Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 3 dicembre 2018, n. 31182.
La massima estrapolata:
In tema di consulenza tecnica d’ufficio in materia di proprietà industriale, l’art. 121, comma 5, del d.lgs. n. 30 del 2005 (codice della proprietà industriale) consente al consulente tecnico d’ufficio di ricevere nuovi documenti ancora non prodotti in causa per favorire l’efficienza delle operazioni peritali, anche in deroga alla disciplina generale dettata per il deposito dei documenti sia in primo grado che in appello.
Ordinanza 3 dicembre 2018, n. 31182
Data udienza 8 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante sig. (OMISSIS), rappresentata e difese dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L.
– intimata –
e sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante sig. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) S.R.L., come sopra rappresentata difesa e domiciliata;
– controricorrente al ricorso incidentale –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3231/13 depositata il 19 agosto 2013;
lette le conclusioni scritte del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi SALVATO, il quale ha chiesto rigettarsi i ricorsi;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 marzo 2018 dal Consigliere Carlo DE CHIARA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado su gravame di (OMISSIS) s.r.l., ha accolto (per quanto ancora rileva) la domanda, proposta dalla societa’ appellante nei confronti di (OMISSIS) s.r.l., di inibitoria e risarcimento del danno, da liquidarsi in separato giudizio, per concorrenza sleale consistente nella imitazione servile dei collettori BMW 316-318i E36, FIAT PUNTO 1.2 16V, FIAT PUNTO 1.0 Fire, FIAT 500-600 Sporting, PEUGEOT 106 8V, GOLF 2 1-8, GOLF 3 16V, OPEL CORSA TIGRA 1.4-1.6 16V, nonche’ della marmitta centrale e posteriore VOLKSWAGEN POLO 6/N.
La Corte ha premesso in diritto, sulla scorta della giurisprudenza di legittimita’, che l’imitazione servile non si identifica con la riproduzione di qualsiasi forma del prodotto altrui, ma solo con la riproduzione di caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, e cioe’ idonee, in virtu’ della loro capacita’ distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa; cosicche’ non sussiste imitazione servile ove si tratti di forme imposte dalla loro stessa funzione, e quindi necessitate; in questi casi, pero’, si richiede all’impresa concorrente l’adozione di varianti innocue, nel senso che, senza mutare la funzione della forma, ne evitino la confondibilita’ sul mercato.
La Corte ha inoltre chiarito che la comparazione andava eseguita tra gli esemplari dei prodotti fisicamente depositati in giudizio dall’attrice, piuttosto che tra le immagini degli stessi risultanti dai cataloghi delle due ditte, dovendo di essi apprezzarsi l’aspetto tridimensionale. Ha quindi fatto proprie le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel giudizio di appello dall’ing. (OMISSIS), la quale aveva accertato la sussistenza di ampi margini di variabilita’ delle forme senza pregiudizio della funzionalita’ dei collettori e aveva riscontrato, altresi’, la identita’ dei prodotti sopra elencati rispetto a quelli della societa’ attrice.
(OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione con nove motivi. (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso contenente anche ricorso incidentale per un solo motivo.
Il PM ha presentato conclusioni scritte chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.
La ricorrente e la controricorrente hanno presentato anche memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va esaminato per primo il ricorso principale.
1.1. Con il primo motivo si denuncia la contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata, nella quale la Corte d’appello, dopo aver affermato la necessita’ di eseguire la comparazione tra i prodotti nella loro fisicita’, piuttosto che in base alle sole immagini, ha giudicato sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio che aveva invece effettuato un raffronto soltanto fotografico, per di piu’ tra collettori – quali il BMW E39 4 cilindri e il Renault Clio 1.2.i – mai prodotti fisicamente in giudizio dall’attrice.
1.1.1. Il motivo e’ infondato perche’ la sentenza impugnata da’ atto della esecuzione di un confronto meramente fotografico soltanto quanto ai collettori PEUGEOT 106 16V e RENAULT Clio 1.8 16V, per i quali la domanda non e’ stata accolta. Quanto invece ai prodotti cui si riferisce l’accoglimento della domanda di concorrenza sleale, indicati sopra in narrativa, la sentenza da’ invece atto che si tratta di collettori indicarti nell’allegato C3 alla consulenza tecnica d’ufficio eseguita nel giudizio di primo grado dall’ing. (OMISSIS), che elencava appunto i collettori fisicamente depositati in giudizio dall’attrice.
1.2. Con il secondo e il quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente attesa la loro connessione, si sostiene che la Corte d’appello abbia frainteso la CTU (OMISSIS), nella quale non si da’ atto della esecuzione di un raffronto fisico tra i prodotti.
1.2.1. I motivi sono inammissibili perche’ attengono all’interpretazione della CTU e dunque propongono censure di merito.
1.3. Inammissibile e’ anche il terzo motivo, con il quale si lamenta la mancanza di motivazione sul punto della non necessita’ della forma dei prodotti per ottenere identiche prestazioni. La motivazione di tale valutazione del CTU e’ infatti testualmente riportata alla pag. 5 della sentenza impugnata. La censura della ricorrente, a tutto concedere, sarebbe qualificabile come denuncia di insufficienza di motivazione, la quale tuttavia non e’ piu’ consentita a seguito della modifica del testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, qui applicabile ratione temporis.
1.4. Con il quinto motivo la ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia attribuito al CTU considerazioni tecniche dal medesimo mai svolte ne’ richiamate, ma svolte invece dalla controparte.
1.4.1. Il motivo e’ inammissibile, sostanziandosi nella denuncia di un errore revocatorio.
1.5. Inammissibile, in quanto sostanziale censura di merito, e’ anche il sesto motivo, con il quale si lamenta che la Corte d’appello abbia omesso di prendere in esame la contestazione della ricorrente relativa alla non corrispondenza delle fotografie utilizzate dal CTU agli originali dei prodotti.
1.6. Con il settimo e l’ottavo motivo si lamenta, sotto i profili rispettivamente del vizio di motivazione e della violazione di legge, che la Corte d’appello non abbia motivato: a) su come sia giunta al convincimento che collettori e marmitte con forme diverse possano raggiungere i medesimi risultati; b) su quali fossero gli elementi individualizzanti e non solo funzionali dei collettori e marmitte (OMISSIS); c) sull’idoneita’ dei prodotti (OMISSIS) ad ingenerare confusione negli operatori di mercato specializzati (meccanici) cui i prodotti sono destinati. Conseguentemente avrebbe violato l’articolo 2598 c.c., n. 1, difettando nella specie i requisiti della imitazione servile.
1.6.1. La complessiva censura e’ inammissibile.
Il rilievo sub a) e’ inammissibile in quanto censura di merito.
Quanto ai rilievi sub b) e c), va osservato che la Corte d’appello, sulla scorta della CTU, ha accertato che le forme dei prodotti posti in comparazione erano identiche; il che priva di rilevanza la specifica identificazione degli elementi individualizzanti dei prodotti (OMISSIS): se le forme sono completamente sovrapponibili, l’identita’ comprende sia gli elementi necessitati, sia quelli opzionali e dunque identificanti. La ragione della confondibilita’, infine, e’ implicita nella totale identita’ dei prodotti, salvo considerazioni contrarie di puro merito.
Riguardo, poi, alla deduzione della mancanza di originalita’ e di caratteri individualizzanti dei collettori (OMISSIS), in quanto divulgati e commercializzati da lungo tempo da numerose imprese del settore e riproducenti forme comuni standardizzate presenti in moltissimi altri collettori di altrettante ditte concorrenti, va osservato che si tratta di questione sulla quale la Corte d’appello non era tenuta a motivare, non essendo stata sollevata in grado di appello. La ricorrente, infatti, deduce di averla sollevata nella comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado, ma non di averla riproposta anche in sede di gravame, come invece sarebbe stato necessario ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., trattandosi di eccezione in senso proprio perche’ consistente nell’allegazione di circostanze di fatto (l’identita’ delle forme dei collettori (OMISSIS) con quelle dei collettori prodotti da altre imprese del settore) ampliative del thema decidendum.
1.7. Con il nono motivo, denunciando violazione dell’articolo 121 cod. prop. ind., si deduce la nullita’ della CTU eseguita in grado di appello in quanto il consulente aveva utilizzato fotografie prodotte da (OMISSIS) s.r.l. solo davanti a lui, e dunque in violazione del termine perentorio di cui all’articolo 184 c.p.c. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte con il Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modificazioni, nella L. 14 maggio 2005, n. 80, e con la L. 28 dicembre 2005, n. 263); inoltre era stato violato il contraddittorio perche’ il consulente non aveva comunicato le fotografie all’appellata (OMISSIS) s.r.l.
1.7.1. Il motivo e’ infondato.
La Corte d’appello ha respinto tale eccezione, gia’ sollevata dall’appellata, sul rilievo che l’articolo 121, cit., consente la produzione di documenti davanti al CTU anche in deroga alla disciplina generale, per favorire l’efficienza delle operazioni peritali in materia di proprieta’ industriale, e tale deroga riguarda anche il divieto di nuove prove in appello ai sensi dell’articolo 345 c.p.c.. Ne’ era stato violato il principio del contraddittorio, avendo la Corte assegnato alle parti termine per controdedurre sulla relazione del CTU (con allegate la fotografie), e l’appellata aveva infatti controdedotto.
La tesi della Corte d’appello e’ corretta.
L’articolo 121 cod. prop. ind. prevede, al comma 5, che “nella materia di cui al presente codice il consulente tecnico d’ufficio puo’ ricevere i documenti inerenti ai quesiti posti dal giudice anche se non ancora prodotti in causa, rendendoli noti a tutte le parti… “. La CTU viene ammessa dal giudice, con l’ordinanza ai sensi dell’articolo 184 c.p.c., comma 1, (ora articolo 183 c.p.c., comma 7, a seguito delle novelle del 2005, citt.) solo dopo la scadenza del termine ultimo – di cui al medesimo articolo 184 c.p.c., comma 1, seconda parte (ora articolo 183, comma 6) – entro il quale le parti possono indicare mezzi di prova e produrre documenti; e anche nel caso in cui si tratti di consulenza disposta d’ufficio, ai sensi del richiamato articolo 184, u.c. (ora articolo 183, comma 9), il suo svolgimento e’ comunque successivo alla scadenza del termine perentorio assegnato dal giudice alle parti per l’indicazione degli ulteriori mezzi di prova (inclusa evidentemente la produzione di documenti) resisi necessari a seguito della sua iniziativa. A maggior ragione e’ successivo al termine ultimo per la produzione di documenti lo svolgimento della CTU in grado si appello, considerato che, di regola, anche la produzione dei nuovi documenti, eccezionalmente ammessa in grado di appello ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., u.c., deve avvenire con la costituzione in giudizio (v. Cass. S.U. 8203/2005 e successive conformi). Sostenere, pertanto, come fa la ricorrente, che l’articolo 121 cod. prop. ind., comma 5 si riferirebbe soltanto ai documenti ancora producibili in giudizio, significa svuotare la norma di pratico contenuto.
Quanto, poi, alla dedotta violazione del contraddittorio, e’ ben vero che l’articolo 121, comma 5 cit., prevede che il consulente tecnico debba “rendere noti a tutte le parti” i documenti prodotti davanti a lui, ma e’ anche vero che tale previsione non e’ accompagnata da una specifica sanzione di nullita’ in caso di violazione. Resta, ovviamente, l’imprescindibile esigenza di rispettare il fondamentale principio del contraddittorio sulla nuova produzione documentale, ma tale esigenza puo’ essere soddisfatta in concreto anche con altre modalita’ adeguate, qual e’ sicuramente quella, seguita nella specie su disposizione della Corte d’appello, del deposito in cancelleria della relazione di consulenza, con i documenti allegati, e dell’assegnazione alle parti di un termine per controdedurre, in sostanziale conformita’, del resto, a quanto previsto dall’articolo 195 c.p.c., u.c..
2. L’unico motivo del ricorso incidentale, con il quale si sostiene che la comparazione dei prodotti, ai fini della rilevazione della imitazione servile, era effettuabile anche sulla base delle sole immagini riprodotte nei cataloghi, e’ inammissibile sostanziandosi in una censura di merito.
3. In conclusione il ricorso principale va respinto e il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, possono essere compensate per un quinto, in considerazione della reciproca soccombenza delle parti e poste a carico della parte ricorrente principale per i restanti quattro quinti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa per un quinto tra le parti le spese del giudizio di legittimita’ e condanna la ricorrente principale al pagamento dei restanti quattro quinti in favore della controricorrente e ricorrente incidentale. Liquida per l’intero tali spese in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 %, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente principale e della parte ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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