CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA 2 dicembre 2013, n. 285

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo unico della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 23 novembre 2012, n. 33 (Modificazione alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31 – Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 23-28 gennaio 2013, depositato in cancelleria il 29 gennaio 2013 ed iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2013.

Visti l’atto di costituzione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, nonché gli atti di intervento della Paul Wurth Italia S.p.a. e di Roscio Fabrizio ed altri;

udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2013 il Giudice relatore Sabino Cassese;

uditi gli avvocati Roberto Damonte per la Paul Wurth Italia S.p.a., Domenico Palmas per Roscio Fabrizio ed altri, l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.

Ritenuto in fatto

1.— Con ricorso notificato il 23-28 gennaio 2013 (reg. ric. n. 9 del 2013) e depositato in cancelleria il 29 gennaio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’articolo unico della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 23 novembre 2012, n. 33 (Modificazione alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31 – Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e dell’art. 15, secondo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), in relazione all’art. 7, comma 1, lettera a), della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 25 giugno 2003, n. 19 (Disciplina dell’iniziativa legislativa popolare, del referendum propositivo, abrogativo e consultivo, ai sensi dell’articolo 15, secondo comma, dello Statuto speciale).

2.— La disposizione impugnata stabilisce che «Il comma 5 dell’articolo 7 della legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31 (Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti), è sostituito dal seguente: “5. In considerazione delle ridotte dimensioni territoriali della regione e dei limitati quantitativi di rifiuti prodotti, in conformità agli obiettivi di cui all’articolo 10, comma 1, al fine di tutelare la salute e di perseguire criteri di economicità, efficienza ed efficacia, nel ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi non si realizzano né si utilizzano sul territorio regionale impianti di trattamento a caldo quali incenerimento, termovalorizzazione, pirolisi o gassificazione.”».

3.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene, innanzitutto, che la disposizione impugnata contrasti con l’art. 15, secondo comma, dello statuto speciale per la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, in relazione all’art. 7, comma 1, lettera a), della legge reg. Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste n. 19 del 2003. La norma regionale sarebbe stata adottata sulla base di un referendum propositivo che «non doveva essere dichiarato ammissibile». In particolare, la Commissione regionale per i procedimenti referendari e di iniziativa popolare, tenuta a pronunciarsi in merito «alla competenza regionale nella materia oggetto della proposta di legge», secondo quanto stabilito dal predetto art. 7, comma 1, lettera a), avrebbe «erroneamente ricondotto la proposta di legge regionale in esame alla materia della tutela della salute».

In secondo luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che la disposizione impugnata sia ascrivibile alla materia della tutela dell’ambiente, di competenza esclusiva statale, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. In questo ambito, le disposizioni statali vincolerebbero anche la Regione autonoma Valle d’Aosta/ Vallée d’Aoste (sentenza n. 61 del 2009).

In particolare, la norma regionale contrasterebbe con l’art. 195, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che attribuisce allo Stato il compito di individuare i «criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti», nonché con la lettera f) dello stesso articolo, che riserva allo Stato «l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l’individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell’individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell’erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili».

La disposizione impugnata, nell’affermare l’inidoneità dell’intero territorio regionale ad accogliere determinate tipologie di impianto, contrasterebbe, altresì, con il successivo art. 196, comma 1, lettera n), del d.lgs. n. 152 del 2006, che assegna alle regioni «la definizione di criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p)» e con la lettera o) dello stesso articolo, che attribuisce a tali enti anche «la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare».

4.— Con atto depositato in data 1o marzo 2013, si è costituita in giudizio la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, deducendo l’infondatezza della questione.

Innanzitutto, la Regione sostiene che la questione, con riferimento all’art. 15, secondo comma, dello statuto per la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, è tardiva, perché il Governo avrebbe dovuto «all’epoca» impugnare la delibera della Commissione regionale per i procedimenti referendari e di iniziativa popolare; inoltre, il referendum propositivo avente ad oggetto la norma impugnata era certamente ammissibile, in quanto promuoverebbe il cosiddetto principio di autosufficienza nella gestione dei rifiuti e, soprattutto, riguarderebbe aspetti concernenti la tutela della salute: nel settore dei rifiuti, «accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell’ambiente, possono venire in rilievo interessi sottostanti ad altre materie, per cui la competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire […]» (sentenza n. 249 del 2009).

In secondo luogo, riguardo alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la normativa statale invocata non impedirebbe «al legislatore regionale di prevedere che, nell’area idonea al trattamento dei rifiuti, si adotti un determinato tipo di impianto (nella specie, a freddo), e si escluda – per ragioni di tutela di altri interessi costituzionalmente rilevanti, quali la salute dei cittadini – altro determinato tipo di impianto (nella specie, di trattamento a caldo). Tale soluzione, infatti, non compromette il sistema di smaltimento di rifiuti in sé, atteso che il legislatore regionale non ha vietato in assoluto il trattamento dei rifiuti sul proprio territorio, ma si è limitato ad indicare che, esclusivamente per quanto riguarda i rifiuti urbani e quelli speciali non pericolosi, non possono essere utilizzati sistemi di trattamento a caldo».

In particolare, la norma impugnata non contrasterebbe con la competenza dello Stato a individuare i siti di realizzazione degli impianti di preminente interesse nazionale (art. 195, comma 1, lettera f, d.lgs. n. 152 del 2006), potendosi ricavare che «fuori da questo ambito le Regioni conservino la facoltà di decidere quali tipologie di impianto ubicare sul proprio territorio», posta, peraltro, la mancata definizione dei criteri statali. A tal riguardo, l’art. 196, comma 1, lettera d), attribuisce alla competenza regionale «l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi, e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera f);». Di conseguenza, secondo la difesa regionale, «fuori dall’individuazione degli impianti di preminente interesse nazionale, spetta alle Regioni individuare quali sistemi di trattamento rifiuti adottare sul proprio territorio».

5.— Con atto depositato l’11 marzo 2013, i signori Fabrizio Roscio, Marco Grange, Jeanne Cheillon, Anna Gamerro, Elisa Maria Désandré, del comitato promotore del referendum propositivo che ha approvato la legge regionale oggetto di impugnazione, sono intervenuti in giudizio, opponendosi alla richiesta di declaratoria di incostituzionalità della legge impugnata.

Con atto depositato il 12 marzo 2013, la Paul Wurth Italia S.p.a. è intervenuta in giudizio, insistendo per l’accoglimento del ricorso. Il 2 ottobre 2013, la Paul Wurth Italia S.p.a. ha depositato, inoltre, ulteriore documentazione.

Il 15 ottobre 2013, è seguito il deposito di memorie illustrative e ulteriore documentazione da parte sia dei signori Fabrizio Roscio, Marco Grange, Jeanne Cheillon, Anna Gamerro, Elisa Maria Désandré, sia della Paul Wurth Italia S.p.a.

Considerato in diritto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 23-28 gennaio 2013, depositato in cancelleria il 29 gennaio 2013 e iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2013, ha impugnato l’articolo unico della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 23 novembre 2012, n. 33 (Modificazione alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31 – Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti).

La disposizione impugnata riguarda la gestione dei rifiuti e, in particolare, la realizzazione e utilizzazione di impianti di trattamento a caldo per il loro smaltimento. Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, tale disposizione contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 15, secondo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), in relazione all’art. 7, comma 1, lettera a), della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 25 giugno 2003, n. 19 (Disciplina dell’iniziativa legislativa popolare, del referendum propositivo, abrogativo e consultivo, ai sensi dell’articolo 15, secondo comma, dello Statuto speciale), perché sarebbe stata adottata sulla base di un referendum propositivo che «non doveva essere dichiarato ammissibile».

In secondo luogo, la norma impugnata sarebbe riconducibile alla materia della tutela dell’ambiente di competenza esclusiva statale, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. La disposizione regionale si porrebbe in contrasto con le norme del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), in particolare con l’art. 195, comma 1, lettere f) e p) e con l’art. 196, comma 1, lettere n) e o), che individuano le competenze amministrative statali (art. 195) e quelle regionali (art. 196) nella gestione dei rifiuti.

2.— In via preliminare, deve essere confermata l’ordinanza, deliberata nel corso dell’udienza pubblica ed allegata alla presente sentenza, con la quale sono stati dichiarati inammissibili gli interventi spiegati dai signori Fabrizio Roscio, Marco Grange, Jeanne Cheillon, Anna Gamerro, Elisa Maria Désandré, nonché dalla Paul Wurth Italia S.p.a. nel presente giudizio.

Il giudizio di costituzionalità delle leggi, promosso in via d’azione ai sensi dell’art. 127 Cost. e degli artt. 31 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), si svolge esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa, fermi restando, per i soggetti privi di tale potestà, i mezzi di tutela delle rispettive posizioni soggettive, anche costituzionali, di fronte ad altre istanze giurisdizionali ed eventualmente innanzi a questa Corte in via incidentale.

Deve quindi ritenersi inammissibile l’intervento, nei giudizi di costituzionalità in via principale, di soggetti privi di potere legislativo (ex plurimis, sentenze n. 220 e n. 118 del 2013, n. 245, n. 114 e n. 105 del 2012, n. 69 e n. 33 del 2011, n. 278 e n. 121 del 2010, ordinanza n. 107 del 2010).

3.— Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità della censura riferita all’art. 15, secondo comma, dello statuto speciale per la Valle D’Aosta/Vallée d’Aoste.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la disposizione impugnata contrasti con l’art. 7, comma 1, lettera a), della legge reg. n. 19 del 2003, da cui discenderebbe la violazione del parametro statutario richiamato, perché la disposizione sarebbe stata adottata sulla base di un referendum propositivo che «non doveva essere dichiarato ammissibile». In particolare, la Commissione regionale per i procedimenti referendari e di iniziativa popolare, tenuta a pronunciarsi in merito «alla competenza regionale nella materia oggetto della proposta di legge», secondo quanto stabilito dal predetto art. 7, comma 1, lettera a), avrebbe «erroneamente ricondotto la proposta di legge regionale in esame alla materia della tutela della salute».

Il Presidente del Consiglio dei ministri non contesta, dunque, la violazione di una norma da parte della Regione, ma le modalità con cui è stato esercitato il potere della Commissione regionale per i procedimenti referendari. Non è questa però la sede idonea per poter valutare tale doglianza, non essendo stato richiesto dal ricorrente un “giudizio sulle leggi”. Il Presidente del Consiglio dei ministri, quindi, ha compiuto una «impropria utilizzazione» dello strumento del giudizio di costituzionalità della legge «per un fine a esso estraneo», con conseguente inammissibilità della relativa censura (ordinanze n. 195 del 2012, n. 442 del 2001, n. 144 del 2000).

4.— Ai fini dell’esame del merito della censura riferita all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., va innanzitutto ricostruito il quadro normativo in cui si inserisce la disposizione impugnata.

4.1.— Come più volte precisato da questa Corte, la gestione dei rifiuti è ascrivibile alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» riservata, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla legislazione esclusiva dello Stato (ex multis, sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009). In questo ambito, «non può riconoscersi una competenza regionale in materia di tutela dell’ambiente», anche se le Regioni possono stabilire «per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze livelli di tutela più elevati», pur sempre nel rispetto «della normativa statale di tutela dell’ambiente» (sentenza n. 61 del 2009). Al contempo, «i poteri regionali “non possono consentire, sia pure in nome di una protezione più rigorosa della salute degli abitanti della Regione medesima, interventi preclusivi suscettibili […] di pregiudicare, insieme ad altri interessi di rilievo nazionale, il medesimo interesse della salute in un ambito territoriale più ampio […]» (sentenza n. 54 del 2012).

4.2.— Il legislatore statale ha regolato la materia della gestione dei rifiuti nella Parte quarta, Titolo I (Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati), del d.lgs. n. 152 del 2006. La normativa statale individua poteri e funzioni dei diversi livelli di governo, che devono essere esercitati «in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto» (art. 177, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006).

Allo Stato, oltre alle attività già indicate nel resto della Parte quarta del Titolo I del d.lgs. n. 152 del 2006, spettano numerose competenze (art. 195), tra le quali l’individuazione degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, sentita la Conferenza unificata, procedendo secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale (art. 195, comma 1, lettera f), e l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti (art. 195, comma 1, lettera p). Queste attività si connettono con le più generali funzioni di indirizzo e coordinamento (art. 195, comma 1, lettera a), la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti (art. 195, comma 1, lettera b), l’individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti (art. 195, comma 1, lettera l).

Inoltre, l’art. 196 dispone che «sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’articolo 195» una serie di poteri, tra i quali la definizione di criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p) (art. 196, comma 1, lettera n), nonché la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento (art. 196, comma 1, lettera o). In questi casi, la Regione deve quindi procedere nel rispetto di criteri e procedure stabiliti a livello statale.

5.— Nel merito, la questione è fondata.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma censurata è riconducibile alla materia della tutela dell’ambiente di competenza esclusiva statale ed è in contrasto con l’art. 195, comma 1, lettere f) e p) e con l’art. 196, comma 1, lettere n) e o), del d.lgs. n. 152 del 2006.

La norma regionale dispone, con riferimento al ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi, un divieto generale di realizzazione e utilizzazione sull’intero territorio regionale di impianti di trattamento a caldo per lo smaltimento dei rifiuti (quali incenerimento, termovalorizzazione, pirolisi o gassificazione).

La norma eccede la competenza regionale. Infatti, la disciplina della gestione dei rifiuti, come già osservato, rientra nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» riservata, in base all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla competenza esclusiva dello Stato (ex multis, sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009).

Esercitando tale competenza, lo Stato ha regolato, con l’art. 195, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 152 del 2006, il potere di localizzare gli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti di preminente interesse nazionale.

La norma regionale preclude allo Stato, con procedure difformi da quelle disposte dalla norma statale, di individuare impianti di preminente interesse nazionale con la tecnica del trattamento a caldo dei rifiuti nell’intera Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste. Tale divieto impedisce la realizzazione delle finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, indicate dalla norma statale.

Questa Corte ha rilevato che «la comprensibile spinta, spesso presente a livello locale, ad ostacolare insediamenti che gravino il rispettivo territorio degli oneri connessi (secondo il noto detto “not in my back-yard”), non può tradursi in un impedimento insormontabile alla realizzazione di impianti necessari per una corretta gestione del territorio e degli insediamenti al servizio di interessi di rilievo ultraregionale» (sentenza n. 62 del 2005).

La disposizione impugnata contrasta con la lettera p), comma 1, art. 195 e con le lettere n) e o), comma 1, dell’art. 196, del d.lgs. n. 152 del 2006.

Secondo queste disposizioni, spetta allo Stato «l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti» (articolo 195, comma 1, lettera p); nel rispetto di tali criteri generali, la Regione definisce i «criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti» (art. 196, comma 1, lettera n); inoltre, la Regione determina i «criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento […]» (art. 196, comma 1, lettera o), dovendo rispettare «i principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’articolo 195 […]», sulla base di quanto indicato nella parte iniziale dello stesso art. 196, comma 1.

La disposizione impugnata, imponendo un divieto generale di realizzazione e utilizzo di determinati impianti su tutto il territorio regionale, non contiene un “criterio” né di localizzazione, né di idoneità degli impianti. Si tratta di un limite assoluto, che si traduce in una aprioristica determinazione dell’inidoneità di tutte le aree della Regione a ospitare i predetti impianti. Questa Corte, in altre materie come quella della localizzazione di impianti energetici, ha affermato il principio generale per cui la Regione «non può introdurre “limitazioni alla localizzazione”, ben può somministrare “criteri di localizzazione”, quand’anche formulati “in negativo”, ovvero per mezzo della delimitazione di aree ben identificate, ove emergano interessi particolarmente pregnanti affidati alle cure del legislatore regionale, e purché ciò non determini l’impossibilità di una localizzazione alternativa» (sentenza n. 278 del 2010); del resto, «la generale esclusione di tutto il territorio […] esime dalla individuazione della ratio che presiede alla dichiarazione di inidoneità di specifiche tipologie di aree» (sentenza n. 224 del 2012); pertanto, alla Regione non può essere consentito, anche nelle more della definizione dei criteri statali, di porre limiti assoluti di edificabilità degli impianti (sentenza n. 192 del 2011).

Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo unico della legge reg. Valle d’Aosta n. 33 del 2012, perché in contrasto con gli artt. 195, comma 1, lettere f) e p), e 196, comma 1, lettere n) e o), del d.lgs. n. 152 del 2006, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo unico della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 23 novembre 2012, n. 33 (Modificazione alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31 – Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti);

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo unico della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste n. 33 del 2012, promossa, in riferimento all’art. 15, secondo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

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