Controversia relativa alla scelta dell’amministrazione di non procedere allo scorrimento della graduatoria

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 7 giugno 2019, n. 3850.

La massima estrapolata:

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia relativa alla scelta dell’amministrazione di non procedere allo scorrimento della graduatoria, atteso che in tal caso la contestazione investe l’esercizio di un potere auto-organizzativo dell’amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo.

Sentenza 7 giugno 2019, n. 3850

Data udienza 21 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2891 del 2015, proposto da
Ra. Al. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Se. Ga. e Gi. Ri., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e Uffici Scolastici Regionali per la Campania, per la Sicilia, per la Calabria e per il Lazio, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via (…), sono domiciliati ex lege;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione III Bis, n. 9279/2014, resa tra le parti, concernente un concorso per il reclutamento di personale docente nelle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di I e II grado.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e degli Uffici Scolastici Regionali per la Campania, per la Sicilia, per la Calabria e per il Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2019 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti l’avvocato Se. Ga. e l’avvocato dello Stato Lu. Fi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I sig.ri Ra. Al. ed altri, hanno partecipato al concorso a 11542 posti di personale docente nelle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di I e II grado, bandito con D.D.G. 24/9/2012, n. 82, risultando idonei ma non vincitori.
Con ricorso al T.A.R. Lazio – Roma hanno, pertanto, impugnato le graduatorie definitive e il bando nella parte in cui:
a) non prevede la possibilità di utilizzare le graduatorie per l’eventuale assunzione dei candidati idonei relativamente al 50 % dei posti riservati allo scorrimento delle graduatorie di merito ai sensi dell’art. 399 del D. Lgs. 16/4/1994, n. 297 (art. 13, comma 2, del bando);
b) stabilisce che “la vincita del concorso e la conseguente assunzione a tempo indeterminato conferiscono ai candidati in possesso dei requisiti di ammissione di cui all’art. 2, commi 2, 3 e 4 il titolo di abilitazione all’insegnamento”, escludendo che conseguano il detto titolo i candidati risultati idonei (art. 13, comma 3, del bando).
L’adito Tribunale, con sentenza 2/9/2014, n. 9279, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione quanto alla domanda sub a) e lo respinto con riguardo alla domanda sub b).
Avverso la sentenza hanno proposto appello i menzionati sig.ri Al. ed altri.
Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e gli Uffici Scolastici Regionali per la Campania, per la Sicilia, per la Calabria e per il Lazio.
Alla pubblica udienza del 21/5/2019 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel declinare la giurisdizione sulla domanda con cui era stata contestata la scelta di non utilizzare le graduatorie di merito per l’assunzione, mediante scorrimento, dei candidati idonei ma non vincitori.
Ed invero, gli odierni appellanti non avrebbero rivendicato un proprio diritto attuale all’assunzione mediante scorrimento, ma si sarebbero limitati a criticare la regola organizzativa con cui l’amministrazione ha escluso a monte e in via generale l’utilizzabilità delle dette graduatorie per l’assunzione degli idonei.
La doglianza è fondata.
In base ad un consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia relativa alla scelta dell’amministrazione di non procedere allo scorrimento della graduatoria, atteso che in tal caso la contestazione investe l’esercizio di un potere auto-organizzativo dell’amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo (Cons. Stato, Sez. III, 20/3/2019, n. 1841; 1/12/2017, n. 5637).
Nel caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, costituisce oggetto del contendere non la pretesa degli odierni appellanti, risultati idonei ma non vincitori del concorso, all’assunzione in servizio mediante scorrimento delle graduatorie, bensì la scelta, fatta a monte dall’amministrazione scolastica, di limitare l’utilizzo delle stesse all’assunzione dei vincitori, escludendone l’impiego per l’eventuale chiamata degli idonei.
La controversia è quindi devoluta alla cognizione del giudice amministrativo.
Col secondo motivo gli appellanti criticano il capo di sentenza con cui è stata respinta la doglianza diretta a censurare la disposizione del bando di concorso secondo cui conseguono l’abilitazione all’insegnamento soltanto i vincitori assunti a tempo indeterminato e non anche gli idonei secondo quanto previsto dall’art. 400, comma 12, del D. Lgs. 16/4/1994, n. 297.
Infatti, l’art 1 del D.I. 24/11/1998, n. 460 stabilisce che: “A partire dal primo concorso a cattedre, per titoli ed esami, nella scuola secondaria bandito successivamente al 1 maggio 2002, e fatto salvo quanto disposto in via transitoria dagli articoli 2 e 4, il possesso della corrispondente abilitazione costituisce titolo di ammissione al concorso stesso e cessa la possibilità di conseguire l’abilitazione all’insegnamento nei modi previsti dall’art. 400, comma 12, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297”.
Tuttavia, l’art. 2 del medesimo D.I. ha permesso, in via transitoria, l’accesso alla procedura selettiva a coloro che, privi di abilitazione, fossero in possesso di laurea o diplomi che, alla data del 22/6/1999, consentissero la partecipazione ai concorsi per il reclutamento di personale docente. E il successivo art. 4 ha previsto che: “Fino a quando in una classe di concorso non vi sarà una sufficiente disponibilità di abilitati per un adeguato reclutamento, è ammessa la partecipazione al relativo concorso di candidati anche non abilitati…”.
Orbene, gli odierni appellanti, quali possessori di titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento richiesto, si troverebbero proprio nella situazione descritta nel menzionato art. 2.
Da qui l’irragionevolezza della scelta (art. 13, comma 3 del bando) di subordinare il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento alla stipula di un contratto a tempo indeterminato.
La doglianza non merita accoglimento.
La criticata disposizione del bando costituisce pedissequa applicazione della norma contenuta nell’art. 5 del citato D.I. n. 460/1998, in base alla quale: “Per i candidati di cui agli articoli 2 e 4, ammessi a partecipare ai concorsi senza il possesso del titolo di abilitazione, la vincita del concorso e la conseguente nomina a tempo indeterminato conferiscono anche il titolo di abilitazione all’insegnamento”.
E che il suddetto D.I. sia munito di idonea copertura legislativa atta a consentire la delegificazione del principio recato dall’art. 400, comma 12, del D. Lgs. n. 297/1994, emerge, come correttamente ritenuto dal giudice di prime cure, dall’art. 1, comma 8, della L. 3/8/1998, n. 315, che, integrando l’art. 4 della L. 19/11/1990, n. 341, stabilisce che “con decreto del Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro del tesoro sono adottate norme transitorie per il passaggio al sistema di formazione universitaria degli insegnanti della scuola secondaria”.
La disposizione dettata dall’amministrazione scolastica con l’art. 13 comma 3, del bando, del tutto coerente con il dato normativo più sopra richiamato, non presenta quindi i denunciati profili di illogicità .
L’appello va, in definitiva, accolto, con rimessione della causa al giudice di primo grado ex art. 105 c.p.a., con riguardo al capo di sentenza relativo al dichiarato difetto di giurisdizione, mentre va respinto relativamente al restante capo.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così dispone:
a) lo accoglie relativamente al capo di sentenza con cui è stata declinata la giurisdizione e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata pronuncia, dichiara la sussistenza della giurisdizione amministrativa in ordine alla domanda con cui è stata contestata la scelta di non procedere allo scorrimento delle graduatorie in favore degli idonei, rimettendo la causa al giudice di prime cure, di fronte al quale il processo dovrà essere riassunto ai sensi dell’art. 105, comma 3, del c.p.a.
b) lo respinge nella restante parte.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente FF
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere

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