Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 15 gennaio 2018, n. 1539. L’istituto della continuazione non e’ applicabile con riferimento ai reati giudicati con sentenza straniera riconosciuta nell’ordinamento italiano,

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2. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), attraverso dichiarazione in tal senso rilasciata dall’ufficio “matricola” della c.c. di (OMISSIS) (luogo di detenzione del predetto).

3. Con requisitoria scritta del 21.6.2017 il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso.

4. Il ricorso e’ manifestamente inammissibile per una pluralita’ di ragioni.

5. Questa Corte, sia pure con riferimento al rapporto tra fatti giudicati con sentenze straniere ed interne, ha affermato che l’istituto della continuazione non e’ applicabile con riferimento ai reati giudicati con sentenza straniera riconosciuta nell’ordinamento italiano, producendo quest’ultima nell’ordinamento nazionale i soli effetti indicati nell’articolo 12 cod. pen., tra i quali non e’ compreso, neanche “sub specie” di effetto penale della condanna ai sensi del comma 1, n. 1 del citato art., il regime del reato continuato, che presuppone un giudizio di merito e, quindi, il riferimento a categorie di diritto sostanziale (reati e pene) che si qualificano soltanto in ragione del diritto interno (Sez. 5, n. 8365 del 26/09/2013, dep. 2014, Piscioneri, Rv. 259035; Sez. 1, n. 44604 del 24/10/2011, Figliolino, Rv. 251477; Sez. 1, n. 19469 del 07/05/2008, Castellana, Rv. 240294; Sez. 1, n. 31422 del 11/05/2006, Moffa, Rv. 234790).

Le argomentazioni sviluppate dalla giurisprudenza di legittimita’ si inseriscono nel solco delle considerazioni svolte dalla stessa Corte costituzionale, che, con ordinanza 28/03/1997, n. 72, ha dichiarato la manifesta inammissibilita’ della questione di legittimita’ costituzionale per contrasto con l’articolo 3 della Carta fondamentale, dell’articolo 12 cod. pen., nella parte in cui impedisce il riconoscimento della sentenza straniera ai fini dell’individuazione del vincolo della continuazione ai sensi dell’articolo 671 cod. proc. pen.. La Corte costituzionale, con considerazioni di carattere generale, ha rilevato che la disciplina del reato continuato postula il riferimento a categorie di diritto sostanziale (reati e pene) che si qualificano soltanto in ragione del diritto interno, sicche’ “il riconoscimento della sentenza straniera agli effetti di quanto richiesto dal giudice a quo comporterebbe l’individuazione di un meccanismo in grado di rendere fra loro omologabili il reato giudicato all’estero e quello giudicato nello Stato nonche’ le pene in concreto irrogate nei due giudizi, posto che soltanto per questa via sarebbe possibile individuare la violazione piu’ grave e determinare, in ragione di essa, l’aumento di una pena prevista dall’ordinamento interno (e che) l’applicazione della continuazione tra la condanna subita in Italia e le condanne all’estero determinerebbe una automatica invasione del giudicato estero al di fuori di qualsiasi meccanismo convenzionale, cosi’ restando totalmente eluso, fra l’altro, il principio della prevalenza delle convenzioni e del diritto internazionale generale, programmaticamente assunto a chiave di volta (articolo 696) della disciplina dettata dal nuovo codice in tema di rapporti giurisdizionali con autorita’ straniere”.

6. Alle dirimenti ragioni esposte, si aggiunga che l’applicazione dell’istituto della continuazione in sede di esecuzione presuppone, giusto il disposto dell’articolo 671 cod. proc. pen., “piu’ sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona”. Esula, invece, dalla previsione normativa in parola la possibilita’ per il giudice di compiere detta valutazione con riferimento a piu’ fatti oggetto della medesima sentenza, in quanto cio’ si tradurrebbe in un inammissibile nuovo giudizio di merito sulle statuizioni rese del giudice della cognizione.

7. L’inammissibilita’ del ricorso deriva, infine, dalla assoluta mancanza di motivi a sostegno della formulata richiesta di annullamento della decisione impugnata, essendosi l’interessato limitato a dichiarare all’ufficio matricola “con il presente atto impugno la sottoscritta ordinanza”, cui faceva seguito in data 29.9.2017 l’inoltro dal medesimo ufficio matricola di una richiesta del (OMISSIS) di sollecito della trattazione del gravame, senza alcun argomento a sostegno della fondatezza dello stesso.

8. Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende che si ritiene equo determinare in Euro duemila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

Motivazione semplificata.

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