In base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, l’inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che nel caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui non ricorrano a) l’attività di trasmissione svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato, b) la fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi ex lege eseguita). Ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale ricade invece nella categoria della nullità, sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.
Alla stregua di tale principio, non merita censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso che l’effettuazione presso la cancelleria, anziché presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore costituito nel giudizio di primo grado, comportasse l’inesistenza della notificazione dell’atto di appello, e quindi l’inammissibilità dell’impugnazione: nonostante l’errata individuazione da parte dell’appellante delle modalità di notificazione applicabili alla fattispecie, l’avvenuta consegna dell’atto ad opera dell’ufficiale giudiziario competente in forme corrispondenti a quelle consentite da disposizioni tuttora in vigore, sia pure in via sussidiaria rispetto a quelle concretamente applicabili, assicura infatti la riconducibilità del procedimento notificatorio ad uno degli schemi astrattamente prefigurati dal legislatore; risulta pertanto giustificata l’affermazione della mera nullità della notifica e dell’intervenuta sanatoria della stessa, con efficacia retroattiva, per effetto della costituzione dell’appellato, con la conseguente esclusione dell’inammissibilità del gravame.
Suprema Corte di Cassazione
sezione I civile
ordinanza 15 giugno 2017, n. 14958
Fatto e diritto
1. A.R. ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, avverso la sentenza del 13 ottobre 2016, con cui la Corte d’appello di Catanzaro ha accolto il gravame interposto dal Ministero dell’interno avverso l’ordinanza emessa il 4 giugno 2015 dal Tribunale di Catanzaro, rigettando la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria proposta dall’appellato.
Il Ministero ha resistito con controricorso.
2. Con l’unico motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 183, primo comma, e 330 cod. proc. civ., del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e dell’art. 16-sexies del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di pronunciare in ordine all’eccezione d’inesistenza della notificazione dell’atto di appello, in quanto eseguita presso la cancelleria del giudice adito, anziché presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore costituito nel giudizio di primo grado. Ad avviso del ricorrente, l’avvenuta indicazione del predetto indirizzo da parte del procuratore, iscritto nell’albo della circoscrizione in cui aveva sede l’ufficio giudiziario, escludeva la possibilità di procedere alla notificazione presso la Cancelleria, indipendentemente dall’elezione di domicilio nel Comune in cui aveva sede il giudice adito, non più necessaria a seguito della modificazione degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., a meno che la notificazione in via telematica non fosse risultata impossibile per causa imputabile al destinatario. L’introduzione dell’obbligo di effettuare le notifiche a mezzo di posta elettronica certificata, recidendo il collegamento tra la parte e la cancelleria del giudice adito, comporta infatti l’inesistenza, e non già la mera nullità della notifica effettuata presso la cancelleria, con la conseguente insanabilità del vizio per effetto della tardiva costituzione della controparte.
2.1. Il ricorso è infondato.
Com’è noto, infatti, il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non dà luogo al vizio di omessa pronuncia, configurabile esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma può tradursi in un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 1.12 cod. proc. civ., se ed in quanto si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (cfr. Cass., Sez. VI, 12/01/2016, n. 321; Cass., Sez. I, 10/11/2015, n. 22952; 26/09/2013, n. 22083).
In ogni caso, la sentenza impugnata non ha affatto omesso di pronunciare in ordine all’eccepita irritualità della notificazione dell’atto d’appello, rilevabile anche d’ufficio, ma ne ha espressamente riconosciuto l’invalidità, in quanto eseguita presso la cancelleria, nonostante l’avvenuta indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata da parte del procuratore costituito per l’appellato in primo grado, escludendo tuttavia che il predetto vizio comportasse l’inesistenza della notificazione, ed affermandone invece la nullità, ritenuta peraltro sanata per effetto della costituzione in giudizio dell’appellato.
2.2. L’affermazione dell’irritualità della notifica trova giustificazione nel disposto non già dell’art. 16, comma quarto, del d.l. n. 179 del 2012, riguardante le sole comunicazioni e notificazioni da effettuarsi a cura della cancelleria, ma dell’art. 16-sexies del medesimo decreto-legge, introdotto dall’art. 52, comma primo, lett. b), del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 (già in vigore all’epoca della notificazione dell’atto di appello), ai sensi del quale, quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all’art. 6-bis del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia.
Nella specie, la notifica dell’atto di appello presso la cancelleria del giudice adito sarebbe stata imposta, ai sensi dell’art. 330, primo comma, cod. proc. civ., dalla circostanza che il procuratore dell’attore, avv. Piero Lucà, iscritto nell’albo dell’Ordine degli Avvocati del Tribunale di Crotone, all’atto della costituzione in giudizio dinanzi al Tribunale di Catanzaro non aveva eletto domicilio in quel Comune, come prescritto dal primo comma dell’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, con la conseguenza che, dovendosi intendere domiciliato ex lege presso la cancelleria del giudice adito, come previsto dal secondo comma del medesimo articolo, era in quest’ultimo luogo che avrebbe dovuto essere eseguita la notificazione, ai sensi dell’art. 170 cod. proc. civ. Non essendo stato tuttavia dimostrato che il ricorso a tale modalità di notificazione fosse stato preceduto da un tentativo effettuato in via telematica, e rimasto senza esito per causa imputabile al destinatario, l’ordinanza impugnata ha correttamente dichiarato l’invalidità della notifica, ai fini della quale non può assumere alcun rilievo l’eventualità che nell’atto di citazione non fosse stato indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata, dal momento che l’art. 16-sexies cit., nell’imporre prioritariamente la notifica in via telematica, non fa alcun riferimento alla predetta indicazione (già prescritta dall’art. 125 cod. proc. civ., nel testo modificato dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e soppressa dall’art. 45-bis del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, che ha ulteriormente modificato l’art. 125), richiamando invece l’indirizzo risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), istituito presso il Ministero per lo sviluppo economico, o dal registro generale degli indirizzi elettronici (REGINDE), gestito dal Ministero della giustizia.
2.3. La regola introdotta dall’art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012 è intervenuta a conferire valore formale di legge ad un principio già affermatosi nell’ordinamento, per effetto di una precedente pronuncia di legittimità, con cui le Sezioni Unite di questa Corte, nel comporre un contrasto di giurisprudenza riguardante l’ambito applicativo dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, avevano avuto modo di chiarirne anche i rapporti con la nuova disciplina delle notificazioni in via telematica.
Era stato infatti affermato innanzitutto che l’art. 82 cit. trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario cui l’avvocato è assegnato per essere iscritto al relativo ordine professionale, e quindi anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto ad un ordine professionale di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto della medesima corte d’appello. Era stato tuttavia precisato che, a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche apportate agli artt. 366 e 125 cod. proc. civ. dall’art. 25 della legge n. 183 del 2011, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata imponevano di ritenere che, anche alla luce del mutato contesto normativo, che prevedeva ormai in generale l’obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, l’inosservanza dell’onere di elezione di domicilio di cui all’art. 82 per gli avvocati che esercitassero il proprio ufficio in un giudizio che si svolgesse fuori della circoscrizione del tribunale al quale erano assegnati comportava la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale era in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 cod. proc. civ., non avesse indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine (cfr. Cass., Sez. Un., 20/06/2012, n. 10143).
Nell’enunciare il predetto principio, le Sezioni Unite non avevano peraltro chiarito quali fossero, sul piano della validità della notificazione, gli effetti dell’inosservanza della regola che ne imponeva l’effettuazione in via prioritaria presso l’indirizzo di posta elettronica certificata: né tale chiarimento risultava necessario nella fattispecie presa in esame dalla predetta sentenza, avendo avuto luogo la notificazione in epoca anteriore all’introduzione delle disposizioni riguardanti la notificazione in via telematica. La sentenza impugnata ha ritenuto che, avuto riguardo alla perdurante vigenza ed alla portata generale delle disposizioni che consentono la notifica presso la cancelleria, il ricorso alla stessa anziché a quella in via telematica, pur in mancanza della prova dell’impossibilità di procedervi per causa imputabile al destinatario, non comporti l’inesistenza della notifica, ma la semplice nullità, nella specie sanata dall’avvenuta costituzione dell’appellato, anche se al solo fine di far valere l’invalidità della notificazione. Sostiene invece il ricorrente che per effetto delle nuove disposizioni sarebbe venuta meno la possibilità di ravvisare qualsiasi collegamento tra il destinatario dell’atto e la cancelleria del giudice adito, con la conseguenza che l’avvenuta consegna presso la cancelleria, anziché all’indirizzo di posta elettronica indicato nell’atto di costituzione, comporterebbe non già la nullità, ma l’inesistenza della notifica, non suscettibile di sanatoria in caso di costituzione in giudizio del destinatario. La tesi trova conforto in un radicato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la notificazione dell’atto di impugnazione deve considerarsi inesistente, e dunque insanabile, soltanto allorché la relativa abnormità sia tale da non consentirne in alcun modo l’inserimento nello sviluppo del processo, come nel caso in cui la consegna sia fatta a soggetto o in luogo totalmente estranei al destinatario, mentre è nulla, e quindi suscettibile di sanatoria con efficacia ex tunc, quando sia effettuata in luogo o a persona che, pur diversi da quelli indicati dalla norma processuale, abbiano, in base ad una valutazione ex ante avente ad oggetto l’astratto raggiungimento dello scopo nonostante il vizio della notificazione, un qualche riferimento con il destinatario (cfr. Cass., Sez. III, 30/05/2014, n. 12301; Cass., Sez. V, 18/ 12/2013, n. 28285; 27/05/2009, n. 12381).
Tale indirizzo deve considerarsi tuttavia superato per effetto di una recente pronuncia, con cui le Sezioni Unite, componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno dichiarato non necessario, in quanto estraneo al modello legale della notificazione, il requisito del collegamento tra il luogo in cui è stata effettuata ed il destinatario, attribuendo invece rilievo alla sussistenza degli elementi strutturali idonei a rendere riconoscibile l’atto come notificazione. È stato così affermato che, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, l’inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che nel caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui non ricorrano a) l’attività di trasmissione svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato, b) la fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi ex lege eseguita). Ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale ricade invece nella categoria della nullità, sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., 20/07/2016, n. 14916; v. anche Cass., Sez. VI, 27/01/17, n. 2174).
Alla stregua di tale principio, non merita censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso che l’effettuazione presso la cancelleria, anziché presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore costituito nel giudizio di primo grado, comportasse l’inesistenza della notificazione dell’atto di appello, e quindi l’inammissibilità dell’impugnazione: nonostante l’errata individuazione da parte dell’appellante delle modalità di notificazione applicabili alla fattispecie, l’avvenuta consegna dell’atto ad opera dell’ufficiale giudiziario competente in forme corrispondenti a quelle consentite da disposizioni tuttora in vigore, sia pure in via sussidiaria rispetto a quelle concretamente applicabili, assicura infatti la riconducibilità del procedimento notificatorio ad uno degli schemi astrattamente prefigurati dal legislatore; risulta pertanto giustificata l’affermazione della mera nullità della notifica e dell’intervenuta sanatoria della stessa, con efficacia retroattiva, per effetto della costituzione dell’appellato, con la conseguente esclusione dell’inammissibilità del gravame.
3. Il ricorso va pertanto rigettato.
L’oggettiva incertezza in ordine alla natura del vizio lamentato, superata in epoca pressocché contemporanea alla proposizione dell’impugnazione, giustifica peraltro la dichiarazione dell’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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