Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 9 febbraio 2018, n. 835. Il combinato disposto dall’art. 32 della l. 47/1985 e dell’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. 269/2003 comporta che se un abuso è commesso su un bene vincolato non si può procedere al condono se ricorrono…

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Alla udienza pubblica del 9 novembre 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.
4. – Va premesso che non può essere posto in dubbio, in ragione delle risultanze documentali traibili dalla lettura degli atti del processo di primo grado e di quello in grado di appello, come la questione sottoposta all’esame della Sezione verte sulla richiesta di condono di un manufatto realizzato ex novo (riconducibile quindi alla tipologia 1 della tabella C della l. 326/2003) in area vincolata e in assenza o in difformità dal titolo edilizio e non conforme alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Va in proposito rammentato che ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), della l. 326/2003 “non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive, quali “nuove costruzioni” qualora le stesse “(…) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali o regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima dell’esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Il combinato disposto dall’art. 32 della l. 47/1985 e del citato art. 32 comma 27, lettera d), del d.l. 269/2003 comporta infatti che, come nel caso di specie, se un abuso è commesso su un bene vincolato non si può procedere al condono se ricorrono, insieme, talune circostanze, quali: l’imposizione del vincolo di inedificabilità precedente alla esecuzione delle opere; la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio; la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Ed infatti la giurisprudenza (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. IV, 16 agosto 2017, n. 4007) ha avuto modo di rilevare che “Ai sensi dell’art. 32 comma 27 lett. d), d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in l. 24 novembre 2003,n. 326, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo; in ogni caso, non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa; in ogni caso non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa”.
D’altra parte, si tratta di principi pacifici secondo i quali qualsiasi vincolo, assoluto o relativo o temporaneo, antecedente alla data di realizzazione delle opere abusive inibisce il condono straordinario (cfr. Corte cost. 11 ottobre 2012, n. 225 che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 27, lettera d) del d.l. 269/2003, nonché Cons. Stato, Ad. pl., 23 aprile 2009 n. 4).
5. – Va da ultimo chiarito che la Legge regionale della Puglia 23 dicembre 2003, n. 28 (recante “Disposizioni regionali in attuazione del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269”), seppure all’art. 2, comma 1 (così modificato dalla l.r. 3 novembre 2004, n. 19), espressamente prevede che “Fermo restando il disposto dell’articolo 32, comma 26, del d.lgs. 269/2003, per i numeri da 1 a 3 dell’allegato 1 e purché gli abusi abbiano i requisiti previsti dall’articolo 31, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella Regione Puglia sono suscettibili di sanatoria le tipologie di illecito di cui ai n. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al d.lgs. 269/2003”, ciò non vuol dire la sanabilità in Puglia degli abusi maggiori (nn. da 1 a 3 dell’Allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003) e di quelli minori (nn. da 4 a 6 del richiamato allegato) operi sempre, in quanto debbono pur sempre sussistere i presupposti di cui all’art. 32, comma 27, del d.l. 269/2003.
In altri termini, alla previsione dell’art. 2 della legge regionale sopra richiamata deve aggiungersi, comunque, di cui al successivo comma 27 dell’art. 32 del d.l. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/03.
Infatti trattasi di una norma di stretta interpretazione, in quanto espressione di un principio generale sui limiti della sanatoria, che prevede ipotesi tassative delle tipologie di opere insuscettibili di sanatoria e che non si presta ad alcuna valutazione discrezionale (cfr. Corte Cost. sent. n. 225/2012, cit.).
Ne deriva che, quanto all’ipotesi di cui alla lett. d), che vieta la sanatoria di abusi su immobili realizzati in assenza di titolo edilizio in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, gli abusi non sanabili sono quelli realizzati su aree vincolate anteriormente alla realizzazione dell’opera, in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e prescrizioni urbanistiche
6. – Deriva da quanto sopra la fondatezza dell’appello proposto, di talché il ricorso n. R.g. 1115/2013 va accolto con riforma della sentenza del T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, Sez. II, 26 giugno 2012, n. 1236, e con la conseguente reiezione del ricorso n. R.g. 1973/2009, proposto in primo grado dal Signor Fr. Lo..
Ritiene il Collegio che sussistono i presupposti, indicati nell’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare le spese del doppio grado di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. R.g. 1115/2013, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza di primo grado (T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, Sez. II, 26 giugno 2012 n. 1236), respingendo il ricorso n. R.g. 1973/2009, proposto in primo grado dal Signor Fr. Lo..
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

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