Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 23 aprile 2019, n. 17451.
La massima estrapolata:
Il controllo giudiziario richiesto dall’impresa colpita da un’interdizione antimafia può essere riconosciuto solo se l’infiltrazione mafiosa è occasionale.
Sentenza 23 aprile 2019, n. 17451
Data udienza 14 febbraio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CERVADORO Mirella – Presidente
Dott. BORSELLINO Maria D. – rel. Consigliere
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere
Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere
Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) SOC. COOP.;
avverso il decreto emesso il 20 giugno 2018 dal Tribunale di Napoli.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BORSELLINO MARIA DANIELA;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANIELLO Roberto che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Napoli sezione misure di prevenzione ha respinto l’istanza avanzata nell’interesse della (OMISSIS) societa’ cooperativa, con cui e’ stata richiesta l’applicazione nei confronti della predetta societa’ del controllo giudiziario, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34 bis, a seguito dell’emissione da parte del Prefetto di Napoli della informativa antimafia del 12 dicembre 2016, con cui e’ stata disposta l’interdizione ex articolo 91 Codice Antimafia.
Il tribunale ha affermato la ammissibilita’ dell’istanza, essendo stata documentata l’esistenza di una interdittiva antimafia emessa dal Prefetto nei confronti della societa’ cooperativa e la sua impugnazione dinanzi al Tar, nonche’ la pendenza del procedimento dinanzi al Consiglio di Stato, ma ha respinto nel merito la richiesta di controllo giudiziario, sul rilievo che l’agevolazione mafiosa posta in essere attraverso la societa’ istante non appariva occasionale. In particolare ha rilevato che l’assoggettamento della detta attivita’ imprenditoriale al rischio di infiltrazioni camorristiche era gia’ stato accertato con un primo provvedimento irrevocabile e con un secondo provvedimento interdittivo, confermato dal Tar con sentenza del 21 giugno 2017 impugnata dinanzi al Consiglio di Stato, in forza delle numerose cointeressenze tra la societa’ in questione ed altre colpite a loro volta da interdittiva, in quanto riconducibili ad ambienti malavitosi, che fanno ritenere l’azienda oggetto di infiltrazioni camorristiche destinate ad agevolare non occasionalmente i predetti interessi criminali.
2. Avverso il detto provvedimento hanno proposto appello i procuratori speciali della societa’ e l’appello e’ stato trasmesso a questa Corte dopo essere stato qualificato come ricorso.
Con l’impugnazione la societa’ istante deduce:
2.1 violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34 bis e in particolare del comma 6 poiche’ l’ipotesi di istanza di controllo giudiziario avanzata dall’impresa destinataria di provvedimento interdittivo ai sensi del comma 6 del citato articolo costituirebbe una fattispecie del tutto distinta da quella prevista dal comma 1, in quanto la finalita’ sottesa alla disposizione e’ quella di salvaguardare la continuita’ aziendale, evitando le perdite economiche connesse agli effetti di quell’articolo 94, che infatti sono sospesi a seguito dell’ammissione al controllo.
Secondo il ricorrente, diversamente da quanto sostenuto dal tribunale, nel comma 6 non vi e’ alcun richiamo al requisito della occasionalita’ della infiltrazione mafiosa, mentre gli unici presupposti sono che l’esistenza di una informativa antimafia e la sua impugnazione.
A sostegno di tale assunto il ricorrente richiama una determinazione del Tribunale di Firenze e sottolinea che la pretesa necessita’ del carattere di occasionalita’ delle infiltrazione mafiosa contrasta sia con la formulazione letterale dell’articolo 34 bis, comma 6 citato, sia con lo spirito della disposizione, poiche’ il giudice di primo grado non potrebbe che delibare gli elementi indiziari gia’ presi in considerazione dalla Prefettura nell’interdittiva antimafia.
2.2 Violazione di legge per erronea valutazione del compendio indiziario e illogicita’ della motivazione in ordine alla mancanza del requisito di occasionalita’.
Il ricorrente deduce che il compendio indiziario e’ stato erroneamente valutato dal tribunale, poiche’ dimostra l’assenza di qualsiasi stabile legame della societa’ appellante con la criminalita’ organizzata. Il controllo giudiziario alla finalita’ riduttiva ma – non esclusiva di verificare la effettivita’ degli interventi modificativi sulla gestione amministrazione titolarita’ dell’impresa autonomamente operati dalla stessa e la loro rilevanza nella direzione di rimuovere i presupposti del pericolo di infiltrazioni condizionamenti mafiosi. Nel caso in esame il tribunale non ha considerato la storia dell’impresa e i notevoli cambiamenti apportati a partire dal 2015, nonche’ la presenza sin dal 2017 di un Commissario straordinario di nomina prefettizia. Inoltre il tribunale ha fatto riferimento all’interdittiva antimafia emessa il 17 gennaio 2014 dal Prefetto di Napoli, sebbene sia un provvedimento privo di attualita’, avendo ad oggetto circostanze del tutto superate, in quanto nell’ottobre 2015 e’ stata estromessa la figura di (OMISSIS), dalla gestione della societa’ ed e’ stato istituito un sistema di gestione dualistico consistente nella creazione del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza.
Il 12 febbraio 2019 il ricorrente ha allegato copia del ricorso per revocazione proposto avverso la sentenza del Consiglio di Stato, pubblicata il 28 dicembre 2018, che ha respinto l’appello avanzato da (OMISSIS) e soc. coop..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile, perche’ proposto per motivi manifestamente infondati o non consentiti.
2. Deve premettersi che il collegio ritiene di condividere quell’orientamento secondo cui il provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6, e’ impugnabile con ricorso per cassazione ex articolo 127 c.p.p., comma 7 (Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018 – dep. 20/07/2018, Eurostrade S.r.l., Rv. 27364601).
Con la pronunzia suindicata, questa Corte ha anche affermato che il controllo giudiziario su richiesta dell’impresa sottoposta ad interdittiva antimafia puo’ essere riconosciuto soltanto nell’ipotesi in cui si tratti di infiltrazione mafiosa avente carattere occasionale, ritenendo la occasionalita’ dell’infiltrazione un presupposto necessario del controllo giudiziario, anche se richiesto dalla societa’ interessata.
Non emergono ragioni per discostarsi da questo orientamento.
Ed infatti la natura dell’istituto del controllo giudiziario ex articolo 34 bis citato non cambia se proposta dal Pubblico Ministero o richiesta dalla parte interessata dall’interdittiva e si pone come misura di prevenzione ontologicamente connotata dalla natura occasionale del “contagio mafioso” e dalla pendenza dell’impugnazione dell’interdittiva, avendo come precipua finalita’ quella di garantire – la continuita’ aziendale e di sospendere gli effetti dell’interdittiva prefettizia, in attesa dell’esito dell’impugnazione.
3. Anche il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile poiche’ solo formalmente vengono evocati vizi di legittimita’ mentre in concreto le doglianze sono articolate sulla base di rilievi che tendono ad una rivalutazione del merito delle statuizioni del tribunale, che nella specie con argomenti esaurienti e privi di vizi logici ha esposto le ragioni per le quali non ritiene che nella specie possa ravvisarsi una agevolazione meramente “occasionale”.
Le questioni dedotte con il presente ricorso hanno costituito oggetto di adeguata verifica nel giudizio davanti al Tribunale, il quale, dopo avere ricostruito i fatti sulla base dei dati documentali acquisiti ha, in modo congruo, logico e coerente con gli evidenziati riscontri di natura fattuale, concluso che emerge un serio compendio indiziario in ordine ad un costante rapporto tra la Cooperativa in questione e societa’ facenti capo a esponenti dei contesti di criminalita’ organizzata operanti sul territorio, e che i detti legami fondati non soltanto su rapporti societari ma anche su vincoli familiari appaiono idonei ad infiltrare la detta societa’ in modo non occasionale.
La censura dedotta in questa sede, lungi dall’evidenziare violazioni di legge o alcuno dei vizi motivazionali di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e), si limita quindi, in modo surrettizio, ad offrire una alternativa lettura dei suddetti dati processuali dei quali chiede, una nuova valutazione: il che il Procuratore Generale nella sua requisitoria, “non rientra nel perimetro decisorio proprio del giudizio di legittimita’, nell’ambito del quale la rivisitazione del dato probatorio risulta irrimediabilmente preclusa in forza dell’articolo 606 c.p.p., stessa lettera e) invocata dall’odierna ricorrente a fondamento della censura proposta.
Non va peraltro trascurato che l’interdittiva antimafia e’ diventata nelle more del giudizio definitiva, avendo anche il Consiglio di Stato respinto le censure sollevate con il ricorso con sentenza che e’ stata sottoposta ad impugnazione straordinaria da parte della societa’.
Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
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