibili in sede di legittimita’.
14. L’undicesimo mezzo, inoltre, introduce la questione della non spettanza dei compensi professionali all’amministratore resosi responsabile dell’arbitraria gestione della societa’ oltre che di richieste di rimborsi e di spese del tutto ingiustificate. Tali compensi, che sono stati negati dal giudice di appello sulla base dell’eccezione formulata dalla societa’, ex articolo 1460 c.c., in ragione della mala gestio e del rilevante inadempimento del contratto di amministrazione, che avrebbe paralizzato il diritto alla controprestazione, vengono censurati in questa sede non gia’ sul piano della compatibilita’ del rimedio, in astratto e sul piano normativo ma, in conseguenza dell'”accoglimento dei superiori motivi di ricorso”, che – secondo la prospettazione del ricorrente – dovrebbero travolgerere anche questa parte della sentenza.
14.1. Ma, come si e’ visto, le questioni poste con i motivi dal primo al decimo, dianzi esaminati, sono state invece o respinte o dichiarate inammissibili, sicche’ la censura in esame, proposta come innanzi detto in via conseguenziale, non puo’ che essere rigettata.
15. Il dodicesimo mezzo (riguardante la pretesa del (OMISSIS) a un compenso per l’attivita’ giornalistica resa in favore di (OMISSIS) e con riferimento alla rivista), a sua volta, e’ inammissibile perche’ non autosufficiente e tendente ad un riesame del merito della doglianza.
16. Il tredicesimo (spese di lite) e’ infondato non ravvisandosi alcuna violazione di legge nella decisione di porre a carico del ricorrente (soccombente) le spese della fase di merito.
17. In conclusione, il ricorso e’ complessivamente infondato e, pertanto, da respingere, con le conseguenze di legge: a) le spese dell’odierno giudizio, a carico del ricorrente soccombente, liquidate come da dispositivo; b) l’enunciazione dell’esistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso proposto e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore della controricorrente, in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
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