Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 29 gennaio 2018, n. 2056. Il c.d. danno esistenziale

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[…]

Si duole che la corte di merito abbia non correttamente valutato le emergenze processuali, e in particolare il dato del minor numero di assistiti.
I motivi dei ricorsi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Essi risultano anzitutto formulati in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti pongono a rispettivo fondamento atti e documenti del giudizio di merito (es., la “testimonianza dei dottori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)… riportata nel verbale di udienza 27 settembre 2001 qui riprodotto come doc. 6”, la “perizia di parte depositata ex adverso e posta a base della pronuncia di condanna oggi impugnata”, i “chiarimenti” richiesti “nella seduta del 20 luglio 1987”, il “parere favorevole”, la ricorrente in via principale; l'”atto introduttivo del giudizio”, le “risultanze istruttorie”, i “documenti allegati da parte attrice (articoli di stampa… doc. 10, fascicolo di parte di I grado; doc. 12 fascicolo di parte documentazione prodotta all’udienza del 10/10/2000 nel giudizio di 1 grado; docc. 2 e 3 fascicolo di parte di 2 grado”, i “certificati medici attestanti le conseguenze psicofisiche che i fatti oggetto di giudizio hanno avuto sul Dottor (OMISSIS) – doc. 8 fascicolo di parte di 1 grado; doc. 11, fascicolo di parte di parte documentazione prodotta all’udienza del 10/10/2000 nel giudizio di 1 grado)”, le “risultanze testimoniali (testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), assunte all’udienza del 27/09/2001 nel procedimento di primo grado, allegato numero 8 al presente atto)”, i ricorrenti in via incidentale) limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
A tale stregua non deducono le rispettivamente formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura dei rispettivi ricorsi, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle deduzioni contenute nei medesimi (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
Va ulteriormente posto in rilievo, quanto al ricorso principale, che la ricorrente si limita invero a meramente riproporre le doglianze gia’ sottoposte all’attenzione del giudice del gravame e dal medesimo disattese; con riferimento al ricorso in via incidentale, che i ricorrenti inammissibilmente si dolgono dell’asseritamente erronea valutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.
Va altresi’ sottolineato come, diversamente da quanto sostenuto dagli odierni ricorrenti in via incidentale, anche in caso di lesione di valori della persona il danno non puo’ considerarsi in re ipsa, risultando altrimenti snaturata la funzione del risarcimento, che verrebbe ad essere concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno bensi’ quale pena privata per un comportamento lesivo (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975), ma va provato dal danneggiato secondo la regola generale ex articolo 2697 c.c.
A tale stregua, (pure) il danno non patrimoniale deve essere allora sempre allegato e provato, in quanto l’onere della prova non dipende dalla relativa qualificazione in termini di “danno-conseguenza”, ma tutti i danni extracontrattuali sono da provarsi da chi ne pretende il risarcimento, e pertanto anche il danno non patrimoniale, nei suoi vari aspetti, la prova potendo essere d’altro canto data con ogni mezzo, anche per presunzioni (v. Cass., 3/10/2013, n. 22585; Cass., 20/11/2012, n. 20292; Cass., 16/2/2012, n. 2228. V. altresi’, successivamente alle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008, Cass., 23/1/2014, n. 1361; Cass., 6/4/2011, n. 7844; Cass., 5/10/2009, n. 21223; Cass., 22/7/2009, n. 17101; Cass., 1/7/2009, n. 1540).
Con particolare riferimento al c.d. danno esistenziale, atteso che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ esso consiste non gia’ nel mero “sconvolgimento dell’agenda” o nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianita’ della vita, e in particolare da meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress o violazioni del diritto alla tranquillita’ (v. Cass., 3/10/2016, n. 19641; Cass., 20/8/2015, n. 16992; 23/1/2014, n. 1361. E gia’ Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26974), bensi’ nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione/cambiamento della personalita’ del soggetto, nello sconvolgimento dell’esistenza in cui di detto aspetto (o voce) del danno non patrimoniale si coglie il significato pregnante (cfr. Cass., 16/11/2017, n. 27229; Cass., 11/4/2017, n. 9250; Cass., 19/10/2016, n. 21059; Cass., 20/8/2015, n. 16992; Cass., 30/6/2011, n. 14402), si e’ da questa Corte piu’ volte avuto modo di affermare che esso va dal danneggiato allegato e provato, secondo la regola generale ex articolo 2697 c.c. (v. Cass., 16/2/2012, n. 2228; Cass., 13/5/2011, n. 10527), e l’allegazione a tal fine necessaria deve concernere fatti precisi e specifici del caso concreto, essere cioe’ circostanziata, e non gia’ purchessia formulata, non potendo invero risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico (v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., 25 settembre 2012, n. 16255; Cass., 20/8/2015, n. 16992).
Orbene, nella specie lo sconvolgimento dell’esistenza non risulta dai ricorrenti in via incidentale nemmeno allegato.
Nel motivo di ricorso essi sintomaticamente si dolgono del non essere stato dalla corte di merito considerato e liquidato il danno consistito nello stress, nello stato depressivo, nel trauma psicologico asseritamente subito dal (OMISSIS); nell’essere il medesimo rimasto “sempre turbato, depresso” e nella circostanza che “soprattutto dormiva malissimo”.
Orbene, si evince con tutta evidenza come a tale stregua non risulta dai medesimi in realta’ allegato un danno da sconvolgimento della vita nell’accezione accolta da questa Corte, bensi’ al piu’ integrante la diversa voce del c.d. danno biologico, che pure compendia la categoria generale del danno non patrimoniale.
Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti sia in via principale che incidentale -, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realta’ si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle loro rispettive aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Per tale via in realta’ sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimita’, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimita’ non e’ un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto gia’ considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).
All’inammissibilita’ ed infondatezza dei rispettivi motivi consegue il rigetto di entrambi i ricorsi.
Stante la reciproca soccombenza va disposta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto -rispettivamente – per il ricorso principale ed incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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