Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 15 gennaio 2018, n.1489. Se dei rapaci vengono privati per lungo tempo della possibilità di esplicare la loro attività fisiologica

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A fronte di tali considerazioni, del tutto logiche e, soprattutto, coerenti con gli elementi di fatto a disposizione e con le diverse caratteristiche etologiche dei vari animali custoditi presso la struttura gestita da Ma. e con le diverse condizioni in cui gli stessi si trovavano, i ricorrenti propongono una diversa considerazione delle risultanze di fatto, esaminate in modo logico dal Tribunale, che ha valorizzato le diverse condizioni di custodia degli animali e le diverse caratteristiche etologiche degli stessi, ritenendole incompatibili a prescindere dal loro stato di salute, e richiedono una diversa valutazione delle prove dichiarative (e, in particolare, di quanto riferito dai consulenti tecnici della difesa), apprezzate in modo logico dal Tribunale: si tratta di censure non consentite nel giudizio di legittimità e manifestamente infondate, con la conseguente inammissibilità della doglianza.
3. Le, peraltro generiche, censure in ordine al trattamento sanzionatorio e al diniego delle circostanze attenuanti generiche, formulate con il secondo motivo sono manifestamente infondate.
Attraverso l’indicazione della assenza di elementi di positiva considerazione al fine del riconoscimento di dette attenuanti il Tribunale ha dato conto in maniera sufficiente della valutazione compiuta al riguardo, posto che tale diniego può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62 bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, St., Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Pa., Rv. 260610).
L’entità della pena, peraltro assai mite, avendo il Tribunale optato per la sola pena pecuniaria e in misura prossima al minimo edittale, è stata adeguatamente giustificata dal Tribunale, con il riferimento alla entità del fatto e alla incensuratezza e al buon comportamento processuale degli imputati, e tale motivazione risulta idonea, in considerazione del modesto scostamento dal minimo edittale, che rende meno stringente l’obbligo di motivazione del giudice sul punto.
4. Il ricorso degli imputati deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, in considerazione del contenuto non consentito e della manifesta infondatezza del primo motivo e della manifesta infondatezza del secondo motivo.
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Lu., Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Ni., Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, Ra. Sc., Rv, 261616).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. sentenza 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00 ciascuno, e la condanna alla rifusione alla parte civile costituita delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile L.A.V. che liquida in complessivi Euro 3.500,00, oltre accessori di legge

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