Corte Costituzionale
sentenza 6 dicembre 2013 n. 292
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera c), e 4, comma 5, della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2012, n. 43, recante «Norme per il sostegno dei Gruppi acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero, di qualità», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-20 febbraio 2013, depositato in cancelleria il 18 febbraio 2013 ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2013.
Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;
udito nell’udienza pubblica dell’8 ottobre 2013 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;
uditi l’avvocato dello Stato Daniela Giacobbe per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Puglia.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 13 febbraio 2013 e depositato il successivo 18 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 117, primo comma, e 120, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale in via principale della disposizione combinata degli artt. 3, comma 1, lettera c), e 4, comma 5, della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2012, n. 43, recante «Norme per il sostegno dei Gruppi acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero, di qualità».
Il ricorrente premette che la legge reg. n. 43 del 2012 detta norme per il sostegno dei gruppi di acquisto solidale e per la promozione di prodotti agricoli a filiera corta, a chilometri zero e di qualità. In particolare, per quanto riguarda le disposizioni impugnate, l’art. 3, comma 1, lettera c), definisce «prodotti agroalimentari a chilometro zero» quelli «per il cui trasporto dal luogo di produzione al luogo previsto per il consumo si produce meno di 25 chilogrammi di CO2 equivalente per tonnellata, e comunque i prodotti trasportati all’interno del territorio regionale».
Il successivo art. 4, comma 5, dispone che, al fine di sostenere la filiera corta e i prodotti a chilometro zero e di qualità, la Regione Puglia favorisce il loro impiego da parte dei gestori dei servizi di ristorazione collettiva pubblica stabilendo che nei bandi per l’affidamento di detti servizi «gli enti pubblici devono garantire priorità ai soggetti che prevedono l’utilizzo di prodotti da filiera corta, prodotti a chilometro zero, prodotti di qualità in misura non inferiore al 35 per cento in valore rispetto ai prodotti agricoli complessivamente utilizzati su base annua».
Dalla combinazione delle due norme emerge come la Regione Puglia accordi la preferenza nell’aggiudicazione degli appalti pubblici di ristorazione collettiva non soltanto ai prodotti il cui trasporto, in ragione della distanza tra il luogo di produzione e quello di consumo, ha un minore impatto ambientale, ma anche ai prodotti che, a prescindere da tale circostanza, risultino comunque trasportati all’interno del territorio regionale (essi pure inclusi nell’ambito della definizione dei prodotti «a chilometro zero»).
Tale scelta legislativa si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, primo comma, e 120, primo comma, Cost.
Al riguardo, il ricorrente rileva come nel «Libro verde sulla modernizzazione della politica dell’UE in materia di appalti pubblici – Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti» (COM-2011 15 definitivo) del 27 gennaio 2011, si affermi, a proposito di «come acquistare» per realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020, che la previsione, da parte delle amministrazioni appaltanti, del necessario acquisto di prodotti in loco può essere giustificato solo in casi del tutto eccezionali «in cui esigenze legittime e obiettive che non sono associate a considerazioni di natura puramente economica possono essere soddisfatte soltanto dai prodotti di una certa regione.» (punto 4.1. del citato «Libro verde»).
In questa prospettiva, la preferenza per un prodotto «a base territoriale limitata» potrebbe essere giustificata da esigenze ambientali, quali quelle espresse dal riferimento, contenuto nella legge regionale impugnata, al livello delle emissioni di anidride carbonica durante il trasporto; non, invece, dalla mera origine regionale dei beni, la quale, da sola, non garantisce che le merci siano realmente «a chilometri zero» e che il loro trasporto abbia una minore incidenza negativa sull’ambiente.
Nel privilegiare i prodotti pugliesi solo perché tali, le norme censurate risulterebbero dunque discriminatorie, avvantaggiando le aziende agricole locali, dalle quali i gestori dei servizi di ristorazione collettiva sarebbero indotti a rifornirsi per conseguire l’aggiudicazione degli appalti. Sarebbe pertanto evidente il loro contrasto con l’ordinamento dell’Unione europea sotto il profilo della restrizione della libera circolazione delle merci e dell’ostacolo agli scambi intracomunitari, in violazione delle norme del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (articoli da 34 a 36), nonché sotto il profilo della restrizione della concorrenza.
2.– Si è costituita la Regione Puglia, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.
La difesa della Regione rileva come il riferimento ai «prodotti trasportati all’interno del territorio regionale», contenuto nella definizione di cui all’art. 3, comma 1, lettera c), della legge impugnata, si sia reso necessario al fine di garantire l’immediata operatività della disposizione, stante il fatto che i libretti di circolazione dei veicoli non debbono, allo stato, ancora riportare i dati necessari ai fini del calcolo del livello delle emissioni di anidride carbonica durante il trasporto (in particolare, quelli relativi alla qualità e quantità del combustibile utilizzato in rapporto ai cavalli vapore del motore).
La Regione sottolinea, altresì, come i prodotti a filiera corta, a chilometro zero e di qualità siano oggetto di produzione limitata, che difficilmente potrebbe esaurire il fabbisogno dei servizi di ristorazione collettiva. La circostanza, poi, che ai fini della preferenza gli anzidetti prodotti debbano costituire non meno del trentacinque per cento, in termini di valore, rispetto ai prodotti complessivamente utilizzati dal singolo operatore, incentiverebbe l’aggregazione tra i produttori, rispondendo, con ciò, ad una sollecitazione dell’Unione europea.
La preferenza non verrebbe inoltre accordata ai prodotti regionali solo in ragione della loro origine pugliese, ma perché essi sono realizzati in luoghi prossimi a quelli di consumo. I servizi di ristorazione non si limiterebbero comunque ad utilizzare i soli prodotti locali, ma impiegherebbero anche prodotti provenienti da altre Regioni, stante la varietà degli ingredienti occorrenti per la preparazione dei pasti: sicché, in definitiva, le norme censurate favorirebbero gli scambi di merci tra Regioni.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale della disposizione combinata degli artt. 3, comma 1, lettera c), e 4, comma 5, della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2012, n. 43, recante «Norme per il sostegno dei Gruppi acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero, di qualità», nella parte in cui include tra i prodotti la cui utilizzazione garantisce priorità nell’affidamento dei servizi di ristorazione collettiva da parte degli enti pubblici anche i prodotti trasportati all’interno del territorio regionale, a prescindere dal livello delle emissioni di anidride carbonica equivalente connesse a tale trasporto.
Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata violerebbe l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli articoli da 34 a 36 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e l’art. 120, primo comma, Cost., perché ostacolerebbe gli scambi intracomunitari e falserebbe la concorrenza: i gestori dei servizi di ristorazione collettiva sarebbero, infatti, indotti a rifornirsi dalle aziende agricole locali per assicurarsi l’anzidetto titolo preferenziale nell’aggiudicazione degli appalti pubblici.
2.– In via preliminare, va rilevato che la violazione dell’art. 120, primo comma, Cost. – che vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che ostacolino la libera circolazione delle cose tra le Regioni – benché formalmente dedotta nel preambolo e nelle conclusioni del ricorso, non è stata in alcun modo motivata dal ricorrente.
In riferimento a detto parametro, la questione deve essere dichiarata, pertanto, inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 20 e n. 8 del 2013).
3.– Con riguardo all’art. 117, primo comma, Cost., la questione è, per converso, fondata.
L’art. 4, comma 5, della legge regionale censurata prevede che, nei bandi per l’affidamento dei servizi di ristorazione collettiva gli enti pubblici debbano «garantire priorità» ai soggetti che utilizzino, in una determinata misura percentuale (non meno del trentacinque per cento in valore rispetto ai prodotti agricoli complessivamente utilizzati su base annua), prodotti agroalimentari «da filiera corta», «di qualità» e «a chilometro zero». Nell’ambito di tale ultima categoria sono ricompresi – in forza della definizione offerta dall’art. 3, comma 1, lettera c), della medesima legge – sia i beni per il cui trasporto dal luogo di produzione a quello di consumo si producono meno di venticinque chilogrammi di anidride carbonica equivalente per tonnellata, sia, «e comunque», «i beni trasportati all’interno del territorio regionale».
Dalla combinazione delle due norme emerge, dunque, che gli utilizzatori di prodotti di origine pugliese fruiscono di un trattamento preferenziale nell’aggiudicazione degli appalti in questione, indipendentemente dal livello di emissione di gas nocivi che il loro trasporto comporta.
4.– Questa Corte, con la sentenza n. 209 del 2013, ha già avuto occasione di dichiarare costituzionalmente illegittima, per violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza» (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.), una norma regionale di contenuto sostanzialmente analogo a quello della disposizione combinata oggi denunciata. Si trattava, in particolare, dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Basilicata 13 luglio 2012, n. 12 (Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli di origine regionale a chilometri zero), ove si stabiliva che l’utilizzazione dei prodotti agricoli di origine regionale costituisse titolo preferenziale per l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari ed agroalimentari destinati alla ristorazione collettiva.
Nell’occasione, la Corte ha rilevato come la legge regionale dianzi citata fosse volta – stando al relativo titolo – «ad orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli di origine regionale a chilometri zero». A fronte della genericità della definizione contenuta nell’art. 1, comma 1, della medesima legge – definizione che aveva riguardo alla sola natura del prodotto, e non già alla distanza tra luogo di produzione e luogo di consumo – il riferimento ai prodotti «a chilometri zero» rimaneva, peraltro, privo di una concreta valenza selettiva, distinta e ulteriore rispetto a quella insita nel predicato «di origine regionale».
In questa prospettiva, la norma censurata veniva, dunque, ad imporre all’amministrazione appaltante un criterio di scelta del contraente chiaramente idoneo ad alterare la concorrenza, incentivando gli imprenditori ad impiegare prodotti provenienti da una certa area territoriale (quella lucana) a discapito di prodotti con caratteristiche similari, ancorché provenienti da aree poste a distanza uguale o minore dal luogo di consumo (come poteva avvenire, in specie, ove il consumo avvenisse in zone limitrofe ad altre Regioni).
5.– Nel caso oggi in esame, l’alterazione della concorrenza viene in rilievo non come fonte della lesione del riparto interno delle competenze legislative definito dal citato art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – trattandosi di parametro non evocato nel ricorso – ma come ragione di contrasto della normativa regionale impugnata con il diritto dell’Unione europea e, dunque, di violazione del precetto di cui al primo comma dell’art. 117 Cost.
A differenza della «priorità» accordata ai soggetti che utilizzano beni il cui trasporto determina una ridotta quantità di emissioni nocive – «priorità» giustificata dai benefici che la limitazione di tali emissioni reca in termini di tutela dell’ambiente – la «priorità» riconosciuta a coloro che si avvalgono di prodotti trasportati esclusivamente all’interno del territorio regionale, indipendentemente dal livello delle emissioni, costituisce una misura ad effetto equivalente vietata dall’art. 34 del TFUE – che ricomprende ogni normativa commerciale che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari – e non giustificata ai sensi dell’art. 36 del medesimo Trattato.
L’art. 36 del TFUE, infatti, lascia impregiudicate le restrizioni alle importazioni giustificate da motivi di «tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali», cui la salvaguardia dell’ambiente è strettamente connessa. Nel caso in esame, tuttavia, il mero riferimento al trasporto all’interno della Regione e, dunque, alla provenienza locale dei prodotti agricoli, a prescindere dalla quantità di emissioni prodotte, non soddisfa nessuna delle esigenze oggetto del regime derogatorio, ma si risolve in un incentivo per gli imprenditori ad impiegare determinati beni solo perché provenienti da una certa area territoriale, così da poter vantare l’anzidetto titolo preferenziale. A differenza dell’impiego dei prodotti pugliesi, infatti, l’utilizzo di quelli trasportati da altre località, ancorché con un pari o minore livello di emissioni nocive – e, dunque, con un equivalente o inferiore impatto ambientale – non conferisce analogo titolo preferenziale nell’aggiudicazione degli appalti dei servizi di ristorazione collettiva e subisce, di conseguenza, degli effetti discriminatori.
La conclusione non è inficiata dagli argomenti addotti dalla difesa della Regione, i quali fanno leva precipuamente sul fatto che le merci di provenienza locale non esaurirebbero il fabbisogno della ristorazione collettiva, la quale dovrebbe comunque attingere anche ad altri prodotti agroalimentari con diversa provenienza. A prescindere da ogni altra possibile considerazione, è dirimente infatti il rilievo che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, un provvedimento nazionale non si sottrae al divieto di cui agli artt. 34 e 35 del TFUE per il solo fatto che l’ostacolo è di scarsa importanza e che esistono altre possibilità di scambio del prodotto importato (sentenza 14 marzo 1985, C-269/83, Commissione contro Francia; sentenza 5 giugno 1986, C-103/84, Commissione contro Italia). Inoltre, un provvedimento nazionale può costituire una misura ad effetto equivalente anche se è applicabile ad un’area limitata del territorio nazionale (sentenza 3 dicembre 1998, C-67/97, Bluhme).
6.– La disposizione combinata degli artt. 3, comma 1, lettera c), e 4, comma 5, della legge della Regione Puglia n. 43 del 2012 deve essere dichiarata, pertanto, costituzionalmente illegittima, nella parte in cui include tra i prodotti la cui utilizzazione garantisce priorità, nell’affidamento dei servizi di ristorazione collettiva da parte degli enti pubblici, anche i prodotti trasportati all’interno del territorio regionale, a prescindere dal livello delle emissioni di anidride carbonica equivalente connesse a tale trasporto.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale della disposizione combinata degli artt. 3, comma 1, lettera c), e 4, comma 5, della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2012, n. 43, recante «Norme per il sostegno dei Gruppi acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero, di qualità», nella parte in cui include tra i prodotti la cui utilizzazione garantisce priorità nell’affidamento dei servizi di ristorazione collettiva da parte degli enti pubblici anche i prodotti trasportati all’interno del territorio regionale, a prescindere dal livello delle emissioni di anidride carbonica equivalente connesse a tale trasporto;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione combinata degli artt. 3, comma 1, lettera c), e 4, comma 5, della legge della Regione Puglia n. 43 del 2012, promossa, in riferimento all’art. 120, primo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
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